CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Un Battisti lisergico: Edda con 'Odio i vivi'

Si ha l'impressione di un lamento infinito, di una battaglia coi propri fantasmi. Per non parlar della voce.
Uno dei dischi italiani più belli della stagione, e per vari motivi. Perché non è sciocco, ma non è elemento secondario, circondati come siamo dal vuoto pneumatico, perché pur attualissimo e psichedelico nella sua dinamica ci riporta indietro nel tempo, perché è cantato da dio.
Partiamo da quest'ultimo punto: la voce di Edda (per la precisione Stefano Edda Rampoldi, ex leader dei Ritmo Tribale), fa sì i conti con le proprie ossessioni, ma anche con punti di riferimento che fanno tremare i polsi: il Tim Buckley delle avventure più stellari (Starsailor) e il Demetrio Stratos più sperimentale (Cantare la voce, anche se gli intendimenti alla base sono assolutamente diversi).
L'aggancio al passato si compie attraverso un uso della chitarra che potremmo definire schizofrenico, 'strappato' nella misura in cui le corde siano prolungamento del musicista stesso, ma che rivelano melodie inaspettate e piuttosto verosimili al Battisti più nervoso ed elettrico (quello con l'apporto di Alberto Radius e della Formula 3).
Davvero Odio i vivi è tutto questo: la tradizione più classica che subisce un trattamento lisergico e che s'avvale di una lingua che a momenti può sembrare sopra le righe, ma che rivela un'intensità ed una voglia di confessione che è difficile, se non pressoché impossibile, riscontrare oggidì.
I dieci brani del disco – quasi tutti con nomi di donna – scivolano suggestivi, nonostante le asperità e le ammissioni più lancinanti. Due pezzi tra tutti, anche se uno dei punti a favore del lavoro è una certa omogeneità che tende all'alto: 'Odio i vivi' (odio i vivi, ho i miei motivi, ma me li tengo per me) che è la title track, e 'Tania' (Io già lo so che rinascerò in un altro corpo, Gesù Cristo no) una lunga – quasi sei minuti – dichiarazione di alienazione.
Edda, pur rifiutando l'amore (l'amore diventa merda dopo una settimana da 'Anna') cerca l'abbraccio, sia si tratti di donna (spesso nel disco le 'protagoniste' sono donne, come la sedicenne 'Marika' che è l'unica che lo fa sentire accettabile), sia di persone in generale, sia di ricordi inestinguibili, sia di oggetti.
Nulla è casuale nella poetica del musicista ed ha un comune denominatore: la distanza dal mondo, l'alienabilità dei sentimenti. La solitudine.
Disco che fa riflettere e che ci spinge a considerarlo una delle cose più affascinanti di questo 2012.
Edda
Odio i vivi
ASIN - 2012
Uno dei dischi italiani più belli della stagione, e per vari motivi. Perché non è sciocco, ma non è elemento secondario, circondati come siamo dal vuoto pneumatico, perché pur attualissimo e psichedelico nella sua dinamica ci riporta indietro nel tempo, perché è cantato da dio.
Partiamo da quest'ultimo punto: la voce di Edda (per la precisione Stefano Edda Rampoldi, ex leader dei Ritmo Tribale), fa sì i conti con le proprie ossessioni, ma anche con punti di riferimento che fanno tremare i polsi: il Tim Buckley delle avventure più stellari (Starsailor) e il Demetrio Stratos più sperimentale (Cantare la voce, anche se gli intendimenti alla base sono assolutamente diversi).
L'aggancio al passato si compie attraverso un uso della chitarra che potremmo definire schizofrenico, 'strappato' nella misura in cui le corde siano prolungamento del musicista stesso, ma che rivelano melodie inaspettate e piuttosto verosimili al Battisti più nervoso ed elettrico (quello con l'apporto di Alberto Radius e della Formula 3).
Davvero Odio i vivi è tutto questo: la tradizione più classica che subisce un trattamento lisergico e che s'avvale di una lingua che a momenti può sembrare sopra le righe, ma che rivela un'intensità ed una voglia di confessione che è difficile, se non pressoché impossibile, riscontrare oggidì.
I dieci brani del disco – quasi tutti con nomi di donna – scivolano suggestivi, nonostante le asperità e le ammissioni più lancinanti. Due pezzi tra tutti, anche se uno dei punti a favore del lavoro è una certa omogeneità che tende all'alto: 'Odio i vivi' (odio i vivi, ho i miei motivi, ma me li tengo per me) che è la title track, e 'Tania' (Io già lo so che rinascerò in un altro corpo, Gesù Cristo no) una lunga – quasi sei minuti – dichiarazione di alienazione.
Edda, pur rifiutando l'amore (l'amore diventa merda dopo una settimana da 'Anna') cerca l'abbraccio, sia si tratti di donna (spesso nel disco le 'protagoniste' sono donne, come la sedicenne 'Marika' che è l'unica che lo fa sentire accettabile), sia di persone in generale, sia di ricordi inestinguibili, sia di oggetti.
Nulla è casuale nella poetica del musicista ed ha un comune denominatore: la distanza dal mondo, l'alienabilità dei sentimenti. La solitudine.
Disco che fa riflettere e che ci spinge a considerarlo una delle cose più affascinanti di questo 2012.
Edda
Odio i vivi
ASIN - 2012
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