RECENSIONI
Guido Gianni
All'armi siam ridicoli. Fascisti a Magliano.
Stampa Alternativa, Pag.93 Euro 9,00
Dal 1948 al 1962 il regista romano Luigi Zampa realizzò una sorta di trilogia "fascista": si cominciò con Anni difficili (1948), Anni facili (1953) ed infine Anni ruggenti (1962). Tutti e tre sceneggiati da Vitaliano Brancati (anche se all'uscita del terzo titolo lo scrittore era già morto da parecchi anni). Opere queste, soprattutto Anni ruggenti, che si contraddistinguevano per una forte valenza satirica accompagnate da robuste iniezioni d'ironia.
Come si fa a dimenticare il povero Manfredi, giovane assicuratore che per un equivoco è scambiato per un gerarca in incognito, inviato per una ispezione, e colmato di attenzioni e favori.
"Figlioccio" di questo filone ci è parso poi Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti, spassosissima pellicola di un gruppo di scalcinati "guerrieri" alla prese con la conquista imperiale del pianeta rosso.
Se vogliamo, All'armi siam ridicoli. Fascisti a Magliano è quanto di più vicino a questo modo di raccontar la Storia, anche se l'autore, secondo quanto ci suggerisce una precisa introduzione di Aladini Vitali, ha voluto mettere a frutto non soltanto i propri ricordi, ma anche la memoria collettiva della sua gente, raccogliendo dalla viva voce dei vecchi del paese l'eco ancora sentita dei fatti e delle persone che avevano contrassegnato, nella piccola comunità, la parabola del regime, assumendoli come materia del suo racconto.
Un racconto che potrebbe davvero essere un film per la corrosiva limpidezza con cui affronta le varie fasi di quel periodo. Dallo sconcerto e l'incomprensione dei più di fronte ai vari versipelle del paese (e l'elemento religioso assume una valenza doppia, se ci è permesso dirlo): Cosicché i ragazzi, frastornati, rinunciarono a capire il giorno in cui il prete, all'altare, chiuse la messa con la preghiera per il Re e per il Duce. Oris allora mutò e ripeteva la sintesi cara a Teo, ex seminarista e quindi uomo di chiesa e di partito: - Siamo le pecore di Pietro e i guerrieri del Duce!
Alle ridicole e carnascialesche processioni dei più esagitati del regime che sfilavano per il paese trascinando le bare del cadavere Eritrea ormai "agganciata" all'Impero. Alla morte, come sorta di contrappasso della Storia, del più efferato dei fascisti, quello che nel periodo dello squadrismo si era macchiato le mani di sangue e che viene falcidiato dalla prima bomba sganciata sul paese (Magliano in Toscana) da parte degli Alleati.
Un libriccino dunque prezioso, voluto da un autore (che gli aveva dato inizialmente un altro titolo Palazzo delle scuole e che fu anche sindaco della cittadina per più di due anni) che affrontò la scrittura per restituire un fondo di verità "allegra" ad uno dei periodi più tristi e sanguinari del nostro recente passato.
Un libriccino che proprio perché voluto con tutto il cuore dal Gianni, che lo autoprodusse, va conservato accanto alle storie dei più "grandi", perché le vicende di questi "piccoli" uomini rappresentano una specie di unica e necessaria impronta della memoria.
di Alfredo Ronci
Come si fa a dimenticare il povero Manfredi, giovane assicuratore che per un equivoco è scambiato per un gerarca in incognito, inviato per una ispezione, e colmato di attenzioni e favori.
"Figlioccio" di questo filone ci è parso poi Fascisti su Marte di Corrado Guzzanti, spassosissima pellicola di un gruppo di scalcinati "guerrieri" alla prese con la conquista imperiale del pianeta rosso.
Se vogliamo, All'armi siam ridicoli. Fascisti a Magliano è quanto di più vicino a questo modo di raccontar la Storia, anche se l'autore, secondo quanto ci suggerisce una precisa introduzione di Aladini Vitali, ha voluto mettere a frutto non soltanto i propri ricordi, ma anche la memoria collettiva della sua gente, raccogliendo dalla viva voce dei vecchi del paese l'eco ancora sentita dei fatti e delle persone che avevano contrassegnato, nella piccola comunità, la parabola del regime, assumendoli come materia del suo racconto.
Un racconto che potrebbe davvero essere un film per la corrosiva limpidezza con cui affronta le varie fasi di quel periodo. Dallo sconcerto e l'incomprensione dei più di fronte ai vari versipelle del paese (e l'elemento religioso assume una valenza doppia, se ci è permesso dirlo): Cosicché i ragazzi, frastornati, rinunciarono a capire il giorno in cui il prete, all'altare, chiuse la messa con la preghiera per il Re e per il Duce. Oris allora mutò e ripeteva la sintesi cara a Teo, ex seminarista e quindi uomo di chiesa e di partito: - Siamo le pecore di Pietro e i guerrieri del Duce!
Alle ridicole e carnascialesche processioni dei più esagitati del regime che sfilavano per il paese trascinando le bare del cadavere Eritrea ormai "agganciata" all'Impero. Alla morte, come sorta di contrappasso della Storia, del più efferato dei fascisti, quello che nel periodo dello squadrismo si era macchiato le mani di sangue e che viene falcidiato dalla prima bomba sganciata sul paese (Magliano in Toscana) da parte degli Alleati.
Un libriccino dunque prezioso, voluto da un autore (che gli aveva dato inizialmente un altro titolo Palazzo delle scuole e che fu anche sindaco della cittadina per più di due anni) che affrontò la scrittura per restituire un fondo di verità "allegra" ad uno dei periodi più tristi e sanguinari del nostro recente passato.
Un libriccino che proprio perché voluto con tutto il cuore dal Gianni, che lo autoprodusse, va conservato accanto alle storie dei più "grandi", perché le vicende di questi "piccoli" uomini rappresentano una specie di unica e necessaria impronta della memoria.
di Alfredo Ronci
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