CINEMA E MUSICA
Alex Pietrogiacomi
Papillon, fuga latina

Un mix piacevolmente bizzarro di jazz, latin e racconti in diverse lingue. Nel bizzarro si trova soltanto la sorpresa di avere un percorso lastricato da sorprese continue e ingenue freschezze musicali. Un disco da non prendere sotto gamba e un'artista che alla lunga può regalare inaspettati exploit nazionali Cecilia colpisce per la bella pasta vocale e la sua suadente grana che esce fuori nei brani in un buon crescendo, soprattutto quelli cantati in portoghese.
Ma non si ferma qui, perché se all'inizio si potrebbe pensare di essere di fronte a un tentativo di avere una Rosalia De Souza nostrana, visto che parliamo di una cantante italiana, successivamente si entra nel mood di omaggio e vintage che fa di Papillon un disco davvero sorprendente nella sua assoluta mancanza di malizia commerciale e tutto quello che si ascolta si percepisce come sincero in ogni arrangiamento e in ogni sorta di memoir musicale. Una scelta di genere coraggiosa, che si mette a confronto con un mercato "ostico" in Italia e altamente competitivo in Europa e nel Sudamerica, senza spavalderie e senza nulla in meno rispetto alle colleghe internazionali.
Un album che si divide in due parti, con due caratteristiche ben diverse che insieme creano l'amalgama necessario per capire la sonorità e l'anima di Papillon: una prettamente straniera ottimamente interpretata in brani come Ser Feliz, Sin Jurar Eternidad (appunto in portoghese) colorata del francese della titletrack (una lingua che forse dovrebbe essere addolcita dalla cantante) e da Dance With Me (in cui le lievi difficoltà di pronuncia sono superate dalla bella performance) e un'altra nella lingua madre, che è caratterizzata anche da un cambiamento di stile del cantato, che nel confronto con il testo italiano tocca i nostri anni 60, la liricità di alcune interpreti di musical e la freschezza di un pop latino (come Le cose semplici) che è ammiccante senza esserlo sfacciatamente.
Al servizio della voce femminile una band eccezionale, che accompagna con un tappeto sonoro fatto di una morbidezza elegante e mai invadente, riuscendo a fare uscire, come se ce ne fosse bisogno, pienamente la voce della cantante che si muove agilmente nel tessuto musicale tagliato apposta per lei. Le potenzialità di Cecilia sono forti e si è curiosi di vederla messa alla prova in un secondo lavoro più maturo e "coraggioso", infatti qualche piccolo miglioramento di produzione sarebbe stato necessario e anche una spinta in più sull'interpretazione di alcuni brani che sarebbero dovuti essere sporcati di più nelle dinamiche e nei colori. Ma questa non è assolutamente una critica, bensì un incitamento a tirar fuori il bello che si riesce a cogliere in modo così forte nelle tracce di questo album.
Complessivamente abbiamo tra le mani un disco curato, estremamente piacevole, che regala la sensazione della compagnia in una serata con buoni amici, quelli cari con cui confidarsi e lasciarsi andare.
Cecilia
Papillon
One E Music
2009
Ma non si ferma qui, perché se all'inizio si potrebbe pensare di essere di fronte a un tentativo di avere una Rosalia De Souza nostrana, visto che parliamo di una cantante italiana, successivamente si entra nel mood di omaggio e vintage che fa di Papillon un disco davvero sorprendente nella sua assoluta mancanza di malizia commerciale e tutto quello che si ascolta si percepisce come sincero in ogni arrangiamento e in ogni sorta di memoir musicale. Una scelta di genere coraggiosa, che si mette a confronto con un mercato "ostico" in Italia e altamente competitivo in Europa e nel Sudamerica, senza spavalderie e senza nulla in meno rispetto alle colleghe internazionali.
Un album che si divide in due parti, con due caratteristiche ben diverse che insieme creano l'amalgama necessario per capire la sonorità e l'anima di Papillon: una prettamente straniera ottimamente interpretata in brani come Ser Feliz, Sin Jurar Eternidad (appunto in portoghese) colorata del francese della titletrack (una lingua che forse dovrebbe essere addolcita dalla cantante) e da Dance With Me (in cui le lievi difficoltà di pronuncia sono superate dalla bella performance) e un'altra nella lingua madre, che è caratterizzata anche da un cambiamento di stile del cantato, che nel confronto con il testo italiano tocca i nostri anni 60, la liricità di alcune interpreti di musical e la freschezza di un pop latino (come Le cose semplici) che è ammiccante senza esserlo sfacciatamente.
Al servizio della voce femminile una band eccezionale, che accompagna con un tappeto sonoro fatto di una morbidezza elegante e mai invadente, riuscendo a fare uscire, come se ce ne fosse bisogno, pienamente la voce della cantante che si muove agilmente nel tessuto musicale tagliato apposta per lei. Le potenzialità di Cecilia sono forti e si è curiosi di vederla messa alla prova in un secondo lavoro più maturo e "coraggioso", infatti qualche piccolo miglioramento di produzione sarebbe stato necessario e anche una spinta in più sull'interpretazione di alcuni brani che sarebbero dovuti essere sporcati di più nelle dinamiche e nei colori. Ma questa non è assolutamente una critica, bensì un incitamento a tirar fuori il bello che si riesce a cogliere in modo così forte nelle tracce di questo album.
Complessivamente abbiamo tra le mani un disco curato, estremamente piacevole, che regala la sensazione della compagnia in una serata con buoni amici, quelli cari con cui confidarsi e lasciarsi andare.
Cecilia
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