Racconti

Fuga di ombre
La cecità! Sarebbe un sollievo per me ora?
Appena sveglio ho accostato di nuovo l'orecchio alla finestra, per sentire le voci del mare.
La stanza dove abito è tutta un pullulare buio di ombre, che sfilaccia la solidità delle pareti.
È una strana giornata di ardori spenti.
Se ripenso all'inizio, a come tutto è proseguito dopo, penso che sarebbe inutile accecare di bianco le mie pupille.

Devi portare rispetto al pubblico (Storia mitomodernista. Omaggio ad Aldo Nove).
Il fatto è che quella cagna non ha rispetto per nessuno.
Anche Daniela si era pronunciata sulla sua meschinità.
Daniela è una donna panciuta sulla quarantina e quando si incazza le si gonfia la vena sul collo. Daniela fa schifo in culo ma a me fa sesso.
Mia nonna lo dice sempre: "Quella signora è veramente come una di noi".

Sempre
-Perché non è possibile?
-Lo sai il perché.
-No, non lo so, prova a dirmelo.
-Esistono strade impercorribili.
-Ah si?
-Si.
-Credevo tu potessi permetterti altro genere di risposte.
-Ne ho, solo che questa è l'unica ora che puoi permetterti tu.
-Non mi basta.

La visita
Era una giornata di metà ottobre. Il cielo era coperto da una spessa coltre di nuvoloni grigi e bluastri, attraverso i quali il sole non si intravedeva e che sembravano voler schiacciare e avvilire le persone che, serie e compassate, camminavano per le vie della città, scambiandosi sguardi torvi, minacciosi. Una di queste persone era A., il protagonista del nostro racconto. Non che si tratti di una persona particolare. Certo, da bambino, e anche da adolescente, egli si riteneva del tutto fuori dal comune ma questo accade a tutti noi:

Il Sorcio
Lo sapevo che era veleno. Lo sapevo. Somigliava troppo al campione esaminato al nascondiglio l'altra settimana. Il fatto è che con quell'odore un po' vanigliato e quella forma così appetitosa non ho resistito. Che idiota. Oddio i sintomi sono proprio quelli che ci avevano illustrato: senso di soffocamento, necessità di bere, perdita dell'orientamento. So pure chi l'ha piazzato questo maledetto bocconcino. E' stato il tipo del piano terra. Quel bestione con le braccia pelose e gli occhi cavernosi.

Come una rivelazione
Casilino – via di Tor De Schiavi
Luca
Luca ce l'aveva proprio sottomano e lo stava massacrando di botte per bene, quel finocchio. E ogni colpo che dava, ogni gemito di sofferenza che udiva da quella bocca, sensazioni di sollievo e freschezza gli salivano dal fondo dello stomaco. Gli altri pure picchiavano forte, più che altro davano calci.

Jobe: non è che voglio fare l'artista underground per sempre.
- Apponte!- La sua schiena si incastrava ad angolo tra due pareti. La testa era pressochè rivolta a trenta gradi verso il pavimento. La Moquette copriva tutto, continuava fin sotto la porta, nel corridoio, nelle scale, nel bagno, nella doccia. -Apponte!- mi diceva. Premeva i bottoni pesanti di un Walkman, a cassette, tutto uno scatto.
I ponti son il simbolo dell'intelligenza cattiva dell'uomo. Ce l'ho un po' con i ponti. Sono quella voglia che ha sempre avuto la razza umana di metterci del suo, di cambiare le cose.

Underdogs n.19
Sono di buonumore; ho fatto colazione, buttato giù due righe, pensato di dedicarvi un pezzo dei Doobbie Brothers. Pee Dee è arrivata: eccomi sulle frequenze delle underdogs'news forever! Vorrei diffondere ossitocina: distribuire l'ormone dell'empatia e della relazione felice da queste bande magnetiche! Ma sapete cosa mi sovviene? Ve lo ricordate Carvalho, il rude gastronomo, il dotto investigatore? Cosa direbbe del popolamento cosmopolita dei quartieri?

Obiettivo 15
Rimbaud era l'unica passione che gli era rimasta. Il resto erano tutte stronzate. Ma a un certo punto le passioni perdono sangue, così dovette trovare qualcosa che gli ingrossasse di nuovo le vene e gli facesse stringere le chiappe.
La soluzione si chiamava Obiettivo 15.
Il numero 15 di per sé non significava niente. Aveva un senso solo una volta scomposto. Il numero 1 stava per un anno. Il numero 5 stava per cinque giorni.

Habetis Papam
Non ci ho dormito una notte. Non ci ho dormito una notte, perché? forse ero confuso forse era il periodo. Ero abbastanza stressato in quel periodo, ragazzo/studente/lavoratore in casa con altri ragazzi più o meno come me. Andavamo d'accordo, e non è una cosa scontata. Sento – anzi sentivo, perché un po' di tempo è passato e non sono più un ragazzo – in giro che condividere la casa con altre persone non è facile: entravo in casa di amici e vedevo liste di compiti, pulizie, buttare spazzature, appese al muro; da noi non si sono mai usate.
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