CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Giovane ed inconsueto: James Blake e il suo disco 'omonimo'.
![immagine](uploads/tx_orchidata/cinema_135_fotoprincipale.jpg)
Questo è il momento buono per guardarsi indietro e 'scovare' qualche avventurina musicale stimolante che c'è sfuggita durante l'anno, prima che monti l'orda delle novità e degli eventi mediatici (tra i tanti, i nuovi dischi di Madonna e Springsteen).
Infatti l'unica cosa utile delle feste di Natale è quella sorta di pausa culturale che consente al fruitore abituale di tirare un sospiro di sollievo, fare un rendiconto complessivo e stanare qualche 'loser' o qualche sfigato, o qualche operazione 'indipendente' che abbia un senso (ma spesso... un senso non ce l'ha, come direbbe il Vasco nazionale).
James Blake paradossalmente non appartiene a nessuna delle tre categorie (forse all'ultima, ma con decisi distinguo): vediamo perché.
Il giovanissimo musicista inglese, bellino quel poco da non creare però isterie di massa femminili, non è certamente un loser (ha avuto il suo percorso razionale, in pista già dal 2009), non è uno sfigato (e perché mai? Se volete capire il suo potenziale fascinatorio andatevi ad ascoltare la cover di 'A case of you' di Joni Mitchell: http://www.youtube.com/watch?v=Ri6bd4G-Aig, che personalmente ha già l'aura della leggenda), ma è un indipendente con un senso, anche se il 'senso' è stato amplificato.
L'approccio con l'ascolto potrebbe essere deviante solo per uno sprovveduto, il furbastro – come me – che ha alle spalle milioni di ore di musica, capisce dove il signorino va a parare anche se l'uso della voce è suggestivo.
'Unluck' il brano di apertura, ma soprattutto 'Wilhelm Scream' e ancor di più 'Lindesfarne 1' sono decisamente dalla parte di Laurie Anderson ed il suo minimalismo elettronico (chi ricorda il suo inaspettato hit 'Oh Superman?' Beh 'Lindesfarne 1' sta su quei lidi), poi il giovincello si distende (è un modo di dire: fatevi una risata, quando canta sembra Celentano quando parla, pause a non finire!) e si permette anche una nuova cover azzeccatissima (e se facesse un album intero di cover?), quella 'Limit to your love' di Feist, che nella sua bocca diventa una struggente ballata elettronica.
Aggiungerei al Blake altri padri putativi: Sandro Perri mi pare scontato, ma ancor di più, all'ascolto di 'Why dont'you call me' di certo Antony.
Per apprezzare meglio un disco del genere vale il principio dell'effetto-accumulo, nel senso che un singolo pezzo può farvi 'deviare' un secondo non è sufficiente a catturare l'imprinting dell'autore, mentre l'ascolto dell'intera operina può farvi meglio comprendere la ricerca che ci sta dietro.
Sopravvalutato (qualcuno ha scritto che Blake è il futuro), ci sembra però che abbia potenzialità non indifferenti. Forse se abbandonasse 'sto minimalismo esasperato...
James Blake
James Blake
Atlas / A&m - 2011
Infatti l'unica cosa utile delle feste di Natale è quella sorta di pausa culturale che consente al fruitore abituale di tirare un sospiro di sollievo, fare un rendiconto complessivo e stanare qualche 'loser' o qualche sfigato, o qualche operazione 'indipendente' che abbia un senso (ma spesso... un senso non ce l'ha, come direbbe il Vasco nazionale).
James Blake paradossalmente non appartiene a nessuna delle tre categorie (forse all'ultima, ma con decisi distinguo): vediamo perché.
Il giovanissimo musicista inglese, bellino quel poco da non creare però isterie di massa femminili, non è certamente un loser (ha avuto il suo percorso razionale, in pista già dal 2009), non è uno sfigato (e perché mai? Se volete capire il suo potenziale fascinatorio andatevi ad ascoltare la cover di 'A case of you' di Joni Mitchell: http://www.youtube.com/watch?v=Ri6bd4G-Aig, che personalmente ha già l'aura della leggenda), ma è un indipendente con un senso, anche se il 'senso' è stato amplificato.
L'approccio con l'ascolto potrebbe essere deviante solo per uno sprovveduto, il furbastro – come me – che ha alle spalle milioni di ore di musica, capisce dove il signorino va a parare anche se l'uso della voce è suggestivo.
'Unluck' il brano di apertura, ma soprattutto 'Wilhelm Scream' e ancor di più 'Lindesfarne 1' sono decisamente dalla parte di Laurie Anderson ed il suo minimalismo elettronico (chi ricorda il suo inaspettato hit 'Oh Superman?' Beh 'Lindesfarne 1' sta su quei lidi), poi il giovincello si distende (è un modo di dire: fatevi una risata, quando canta sembra Celentano quando parla, pause a non finire!) e si permette anche una nuova cover azzeccatissima (e se facesse un album intero di cover?), quella 'Limit to your love' di Feist, che nella sua bocca diventa una struggente ballata elettronica.
Aggiungerei al Blake altri padri putativi: Sandro Perri mi pare scontato, ma ancor di più, all'ascolto di 'Why dont'you call me' di certo Antony.
Per apprezzare meglio un disco del genere vale il principio dell'effetto-accumulo, nel senso che un singolo pezzo può farvi 'deviare' un secondo non è sufficiente a catturare l'imprinting dell'autore, mentre l'ascolto dell'intera operina può farvi meglio comprendere la ricerca che ci sta dietro.
Sopravvalutato (qualcuno ha scritto che Blake è il futuro), ci sembra però che abbia potenzialità non indifferenti. Forse se abbandonasse 'sto minimalismo esasperato...
James Blake
James Blake
Atlas / A&m - 2011
CERCA
NEWS
-
15.07.2024
Samir Machado de Machado
Novità Sellerio -
15.07.2024
Novità Bompiani
"Il Fascismo a fumetti". L'ultimo libro di di Claudio Carabba. -
25.06.2024
Novità Adelphi
Sergio González Rodríguez e Matsumoto Seicho.
RECENSIONI
-
Samir Machado de Machado
Il crimine del buon nazista
-
Federica Marchetti
La cintura di Morrison
-
Matsumoto Seicho
L'attesa
ATTUALITA'
-
La redazione
Andiamo in ferie.
-
Ettore Maggi
La democrazia è in pericolo?
-
Eleonora del Poggio
Uno scrittore... splendidamente carino.
CLASSICI
CINEMA E MUSICA
-
Lorenzo Lombardi
Metamorphosis
-
Marco Minicangeli
"The Piper": Il pifferaio di Hamelin
-
Alfredo Ronci
Fiorella Mannoia e Danilo Rea
RACCONTI
-
Renzo Favaron
Il luddista
-
Massimo Grisafi
La scelta di Vale
-
Teodoro Lorenzo
Castore e Polluce