ATTUALITA'
Marco Minicangeli
BookClub "Di Mercoledì"

Essere madre, con tutto quello che ciò comporta.
Se volessimo riassumere La spinta, romanzo di Ashley Audrain, potremmo utilizzare queste poche parole. Uscito nel 2021 per Rizzoli, “Il secondo martedì del mese” — Bookclub che ormai ha tradito il suo nome e potremmo a questo punto chiamare “Di mercoledì” — lo ha recuperato e messo al centro di una bella discussione.
Cosa farebbe una madre se scoprisse che sua figlia è una bambina problematica? O meglio sarebbe dire una “sociopatica”? Ecco, è una domanda alla quale è complicato dare una risposta, e tutto sommato la Audrain non ci prova. Quello che fa è solo raccontarci come si sono sviluppati gli eventi e lo fa con una narrazione particolare, una sorta di seconda persona rivolgendosi all’ex-marito Fox: “Tua moglie adesso…” o anche “Tu starai al gioco…”.
A parlare è infatti Blythe, la madre-moglie-figlia che ci racconta la storia di sua figlia Violet. Ma facendolo ci narra anche la sua storia, la sua infanzia e il complicato rapporto con la madre.
È difficile incasellare questa storia in un genere (che poi a cosa serve?). Diciamo che ci troviamo di fronte a una sorta di noir psicologico (o forse sarebbe meglio dire psicanalitico), dove Blythe riassume la storia della linea femminile della sua famiglia e di come la patologia della madre abbia forgiato la sua personalità e il suo inconscio. È per questo che lei – e solo lei – riesce a vedere le difficoltà della figlia Violet e il suo lento scivolare all’inferno. Bellissima l’immagine iniziale, una sorta di sfida madre/figlia.
Da leggere (a nostro avviso).
Se volessimo riassumere La spinta, romanzo di Ashley Audrain, potremmo utilizzare queste poche parole. Uscito nel 2021 per Rizzoli, “Il secondo martedì del mese” — Bookclub che ormai ha tradito il suo nome e potremmo a questo punto chiamare “Di mercoledì” — lo ha recuperato e messo al centro di una bella discussione.
Cosa farebbe una madre se scoprisse che sua figlia è una bambina problematica? O meglio sarebbe dire una “sociopatica”? Ecco, è una domanda alla quale è complicato dare una risposta, e tutto sommato la Audrain non ci prova. Quello che fa è solo raccontarci come si sono sviluppati gli eventi e lo fa con una narrazione particolare, una sorta di seconda persona rivolgendosi all’ex-marito Fox: “Tua moglie adesso…” o anche “Tu starai al gioco…”.
A parlare è infatti Blythe, la madre-moglie-figlia che ci racconta la storia di sua figlia Violet. Ma facendolo ci narra anche la sua storia, la sua infanzia e il complicato rapporto con la madre.
È difficile incasellare questa storia in un genere (che poi a cosa serve?). Diciamo che ci troviamo di fronte a una sorta di noir psicologico (o forse sarebbe meglio dire psicanalitico), dove Blythe riassume la storia della linea femminile della sua famiglia e di come la patologia della madre abbia forgiato la sua personalità e il suo inconscio. È per questo che lei – e solo lei – riesce a vedere le difficoltà della figlia Violet e il suo lento scivolare all’inferno. Bellissima l’immagine iniziale, una sorta di sfida madre/figlia.
Da leggere (a nostro avviso).
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