Racconti

Sherazade.com: Nina
Domani è l'onomastico di Nina. Dobbiamo proprio farle un bel regalo. Qualche pila per la sua radiolina è quello che può renderla felice. Se passiamo da Remo all'Argentina vedrai ce ne darà qualcuna nuova; quelle avanzate dalle scatoline, aperte per i giochi o per le sveglie. Lui non sa cosa farsene di certo, che tanto non le compra più nessuno, ma se gli dico che sono per la Nina, apre il cassetto e ce lo svuota tutto. Vedrai che ci fa pure un bel pacchetto, con la carta brillante e il nastro rosso.

Fermo sopra un filo
Addio lettore, da che parte te ne stai andando? Io sono sempre altrove, diceva il Fantasma della Liberta', addio citta', addio tramonti: non ho un posto dove stare, aggiungeva. Poi si e' fermato a casa mia un mattino di dicembre che pioveva come la mandasse Giove, o forse era sua moglie, azzurra e verde in una vestaglia di nuvole che gliela invidio ancora! S'e' fermato perche' pioveva, non per altro. Non che a casa mia ci fosse la sua liberta', il suo passato, il suo corpo consunto, i suoi segni sul lenzuolo. Niente di tutto cio', solo che pioveva. E me ne stavo fermo sopra un filo.

Lo spessore del silenzio
– Rammenti il silenzio?
– Sì.
Mio padre fumava sul balcone. All'una del sole di luglio, scintillante tra i ferri anneriti della ringhiera. Di pomeriggio.
Gli amanti all'ombra dei portoni erano ancora ignari.
Dagli organetti a mano suonavano malinconiche le melodie ferrose degli zingari.
Zio Bernardo prese tra le grosse dita il quaderno, fitto della mia scrittura.

Oggi pranzo con Sharon al Vanilla's.
Oggi pranzo con Sharon al Vanilla's, il nuovo bistrò su corso Casale1, ma nonostante abbia completato con successo tredici esercizi di scrittura, presi direttamente dal Manuale del Perfetto Scrittore, sono ancora estremamente nervoso. E' difficile individuare la ragione di questo mio stato d'animo, ma sono giunto alla conclusione che, molto probabilmente, piacendomi molto Sharon, ho paura di essere rifiutato da lei ed essere rifiutato veramente mi porterebbe vicino al suicidio sull'orlo di un precipizio.

Non mi piacciono i ciccioni ma neanche tanto i magri
Se solo avessi voluto (in testa ho la parola potuto, perché penso sempre che qualcosa mi impedisca di fare qualcos'altro, chissà perché), mi sarebbero bastati 40, che dico, 30 minuti al giorno di palestra. Ora, io non sono palestrata, non mi vedete ma ve lo posso assicurare. Non sono grossa perché non ho potuto. Sono magra. E ho la testa piccola. Perciò mi faccio crescere i capelli, perché la mia testa è piccola e allungata come quella di un uccello con la testa piccola e allungata. Non so niente di uccelli.

Il prestigio della razza
Le luci del teatro si abbassano.
Su una parete bianca è proiettato un «blob» d'immagini dell'Istituto Luce.
Siamo alla fine degli anni Trenta: parate, folle oceaniche, piazze gremite. Il potere mediatico del duce è inarrestabile: in un ennesimo discorso alla Nazione conferma la sua linea filonazista. La gente è in delirio, ci crede veramente. L'Italia è pronta a conquistare il mondo. L'uomo nuovo che avanza è forte, virile e vittorioso...

Underdogs n.23
Non fare domande. Evita di gesticolare. Ringrazia per ciò che ti viene offerto, ma non farti sentire pronunciare "grazie!" Dimostra che non sei un sopravvissuto. Entra nella casa del sogno. Non metterti a spolverare. Ascolta "Down side blues". Scopri gli scrigni. Apri le porte e tutte le finestre. Osserva i gioielli. Non rubare. Cogli la luce, le pagliuzze d'oro e di giada. Guarda le tue mani. Le dita si allungano uguali a fili, è la luce che sgorga dalle materie. Stai facendo tesoro di questa esperienza? Indossa un sorriso. Sorprenditi a piangere. Abbraccia la bestia.

E sono già via
Semaforo rosso.
Oggi poi li becco tutti io.
Si insomma non è proprio rosso, è giallo.
Dicono sia la stessa cosa e che ti devi fermare lo stesso.
Allora a che serve il giallo?
Come sempre inchiodo, perchè a questo serve il giallo.
Altrochè a farti rallentare! Regolarmente freni bruscamente per paura delle multe, delle telecamere nascoste sugli alberi e ti pianti sull'asfalto, sperando che quello dietro non ti entri dentro con tutta la famiglia.

Letting go
Poi c'era la faccenda del sesso, certo.
Elena prese i pomodori dal frigo. Era ancora pungente il ricordo quando, fresca di matrimonio (ma anche prima, molto prima), si lasciava invadere dalla gioiosa irruenza di un Emanuele più incosciente e meno controllato di quello attuale. Le succedeva poi di continuare a tremare tutto il giorno, persa in quella speciale risonanza che nessun altro uomo aveva saputo evocare prima e lei neppure si sognava di possedere.

Sherazade.com: Julia
Julia è nata in Argentina. Da una famiglia di emigranti italiani. Il nome è l'unica eredità del nonno, veterano degli Alpini della prima guerra mondiale. In compenso i genitori se la passavano bene. Avevano impiantato un'azienda vinicola di successo dalle parti di Valparaiso, per cui, quando fu il momento, fu per loro motivo d'orgoglio mandarla a studiare nella capitale. Prima al liceo italiano poi, speravano, alla facoltà d'economia. Julia, però, di conti e bilanci non ne voleva sapere, così si iscrisse a lettere.
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