CINEMA E MUSICA
Stefano Torossi
Santa Cecilia e poi basta.
Santa Cecilia e uno! Oggi, lunedì 4 giugno possiamo dichiarare che la realtà supera la fantasia, che non c'è mai fine allo stupore, ecc. E che il Cavalier Serpente potrebbe trasferire la sua redazione a Via dei Greci 18. Sì, la sede del Conservatorio di Santa Cecilia. Come mai insistiamo tanto, vi chiederete? Ecco. La lunga storia degli appuntamenti disdetti, che sembrava arrivata al top con l'annullamento del concerto di Tramoni il primo giugno non è finita. Oggi, 4 giugno, gambe in spalla e via, implacabili e ostinati, con destinazione Sala Accademica per l'annunciato concerto di musiche da film, sempre per la rassegna "Musica a Roma...per Roma". Morricone, Piovani, Rota; Orchestra del Conservatorio.
A ogni passo un diavoletto ci importuna: "Vedrai che pure oggi non lo fanno. Troveranno un'altra buona scusa". Beh, siamo arrivati all'ingresso e ci siamo scontrati con una consistente folla di ragazzi dell'orchestra, strumenti in spalla, e di spettatori con la faccia scura che uscivano. Inevitabile richiesta di informazioni al custode, il quale, testuali parole: "Er concerto è annullato pe' le vittime della prima scossa. L'hanno tenute in frigo fino a ieri, e oggi je fanno er funerale". Aspettiamo con un brivido di curiosità, anche un po' morbosa, il prossimo appuntamento.
Santa Cecilia e due! Mercoledì 6 giugno. Stavolta la Santa inadempiente ci ha fregato. Il programmato concerto ha avuto regolarmente luogo. Anzi, è pure cominciato puntuale e ci ha proposto un Brandemburghese bene eseguito dall'orchestra degli allievi diretta da Giuseppe Lanzetta, un doppio concerto di Bach con i due violini solisti un po' stonati, di cui non faremo i nomi, un Vivaldi con un violoncellista, di cui invece il nome lo facciamo perché sembra uscito dalle mille e una notte: Mehdi Baba-Ameur; e per finire, finalmente uno bravo, il pianista, Marco Clavorà, che ha ben suonato il Primo di Liszt, presentandosi in mezzo a tutti gli strumentisti correttamente vestiti di nero in una tenuta candida. Bell'effetto, visivo e acustico. Comunque l'impressione è positiva. Sono allievi, e i difetti possono essere corretti. La scuola funziona. Abbiamo ancora un appuntamento ve-nerdì con Silvia Massarelli, una delle poche direttrici d'orchestra in circolazione. Per il buon nome dell'Istituzione, speriamo che tutto funzioni a puntino; per il nostro gusto velenoso non ci dispiacerebbe qualcosa di forte. Vedremo.
Santa Cecilia e tre! Funziona tutto. Anche oggi, venerdì 6, niente sorprese. Ci sediamo. Una signora ci porta il programma del concerto ancora caldo di fotocopiatrice e un secondo dopo ecco il gesto imperioso di Silvia Massarelli che comanda l'attacco della Ouverture Egmont. Il brano fracassone è uno dei pezzi più brutti di Beethoven. Poca poesia e pesantezza germanica. Per fortuna, subito dopo passiamo alle luminose impressioni mediterranee dell'Adagio con variazioni per violoncello e orchestra di Respighi. L'orchestra fila bene, trillano i flauti, cantano gli oboi. Ma da qualche parte c'è un gatto che miagola. Ben presto scopriamo trattarsi del violoncello solista Idlir Shyti. Era molto tempo, malgrado la nostra assidua frequentazione delle sale di tutti i livelli, che non sentivamo uno strumentista trattare con tanta disinvoltura l'equo temperamento. In alcuni momenti è riuscito a trascinare nel gorgo l'intera orchestra. Ci è sembrato che le uniche note giuste da lui prodotte, fossero un paio di armonici (con cui è davvero impossibile sbagliare). Ripetiamo, è una formazione di studenti, non si deve pretendere troppo, ma sull'intonazione, insomma... Il brano successivo (suite da l'Arlesiana) è esploso in tutti i suoi colori resi bene dalla Massarelli e dall'orchestra.
Qui finisce il tormentone. Di Santa Cecilia non ne parliamo più.
A ogni passo un diavoletto ci importuna: "Vedrai che pure oggi non lo fanno. Troveranno un'altra buona scusa". Beh, siamo arrivati all'ingresso e ci siamo scontrati con una consistente folla di ragazzi dell'orchestra, strumenti in spalla, e di spettatori con la faccia scura che uscivano. Inevitabile richiesta di informazioni al custode, il quale, testuali parole: "Er concerto è annullato pe' le vittime della prima scossa. L'hanno tenute in frigo fino a ieri, e oggi je fanno er funerale". Aspettiamo con un brivido di curiosità, anche un po' morbosa, il prossimo appuntamento.
Santa Cecilia e due! Mercoledì 6 giugno. Stavolta la Santa inadempiente ci ha fregato. Il programmato concerto ha avuto regolarmente luogo. Anzi, è pure cominciato puntuale e ci ha proposto un Brandemburghese bene eseguito dall'orchestra degli allievi diretta da Giuseppe Lanzetta, un doppio concerto di Bach con i due violini solisti un po' stonati, di cui non faremo i nomi, un Vivaldi con un violoncellista, di cui invece il nome lo facciamo perché sembra uscito dalle mille e una notte: Mehdi Baba-Ameur; e per finire, finalmente uno bravo, il pianista, Marco Clavorà, che ha ben suonato il Primo di Liszt, presentandosi in mezzo a tutti gli strumentisti correttamente vestiti di nero in una tenuta candida. Bell'effetto, visivo e acustico. Comunque l'impressione è positiva. Sono allievi, e i difetti possono essere corretti. La scuola funziona. Abbiamo ancora un appuntamento ve-nerdì con Silvia Massarelli, una delle poche direttrici d'orchestra in circolazione. Per il buon nome dell'Istituzione, speriamo che tutto funzioni a puntino; per il nostro gusto velenoso non ci dispiacerebbe qualcosa di forte. Vedremo.
Santa Cecilia e tre! Funziona tutto. Anche oggi, venerdì 6, niente sorprese. Ci sediamo. Una signora ci porta il programma del concerto ancora caldo di fotocopiatrice e un secondo dopo ecco il gesto imperioso di Silvia Massarelli che comanda l'attacco della Ouverture Egmont. Il brano fracassone è uno dei pezzi più brutti di Beethoven. Poca poesia e pesantezza germanica. Per fortuna, subito dopo passiamo alle luminose impressioni mediterranee dell'Adagio con variazioni per violoncello e orchestra di Respighi. L'orchestra fila bene, trillano i flauti, cantano gli oboi. Ma da qualche parte c'è un gatto che miagola. Ben presto scopriamo trattarsi del violoncello solista Idlir Shyti. Era molto tempo, malgrado la nostra assidua frequentazione delle sale di tutti i livelli, che non sentivamo uno strumentista trattare con tanta disinvoltura l'equo temperamento. In alcuni momenti è riuscito a trascinare nel gorgo l'intera orchestra. Ci è sembrato che le uniche note giuste da lui prodotte, fossero un paio di armonici (con cui è davvero impossibile sbagliare). Ripetiamo, è una formazione di studenti, non si deve pretendere troppo, ma sull'intonazione, insomma... Il brano successivo (suite da l'Arlesiana) è esploso in tutti i suoi colori resi bene dalla Massarelli e dall'orchestra.
Qui finisce il tormentone. Di Santa Cecilia non ne parliamo più.
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