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CLASSICI

Alfredo Ronci

Altro che cronache cattive: “Cronache cattive” di Ugo Facco de Lagarda.

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Forse nemmeno noi ce ne siamo accorti ma, in questo preciso momento e affrontando l’analisi di questo bel libro, siamo al quarto intervento dedicato a Ugo Facco De Lagarda. Direte… come mai? O forse ancora meglio… ma è davvero un classico della narrativa italiana?
Intanto facciamo un breve riepilogo dei tre libri già trattati. Abbiamo iniziato con Marciano allegri del 1953, abbiamo proseguito con un inaspettato (nel senso che non lo ritenevamo così indispensabile) Le figlie inquiete del 1956, e poi abbiamo concluso con La grande Olga del 1966 (non ce ne vogliano i bravi lettori del Paradiso ma prima o poi, al di là di ogni altra considerazione, proporremo anche il suo più grande successo editoriale, Il commissario Pepe). Ora parliamo di Cronache cattive, del 1962.
Iniziamo col dire cosa ci piace di Ugo Facco De Lagarda. Semplicemente la bellezza affabulatoria della sua scrittura, la semplicità quasi elettiva delle sue frasi. La sua nitidezza espositiva. E se proprio dovessimo accostalo a qualche altro scrittore, potremmo fare il nome di Mario Soldati (che tra l’altro lui cita in uno di questi racconti).
Le sue vicende si espongono facilmente, senza troppo ferire, ma non per questo non efficaci e ci regalano una società che per noi degli anni 2000 non sempre è comprensibile ma che, nella sua esposizione, come già detto, nitida, diventano emblematiche del tempo. E che tempo.
Si dice che, soprattutto negli ultimi tempi, disdegnasse il pubblico, inteso non soltanto come esposizione letteraria, ma semplicemente come rapporti umani. Ma quello che racconta invece dimostrerebbe il contrario. Mi verrebbe da pensare che Ugo Facco De Lagarda fosse diventato come la grande Jane Austen, che produsse i suoi capolavori senza mai uscire di casa. E allora probabilmente è così, lo scrittore veneziano ha pubblicato i suoi romanzi (alcuni dei capolavori), senza mai disturbare troppo le convenzioni sociali (o semplicemente il pubblico).
Cronache cattive non è assolutamente un titolo azzeccato, ammettendo che l’autore lo abbia voluto così. Non lo è semplicemente perché le cronache non sono cattive e alle volte, pur se ci trova davanti a dei percorsi non troppo legali, il risultato però ci consegna una situazione lontana da qualsivoglia cattiveria. Come ad esempio nel racconto Toro seduto dove Loris, un uomo improvvisamente innamorato, alla fine uccide la donna desiderata. Che a questo punto potrebbe davvero diventare, nel periodo che stiamo vivendo, un vero e proprio esempio di come si possa affrontare l’argomento.
Ma lo abbiamo già detto, in questi racconti (che sono per la precisione sessantasette, alcuni possono sembrare degli abbozzi, altri sono invece delle vere e proprie esposizioni) non c’è nulla di efferato o sensazionale o appunto cattivo. Si procede come un vero e proprio resoconto dei giorni nostri.
Come, per esempio, quando parla dell’ottimista: Il sorridente ottimista parla, parla, non sta un momento solo, è un pacifico in perpetuo movimento che tenta d’ingannare qualcuno. Nemmeno lo sfiora il pensiero oltraggioso, che un giorno la sfortuna (ovverosia l’infermità o la morte, o, più semplicemente, la giustizia con i suoi carabinieri) venga perentoria a bussare alla bianca porta della sua casa, una casa abituata pur sempre da effimere ombre, più esattamente da corpi soggetti alla comune putredine.
Da questo esempio letterario si capisce perfettamente che l’intenzione di Lagarda non è quello di condannare i comportamenti (ecco perché le cattive intenzioni spariscono), ma di esporre certi atteggiamenti senza per questo infilzarli attraverso infami dettami.
Perché la vera intenzione dello scrittore (nonostante l’abbandono del presente, cioè di quello che nel suo tempo avrebbe potuto realizzare) è la visione del mondo. Quando dice… non si è mai tanto sorriso come in quest’epoca malata ove la serenità è bandita ed ha fatto posto ad un’interiore ansia perenne… vuol dire che, al di là di certe sue costumanze che possono essere, queste sì, cattive c’è la percezione concreta del reale che a tutti sembra davvero dettata dal presente (il presente anche nostro, nonostante tutto).
Facco De Lagarda è una lettura imprescindibile. Sana.



L’edizione da noi considerata è:

Ugo Facco De Lagarda
Cronache cattive
Feltrinelli





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