CINEMA E MUSICA
Alfredo Ronci
Un disco che emoziona, al di là di tutto: Joni Mitchell 75: A Birthday Celebration.
Ha scritto bene Gianni Sibilla : Questo album provoca una sensazione strana: un misto tra gioia e tristezza, piacere e dolore, un po' come le foto di Joni Mitchell che ogni tanto compaiono dopo l'ictus del 2015: la vediamo in ripresa, ma fragile.
Giusto, e anche le sue canzoni, che un folto numero di volenterosi musicisti, quasi rilancia, come fosse davvero l’ultimo suono prima del definitivo abbandono, ci paiono comunque lontane dalla forza primigenia.
Per non parlare poi del fatto che gran parte di questi stessi musicisti preferisce ricordare le vecchie cose piuttosto che le più recenti (ma davvero di importante e di grosso si trova anche nella produzione più recente).
Come abbiamo già detto, le persone che omaggiano Joni sono tante e anche di una certa rilevanza ed è difficile scegliere le canzoni più gradite, ma noi siamo qui per questo e azzardiamo:
c’è la stupenda versione di Coyote di Glen Hansard e la toccata soul di Help me di Chaka Khan, meno l’omaggio stanco di James Taylor (The river) o le impennate un po’ isteriche di Rufus Wainwright (all i want). Curioso e accattivante Graham Nash che regala la sua Our house che non è di Joni.
Ma poi quello che diciamo sono quisquiglie e pinzillacchere.
Il disco è buono e ci da notevoli emozioni … e anche un po’ di tristezza.
Giusto, e anche le sue canzoni, che un folto numero di volenterosi musicisti, quasi rilancia, come fosse davvero l’ultimo suono prima del definitivo abbandono, ci paiono comunque lontane dalla forza primigenia.
Per non parlare poi del fatto che gran parte di questi stessi musicisti preferisce ricordare le vecchie cose piuttosto che le più recenti (ma davvero di importante e di grosso si trova anche nella produzione più recente).
Come abbiamo già detto, le persone che omaggiano Joni sono tante e anche di una certa rilevanza ed è difficile scegliere le canzoni più gradite, ma noi siamo qui per questo e azzardiamo:
c’è la stupenda versione di Coyote di Glen Hansard e la toccata soul di Help me di Chaka Khan, meno l’omaggio stanco di James Taylor (The river) o le impennate un po’ isteriche di Rufus Wainwright (all i want). Curioso e accattivante Graham Nash che regala la sua Our house che non è di Joni.
Ma poi quello che diciamo sono quisquiglie e pinzillacchere.
Il disco è buono e ci da notevoli emozioni … e anche un po’ di tristezza.
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