CINEMA E MUSICA
Marco Minicangeli
La bambina segreta

Manahel ha 29 anni. È un’istruttrice di fitness e un’attivista. È stata condannata a 11 anni perché ha fatto delle foto senza indossare l’abaya. Siamo in Arabia Saudita, il luogo dove si gioca il più ricco (e falso) campionato di calcio del mondo e dove si condanna una donna perché non si veste come il potere vuole.
Partiamo da questa fatto di cronaca per parlarvi di La bambina segreta (tit.or.: Ta farda), il secondo lungometraggio del regista iraniano Ali Asgari, presentato al Festival di Berlino 2022 e che esce ora in Italia il giorno 16 settembre, in occasione dell’anniversario della morte di Mahsa Amini.
Un film oscuro questo di Asgari, eppure pieno di speranza. Ci racconta di Fereshteh, una ragazza che studia e lavora Teheran. La sua colpa? Avere una figlia illegittima (per le leggi iraniane) di due mesi. È per questo motivo che quando i suoi genitori le comunicano che stanno venendo a trovarla, la ragazza si trova di fronte a un problema: come far “sparire” la bambina per una notte. Inizia così un girovagare nella Teheran notturna - insieme alla sua amica Atefeh - per trovarle un posto. Sarà in questo “viaggio” che scopriremo, un passo dopo l’altro, la triste realtà in cui sono costrette a vivere le nuove generazioni iraniane. Soprattutto le donne, aggiungiamo, e non a caso nel film gli uomini non ne escono bene per niente.
Dunque Manahel, Mahsa, Fereshteh. Donne che non hanno abbassato la testa, testimoni e martiri (reali o solo immaginarie) di come una certa area del mondo abbia problemi enormi con la parità e i diritti umani. Manahel è in galera, Mahsa è morta, Fereshteh è un’indomita millennial. Ognuna, a suo modo, si è ribellata a un patriarcato folle e fuori dalla Storia. Valga per tutto l’inquadratura finale del film, una sorta di levata di scudi tutta femminile.
Partiamo da questa fatto di cronaca per parlarvi di La bambina segreta (tit.or.: Ta farda), il secondo lungometraggio del regista iraniano Ali Asgari, presentato al Festival di Berlino 2022 e che esce ora in Italia il giorno 16 settembre, in occasione dell’anniversario della morte di Mahsa Amini.
Un film oscuro questo di Asgari, eppure pieno di speranza. Ci racconta di Fereshteh, una ragazza che studia e lavora Teheran. La sua colpa? Avere una figlia illegittima (per le leggi iraniane) di due mesi. È per questo motivo che quando i suoi genitori le comunicano che stanno venendo a trovarla, la ragazza si trova di fronte a un problema: come far “sparire” la bambina per una notte. Inizia così un girovagare nella Teheran notturna - insieme alla sua amica Atefeh - per trovarle un posto. Sarà in questo “viaggio” che scopriremo, un passo dopo l’altro, la triste realtà in cui sono costrette a vivere le nuove generazioni iraniane. Soprattutto le donne, aggiungiamo, e non a caso nel film gli uomini non ne escono bene per niente.
Dunque Manahel, Mahsa, Fereshteh. Donne che non hanno abbassato la testa, testimoni e martiri (reali o solo immaginarie) di come una certa area del mondo abbia problemi enormi con la parità e i diritti umani. Manahel è in galera, Mahsa è morta, Fereshteh è un’indomita millennial. Ognuna, a suo modo, si è ribellata a un patriarcato folle e fuori dalla Storia. Valga per tutto l’inquadratura finale del film, una sorta di levata di scudi tutta femminile.
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