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Jackass
Tempesta Elettrica : 'Grande nazione' dei Litfiba.

Piero e Ghigo sono vivi. E non era affatto scontato. Consideriamo il periodo: nel 2011 le classifiche Billboard sono state avare di rock, solo un sussulto nelle retrovie dei Black Keys, ma lo scettro è saldo nelle mani delle regine pop – Lady Gaga e Rihanna in primis. Come da 30 anni accade, profeti di sventura d'ogni idioma ne hanno teorizzato la fine: "rock is dead". Personalmente ancora qualche giorno in sala rianimazione ce lo terrei. Convinzione fortemente puntellata da Grande Nazione dei Litfiba, che da potenziale pietra tombale del movimento italiano si è rivelato uno spiraglio. Non certo una novità: gli anni passano e riproporsi come agli esordi – 17 re – sarebbe stato anacronistico. Però non ci presentano neanche il minestrone pop di Infinito – e le classifiche, senza ammiccamenti, apprezzano. Tutto in poco più di 40 minuti, 10 canzoni, un pizzico di demagogia e il cavallo di battaglia della libertà sociale da immolare sull'altare delle hit. La sindrome da "complotto giudeo-plutaico-massonico" (sic) è arrivata anche nella città del giglio, e la finanza che divora il mondo ('Squalo') è ormai un evergreen. L'ironia agrodolce – a chi non dispiace del declino italico? – si snoda tra 'Grande Nazione' e 'Anarcoide': è come sparare sulla Croce Rossa, ma lo spirito polemico sulla società è accettabile. Bella la ballata 'Luna Dark', dedicata alle figlie, e 'Brado', essenzialmente il concept dell'album. Insomma gli ego di Ghigo e Piero si sono risintonizzati, miscelando una sapienza chitarristica invidiabile al talento da frontman consumato, per un disco scalda viscere con sonorità rock latino dei (quasi) bei tempi e bpm ai massimi. Mi sono sempre chiesto, ma se Piero avesse deciso di cantare in Inglese, dove sarebbero adesso i Litfiba? Forse a casa sul divano, ma una mezza risposta è ne 'La mia valigia'.
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Teg - 2012
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