CINEMA E MUSICA
Adriano Angelini Sut
Esordio col botto per i Friction Machine. L'elettronica che sa stupire.

Sono un gruppo di Southampton di cui si possono reperire info soltanto sul loro my space (http://www.myspace.com/frictionmachinemusic). Li ho conosciuti perché nella mia pagina di facebook è apparsa un'inserzione sponsorizzata, e siccome venivano paragonati ai Boards of Canada mi hanno incuriosito. Alla fine ho comprato l'album, Soul of a New Machine, un'auto produzione semplicemente sublime. Undici pezzi. Un'elettronica che deve molto, in effetti, al più grande gruppo di musica elettronica degli ultimi anni, i canadesi Boards of Canada, appunto, ma che trova la sua dignitosissima individualità man mano che le sonorità si dipanano, lente, incantevoli, esondanti.
Si parte con "Satellite", i suoi lievi down beat, le sue campionature ripetute che si estendono in tanti rivoli sonori; è la chitarra, o simil, che spicca fra una sincopatura e l'altra, che inventa melodie atmosferiche. "Drowning in a Sea of Waves" è un tappeto esteso di effetti fino a che la ritmica non incombe con insistenza spaziale. Tutto è ritmo e spazio, allungamenti e ritmi sincopati. "Bloom" in down tempo, in contro tempo, quasi in dub spalanca porte dimensionali elevandosi intensa sopra le teste, da spararsi in cuffia, di notte, e fermarsi in qualsiasi luogo per ballare da fermi. "Illusions" è una delle prime, anche vistose, citazioni Boards, uno degli omaggi, forse, al grande gruppo canadese. Viene da pensare a Music has the Right to Children. Quella sorta di misticismo del suono elettronico in cui la tastiera è l'essenza e tutto il resto accompagna in una danza meditativa. Immensa. Il picco citazionista tuttavia lo si raggiunge con la traccia successiva, "Days.Hours. Minutes", troppo straordinaria da poter descrivere a parole. Immaginate un inizio alla Depeche Mode di Ultra e un'affermazione di brevi, essenziali accordi di una chitarra che dipinge qua e là momenti epici. "Crystal Clear" rispazia nei vortici iperuranici, e tutto sembra ruotare in un manierismo lounge che lounge non è perché ha un ritmo ambient quasi isterico. "Hearing you on Shortwave" addormenta l'ego in una splendida vallata di niente, non so, provatela voi a descrivere. Così com'è impossibile provare a parlare di "+You", un ticchettio ritmico che rimanda di nuovo ai Boards (forse quelli più vecchi, di The Campfire Headphase) con meravigliose sottolineature di campionature ispirate, birichine. Tutto è solenne invece in "Intercall", l'inizio pacato, aulico e la distensione di accordi quasi da classica; tutto è in espansione, tutto è arioso ed elegante, riflessivo. "Perpetual Rain on Lonely Souls" descrive in maniera sublime ciò che accade alle anime troppo solitarie; la pioggia eterna, ma di suoni netti, incalzanti. Che accompagnano alla inesorabile fine. Con l'ultimo giorno del sole, "The Last Day of Sun" che, qualora fosse accompagnato da simile colonna sonora, mi metterei a meditare in riva al mare in attesa della fine. Bon Voyage.
Friction Machine
Soul of a New Machine
Autoprodotto - Gennaio 2012
Si parte con "Satellite", i suoi lievi down beat, le sue campionature ripetute che si estendono in tanti rivoli sonori; è la chitarra, o simil, che spicca fra una sincopatura e l'altra, che inventa melodie atmosferiche. "Drowning in a Sea of Waves" è un tappeto esteso di effetti fino a che la ritmica non incombe con insistenza spaziale. Tutto è ritmo e spazio, allungamenti e ritmi sincopati. "Bloom" in down tempo, in contro tempo, quasi in dub spalanca porte dimensionali elevandosi intensa sopra le teste, da spararsi in cuffia, di notte, e fermarsi in qualsiasi luogo per ballare da fermi. "Illusions" è una delle prime, anche vistose, citazioni Boards, uno degli omaggi, forse, al grande gruppo canadese. Viene da pensare a Music has the Right to Children. Quella sorta di misticismo del suono elettronico in cui la tastiera è l'essenza e tutto il resto accompagna in una danza meditativa. Immensa. Il picco citazionista tuttavia lo si raggiunge con la traccia successiva, "Days.Hours. Minutes", troppo straordinaria da poter descrivere a parole. Immaginate un inizio alla Depeche Mode di Ultra e un'affermazione di brevi, essenziali accordi di una chitarra che dipinge qua e là momenti epici. "Crystal Clear" rispazia nei vortici iperuranici, e tutto sembra ruotare in un manierismo lounge che lounge non è perché ha un ritmo ambient quasi isterico. "Hearing you on Shortwave" addormenta l'ego in una splendida vallata di niente, non so, provatela voi a descrivere. Così com'è impossibile provare a parlare di "+You", un ticchettio ritmico che rimanda di nuovo ai Boards (forse quelli più vecchi, di The Campfire Headphase) con meravigliose sottolineature di campionature ispirate, birichine. Tutto è solenne invece in "Intercall", l'inizio pacato, aulico e la distensione di accordi quasi da classica; tutto è in espansione, tutto è arioso ed elegante, riflessivo. "Perpetual Rain on Lonely Souls" descrive in maniera sublime ciò che accade alle anime troppo solitarie; la pioggia eterna, ma di suoni netti, incalzanti. Che accompagnano alla inesorabile fine. Con l'ultimo giorno del sole, "The Last Day of Sun" che, qualora fosse accompagnato da simile colonna sonora, mi metterei a meditare in riva al mare in attesa della fine. Bon Voyage.
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