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Il Paradiso degli Orchi
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INTERVISTE

Luciano Manzalini

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La domanda è obbligatoria: che differenza c'è tra scrivere per il teatro e scrivere per se stessi?



Certamente c'è differenza, come c'è differenza tra scrivere un racconto, una poesia, una battuta o uno sketch televisivo, ma mi rendo sempre più conto di quanto ogni cosa sia utile alle altre. Però mi piacerebbe anche rispondere che ogni scrittore scrive sempre la stessa cosa. Cambiano solo le parole.



Nella recensione ho citato alcuni autori con in quali, mi sembra, dividi alcune affinità: Rossi, Milani, Bisio. Ti va di aggiungere qualche altro nome, sempre che ci sia?



Visto che hai citato alcuni comici di grande valore, mi permetto di aggiungere, col dovuto rispetto, alcuni grandi scrittori verso i quali sento certe affinità, almeno in alcune cose: Ambrose Bierce, Thomas Bernard, Galeano, Campanile, Giovanni Papini etc..



Cosa pensi di quei comici-intrattenitori che preferiscono battere il tasto dell'impegno sociale e politico? Per esempio Luttazzi e Grillo.



Dei grandi comici non posso che pensare bene, che siano comici di impegno, di situazione (lunga vita a Stanlio ed Ollio), muti o di parola. Per Luttazzi poi ho quasi una venerazione mista ad affetto dal momento l'ho visto nascere e crescere a dismisura. Era ai suoi inizi quando si affermò, molti anni fa, in un concorso per nuovi comici (La zanzara d'oro) da noi organizzato in un teatro che gestivamo. Per la verità arrivò secondo (per la cronaca vinse Ennio Marchetto, un trasformista poco noto in Italia perché gira tutti i più grandi teatri del mondo da anni coi suoi spettacoli).



Una volta Paolo Villaggio disse che c'è inconciliabilità assoluta tra il comico e il sesso. Tu che ne pensi?



In effetti credo siano rarissime le scene di sesso che vedono protagonisti i comici, o almeno io non ne ho ricordo. Per quanto riguarda la vita privata ho sempre asserito che la mia scelta di fare il comico sia un modo per non cadere nel ridicolo. Ecco, considero il sesso una cosa molto divertente. L'importante è non cadere nel ridicolo e, in tal caso, è doveroso riderci sopra...o sotto, a seconda della posizione.



Nel libro spesso fai ricorso agli aforismi. E' una forma che prediligi per la brevità? Hai mai scritto racconti lunghi o romanzi?



Sì. No.

Forse è troppo comodo rispondere come ho fatto per evidenziare che comunque la sintesi è la mia cifra preferita. Allora proverò a rispondere più dettagliatamente (chissà che anche questo sforzo non sia una buona palestra per un eventuale romanzo) Diciamo che venendo dal teatro comico una predilezione per la concisione letteraria, vedi aforisma o racconto fulminante, viene naturale. Per me è già un'impresa, almeno attualmente, scrivere racconti di più di due pagine. Ho provato a volte ad allungare la narrazione, a dilatarla, ma alla fine mi sembrava innaturale e poco onesto, come se fosse un modo artificiale per allungare il brodo. Certo ho in testa almeno una storia che prevederebbe uno sviluppo molto più ampio e forse riuscirei a farne un romanzo o un racconto lungo se trovassi una forma narrativa capace di unire le due cose: lo sviluppo della storia e dei personaggi e la stringatezza nella forma. Magari una specie di raccontare per punti, una cronaca, un diario



In un passaggio del tuo libro dici: "non mi sono mai sentito protagonista neppure della mia vita". Ma quando sali su un palco, come ti senti?



Non so davvero cosa rispondere. Non ricordo di essere mai salito su un palco mentre ricordo moltissimi palchi che si sono infilati sotto di me.







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