RECENSIONI
Franci Conforti
Stormachine
Delos Digital, Pag. 288 Euro 15,00
Distingueva, Blaise Pascal, fra l’esprit de geometrie e l’esprit de finesse. Pensava che nell’uomo fosse insita una componente geometrica, tendente a misurare la realtà, e che però questa coesistesse con l’intuizione (o il cuore), unico mezzo per mettersi in contatto con quella parte di realtà che alla ragione sfugge. Proprio da questa dicotomia parte il romanzo di Franci Conforti. Ed ecco un’umanità del futuro che vive in un mondo squadrato, dove la geometria è ammantata di sacralità. Ma si sa, l’elemento caotico è imprescindibile dalla natura umana, e non tutto può essere inscatolato in uno schema. E se il controllo politico è esercitato da un potere dispotico, questa “imperfezione” può essere l’unica via di salvezza.
Di Franci Conforti era già apparsa sul Paradiso la recensione di Carnivori, e bisogna dire che questo nuovo romanzo mantiene le promesse confermandola come una scrittrice generosa, che non lesina idee e invenzioni per appassionare il lettore. In ogni suo libro c’è materiale per scriverne diversi, e con abbondanza di mezzi. Se poi andiamo a vedere le appendici al testo scopriamo, oltre a un esauriente glossario, un compendio della storia umana dal 2140 d.C. all’Anno Unitario 1528 (molto dopo il 3600 d.C.) in cui comincia la vicenda. Il compendio è diviso in venti periodi, e ci sono spunti sufficienti a dare origine ad almeno venti romanzi. Ma si può giurare che, quando rimetterà mano alla penna, Franci Conforti vorrà inventare da zero una nuova girandola di fuochi d’artificio. Riguardo al glossario si deve fare una riflessione, ed è bene pensarci prima di cominciare a leggere il libro. Si può optare per una lettura comoda, consultandolo fin dall’inizio ogni volta che ci si imbatte in una parola ignota (e succede spesso, in questo mondo futuro, pieno di gustose invenzioni anche a livello lessicale) e chiarirsi subito le idee. In alternativa c’è un tipo di lettura più avventuroso, che consiste nel buttarsi allo sbaraglio sul pianuroide conosciuto con il nome di Granspica, guardarsi attorno con meraviglia e apprendere la lingua sul posto come un viaggiatore capitato per caso (gli approfondimenti sono sempre possibili alla fine della lettura). Io ho optato per questa seconda formula, e non me ne sono pentita.
Rispetto al romanzo precedente, che si svolgeva sulla Terra (pur con lo sguardo oltre l’orizzonte) l’Autrice qui alza la posta, dà fiato ad ambizioni nuove, e si azzarda a creare un mondo la cui sola esistenza dà luogo a problematiche tecniche e scientifiche di notevole complessità.
Non riuscirei, nemmeno se lo volessi, a elencare tutte le invenzioni. Posso soltanto accennare all’esistenza di un subuniverso geometrico bidimensionale ipertangente al nostro, di un programma onnipresente e onnicomprensivo chiamato Geom√ a cui tutti sono collegati tramite una rete di àshraba, di un pianeta artificiale piatto e geometrico destinato all’agricoltura, di strane famiglie allargate in cui vigono ruoli ultra tradizionali di uomo e donna, sennonché ognuno può scegliere che cosa essere indipendentemente dal sesso, del lacrifilm che permette di vedere ciò che l’occhio umano non potrebbe percepire. E poi diverse varianti di esseri umani a seconda del pianeta d’origine, e un potere dispotico che sta per imporsi con la forza, e un simpatico popolo di diseredati che vende cara la pelle. Naturalmente ogni elemento viene sviluppato fino alle estreme conseguenze. Come l’inversione di gravità nel passaggio da una faccia all’altra di un corpo celeste piatto (il pianuroide artificiale) che diventa un momento drammatico.
E più scendevano più le forze gravitazionali indotte diminuivano e il vuoto premeva per risucchiarli verso l’esterno (…) Scivolare significava precipitare per decine di metri fino al punto di inversione e venire spinti fuori dalle magnetiche centrifughe per disintegrarsi in un’esplosione di sangue e carne sul confine del primo atmostrato di contenimento.
Romanzo, questo, certamente non facile da scrivere e impegnativo da leggere. Non perché manchi di scorrevolezza, tutt’altro, ma perché il lettore deve mantenersi vigile dal primo all’ultimo istante, come in una giostra in cui ci si deve tenere agli “appositi sostegni” per non essere sbalzati fuori. Una girandola di trovate che ci catapulta subito nell’alterità di un mondo alieno. Forse perfino troppa generosità, nella profusione di invenzioni inesauribili.
Molte le suggestioni e i rimandi. Fra le righe si avvertono sapori speziati, musiche esotiche, come quella parola, Geom√, che va pronunciata con una emme prolungata e risonante, e a ben pensarci è evocativa della sillaba sacra della spiritualità indiana. E nelle drammatiche sequenze finali (mi capirà chi l’ha letto) ho ritrovato l’ironia lucida e crudele del racconto di Kafka Nella colonia penale.
È un romanzo che prende alla gola e che si finisce per leggere troppo voracemente. Una seconda lettura, per chi ha tempo, potrebbe riservare altre sorprese.
di Giovanna Repetto
Di Franci Conforti era già apparsa sul Paradiso la recensione di Carnivori, e bisogna dire che questo nuovo romanzo mantiene le promesse confermandola come una scrittrice generosa, che non lesina idee e invenzioni per appassionare il lettore. In ogni suo libro c’è materiale per scriverne diversi, e con abbondanza di mezzi. Se poi andiamo a vedere le appendici al testo scopriamo, oltre a un esauriente glossario, un compendio della storia umana dal 2140 d.C. all’Anno Unitario 1528 (molto dopo il 3600 d.C.) in cui comincia la vicenda. Il compendio è diviso in venti periodi, e ci sono spunti sufficienti a dare origine ad almeno venti romanzi. Ma si può giurare che, quando rimetterà mano alla penna, Franci Conforti vorrà inventare da zero una nuova girandola di fuochi d’artificio. Riguardo al glossario si deve fare una riflessione, ed è bene pensarci prima di cominciare a leggere il libro. Si può optare per una lettura comoda, consultandolo fin dall’inizio ogni volta che ci si imbatte in una parola ignota (e succede spesso, in questo mondo futuro, pieno di gustose invenzioni anche a livello lessicale) e chiarirsi subito le idee. In alternativa c’è un tipo di lettura più avventuroso, che consiste nel buttarsi allo sbaraglio sul pianuroide conosciuto con il nome di Granspica, guardarsi attorno con meraviglia e apprendere la lingua sul posto come un viaggiatore capitato per caso (gli approfondimenti sono sempre possibili alla fine della lettura). Io ho optato per questa seconda formula, e non me ne sono pentita.
Rispetto al romanzo precedente, che si svolgeva sulla Terra (pur con lo sguardo oltre l’orizzonte) l’Autrice qui alza la posta, dà fiato ad ambizioni nuove, e si azzarda a creare un mondo la cui sola esistenza dà luogo a problematiche tecniche e scientifiche di notevole complessità.
Non riuscirei, nemmeno se lo volessi, a elencare tutte le invenzioni. Posso soltanto accennare all’esistenza di un subuniverso geometrico bidimensionale ipertangente al nostro, di un programma onnipresente e onnicomprensivo chiamato Geom√ a cui tutti sono collegati tramite una rete di àshraba, di un pianeta artificiale piatto e geometrico destinato all’agricoltura, di strane famiglie allargate in cui vigono ruoli ultra tradizionali di uomo e donna, sennonché ognuno può scegliere che cosa essere indipendentemente dal sesso, del lacrifilm che permette di vedere ciò che l’occhio umano non potrebbe percepire. E poi diverse varianti di esseri umani a seconda del pianeta d’origine, e un potere dispotico che sta per imporsi con la forza, e un simpatico popolo di diseredati che vende cara la pelle. Naturalmente ogni elemento viene sviluppato fino alle estreme conseguenze. Come l’inversione di gravità nel passaggio da una faccia all’altra di un corpo celeste piatto (il pianuroide artificiale) che diventa un momento drammatico.
E più scendevano più le forze gravitazionali indotte diminuivano e il vuoto premeva per risucchiarli verso l’esterno (…) Scivolare significava precipitare per decine di metri fino al punto di inversione e venire spinti fuori dalle magnetiche centrifughe per disintegrarsi in un’esplosione di sangue e carne sul confine del primo atmostrato di contenimento.
Romanzo, questo, certamente non facile da scrivere e impegnativo da leggere. Non perché manchi di scorrevolezza, tutt’altro, ma perché il lettore deve mantenersi vigile dal primo all’ultimo istante, come in una giostra in cui ci si deve tenere agli “appositi sostegni” per non essere sbalzati fuori. Una girandola di trovate che ci catapulta subito nell’alterità di un mondo alieno. Forse perfino troppa generosità, nella profusione di invenzioni inesauribili.
Molte le suggestioni e i rimandi. Fra le righe si avvertono sapori speziati, musiche esotiche, come quella parola, Geom√, che va pronunciata con una emme prolungata e risonante, e a ben pensarci è evocativa della sillaba sacra della spiritualità indiana. E nelle drammatiche sequenze finali (mi capirà chi l’ha letto) ho ritrovato l’ironia lucida e crudele del racconto di Kafka Nella colonia penale.
È un romanzo che prende alla gola e che si finisce per leggere troppo voracemente. Una seconda lettura, per chi ha tempo, potrebbe riservare altre sorprese.
di Giovanna Repetto
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Franci Conforti
Carnivori
Kipple Officina Libraria, Pag. 208 Euro 15,00Sarebbe difficile riassumere il soggetto di un romanzo così intenso, in cui le scene d’azione sottendono una densità emotiva di grande impatto, insieme a una profusione di quesiti esistenziali. Mentre vediamo la storia imporsi con evidenza cinematografica veniamo coinvolti in un dibattito interiore a cui nessuno può sentirsi estraneo: la necessità di nutrirsi che entra in confitto con il rispetto per la natura e per le sofferenze delle creature viventi. Non c’è solo la questione animale, ma anche il problema della sofferenza vegetale, in questa Terra del ventiduesimo secolo in cui la battaglia ideologica sugli aspetti etici dell’alimentazione ha raggiunto livelli drammatici.
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