DE FALSU CREDITU
Giovanni Ca Nastrini
Ano triste
Edizioni Naufrago, Pag. 157 Euro 14,50
Era inevitabile. Dopo Enzo Mazzitelli che con L'acrostico più lungo del mondo, utilizzando il primo canto dell'inferno di Dante, realizza appunto l'acrostico più lungo del mondo, e dopo l'esperimento destrutturante di Nanni Balestrini che con Tristano dà luogo ad un romanzo multiplo le cui copie sono una diversa dall'altra, arriva in libreria Ano triste del veneziano Giovanni Ca Nastrini.
Stavolta la provocazione è di tutt'altra natura,nel tentativo ormai evidente da parte della nuova generazione di scrittori, anche se Balestrini non è di primo pelo, ma considerato dai più una sorta di magister vitae e magister ludi, di procedere ad un vero e proprio sconvolgimento della materia letteraria, Ca Nastrini scrive un romanzo alla rovescia, partendo dall'ormai consueta pratica dei ringraziamenti a fine libro (ops, in questo caso inizio libro), e anticipando l'inizio 'conclusivo' con una post-fazione (ça va sans dire).
L'effetto è dirompente perché è evidente che non siamo di fronte né a costruzioni di senso, dal momento che gli elementi non concordano grammaticalmente, né di fronte ad un'esplosione sillessica, ma ad un vero e proprio ribaltamento tout court di ogni logica.
Perché, se ancora non l'aveste capito, l'autore non solo parte dalla fine per dar fuoco alle polveri, ma ogni singola frase è debitamente ribaltata tanto da impedire qualsiasi forma di controllo sintattico.
L'autore snocciola poi in una cervellotica elencazione di linneiana memoria sostanze, gas e similitudini fecali (altro che flatus voci come indicavano i nominalisti medievali), attraverso il deformante gioco dello specchio letterario. Siamo di fronte dunque non ad un narrare (e permettetemi l'insulto) ana-logico, ma ad un confuso, seppure paradossalmente, concreto addivenire della sostanza scritta.
La lettura del testo diventa dunque un coacervo di sensazioni contrastanti: dall'entusiasmo per un materico imprinting rivoluzionario si può facilmente passare ad una repulsa netta di siffatta sostanza, che diventa di colpo corpo coi suoi annessi e connessi.
Se Tristi tropici di Levi-Strauss trovava sistemazione nella rassegnata idea antropologica dell'esistenza, Ano triste, pur nell'evidente marchio di una provocazione ad hoc, rappresenta la deriva ultima della scatologia affine all'introspezione simil-bergsoniana.
Non solo sfida dunque questo romanzo, ma pungolo per esperienze a venire, nella convinzione che tutto ciò che è scritto è di per sé stesso mutabile.
Stavolta la provocazione è di tutt'altra natura,nel tentativo ormai evidente da parte della nuova generazione di scrittori, anche se Balestrini non è di primo pelo, ma considerato dai più una sorta di magister vitae e magister ludi, di procedere ad un vero e proprio sconvolgimento della materia letteraria, Ca Nastrini scrive un romanzo alla rovescia, partendo dall'ormai consueta pratica dei ringraziamenti a fine libro (ops, in questo caso inizio libro), e anticipando l'inizio 'conclusivo' con una post-fazione (ça va sans dire).
L'effetto è dirompente perché è evidente che non siamo di fronte né a costruzioni di senso, dal momento che gli elementi non concordano grammaticalmente, né di fronte ad un'esplosione sillessica, ma ad un vero e proprio ribaltamento tout court di ogni logica.
Perché, se ancora non l'aveste capito, l'autore non solo parte dalla fine per dar fuoco alle polveri, ma ogni singola frase è debitamente ribaltata tanto da impedire qualsiasi forma di controllo sintattico.
L'autore snocciola poi in una cervellotica elencazione di linneiana memoria sostanze, gas e similitudini fecali (altro che flatus voci come indicavano i nominalisti medievali), attraverso il deformante gioco dello specchio letterario. Siamo di fronte dunque non ad un narrare (e permettetemi l'insulto) ana-logico, ma ad un confuso, seppure paradossalmente, concreto addivenire della sostanza scritta.
La lettura del testo diventa dunque un coacervo di sensazioni contrastanti: dall'entusiasmo per un materico imprinting rivoluzionario si può facilmente passare ad una repulsa netta di siffatta sostanza, che diventa di colpo corpo coi suoi annessi e connessi.
Se Tristi tropici di Levi-Strauss trovava sistemazione nella rassegnata idea antropologica dell'esistenza, Ano triste, pur nell'evidente marchio di una provocazione ad hoc, rappresenta la deriva ultima della scatologia affine all'introspezione simil-bergsoniana.
Non solo sfida dunque questo romanzo, ma pungolo per esperienze a venire, nella convinzione che tutto ciò che è scritto è di per sé stesso mutabile.
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