RECENSIONI
Giovanni Mariotti
Piccoli addii
Microgrammi Adelphi, Pag. 110 Euro 5
Scrive l’autore: Piccoli addii alle cose della vita era il titolo di una rubrica estiva appara sul Corriere della sera nel 2004; si trattava di brevi congedi da un mondo che non c’era più. Li riprendo oggi, a un’età in cui tutto è addio. Ho accorciato il titolo, aggiustato i testi e aggiunto materiali dispersi qua e là, per esempio fogli o ritagli conservati da mia moglie in una scatola delle scarpe. Se la prima parte è legata al mondo isolato in cui sono cresciuto, la seconda è dedicata ai primi passi fuori da quel mondo; il titolo alla Balzac, Scene di un debutto in società, comporta, forse, una sfumatura ironica. Ringrazio l’amica di penna Rosita Copioli (mai incontrata, ci siamo solo scambiate delle e-mail) che mi ha persuaso a frugare tra i miei rimasugli sostenendo che ne valesse la pena.
E noi dunque chi potremmo ringraziare per questo ennesimo, ulteriore, capolavoro di uno scrittore che scrittore fino alla fine non è? Non mi soffermo sul fatto che Mariotti fu il vincitore della nostra seconda edizione del libro dell’anno, non mi soffermo sul fatto che Pietro Citati definì il suo Storia di Matilde il più bel romanzo scritto in Italia negli ultimi venti anni.
Piccoli addii, come ha spiegato l’autore, è un insieme di testi che così si titola perché si è in un’età (quella dello scrittore, che è del 1935) in cui tutto è un addio, ma è anche la riproposizione di fatti che lasciano un segno nella vita delle persone. Soprattutto due sostanze: l’infanzia e la giovinezza (i primi passi fuori da quel mondo).
L’infanzia, visto che di autori classici si parla, non è quella, seppur evidenziata dal privilegio dell’esperienza e della conoscenza, dolorosa ed austera di Alberto Savinio. Quella di Mariotti è un dolce segnale del tempo e ne ribadisce anche la necessità nello scrivere: Quanto ai ricordi, sono prelievi dal suo flusso, sfrondati e compressi; nascono dalla vita come i gomitoli dalle matasse. Volendo, si possono mettere in un libro.
La giovinezza è piena di imprevisti ma anche di illibate necessità: Poi un giorno un tabaccaio mi disse che acquistare sigarette sciolte non era più possibile: o il pacchetto o niente. Seppi così che l’Italia stava diventando ricca.
E’ vero, questo è un libro in cui le donne portavano le calze dorate e la volpe al collo, in cui esisteva ancora la carta assorbente e i treni a vapore. Ma è soprattutto un libro di un autore che, forse, ha raccolto poco dell’arte dello scrivere.
Un piccolissimo libro, un gigantesco Mariotti.
di Alfredo Ronci
E noi dunque chi potremmo ringraziare per questo ennesimo, ulteriore, capolavoro di uno scrittore che scrittore fino alla fine non è? Non mi soffermo sul fatto che Mariotti fu il vincitore della nostra seconda edizione del libro dell’anno, non mi soffermo sul fatto che Pietro Citati definì il suo Storia di Matilde il più bel romanzo scritto in Italia negli ultimi venti anni.
Piccoli addii, come ha spiegato l’autore, è un insieme di testi che così si titola perché si è in un’età (quella dello scrittore, che è del 1935) in cui tutto è un addio, ma è anche la riproposizione di fatti che lasciano un segno nella vita delle persone. Soprattutto due sostanze: l’infanzia e la giovinezza (i primi passi fuori da quel mondo).
L’infanzia, visto che di autori classici si parla, non è quella, seppur evidenziata dal privilegio dell’esperienza e della conoscenza, dolorosa ed austera di Alberto Savinio. Quella di Mariotti è un dolce segnale del tempo e ne ribadisce anche la necessità nello scrivere: Quanto ai ricordi, sono prelievi dal suo flusso, sfrondati e compressi; nascono dalla vita come i gomitoli dalle matasse. Volendo, si possono mettere in un libro.
La giovinezza è piena di imprevisti ma anche di illibate necessità: Poi un giorno un tabaccaio mi disse che acquistare sigarette sciolte non era più possibile: o il pacchetto o niente. Seppi così che l’Italia stava diventando ricca.
E’ vero, questo è un libro in cui le donne portavano le calze dorate e la volpe al collo, in cui esisteva ancora la carta assorbente e i treni a vapore. Ma è soprattutto un libro di un autore che, forse, ha raccolto poco dell’arte dello scrivere.
Un piccolissimo libro, un gigantesco Mariotti.
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