RECENSIONI
Massimo Gatta
Breve storia del segnalibro
Graphe.it Edizioni, Pag. 64 Euro 7,00
Questo non me lo potevo perdere. Chi mi conosce sa quanto mi diverta con i segnalibri. Non sono una collezionista metodica. Quello che mi piace è trovare combinazioni azzeccate fra il libro che leggo e un segnalibro preso chissà dove. Quest’ultimo può essere di vario genere, ma deve essere in qualche modo in sintonia con il libro per colore, stile o soggetto. Quello che mi mancava però era una storia del segnalibro, anche se non ci avevo mai pensato. Eppure il segnalibro è un oggetto, e come tutti gli oggetti ha avuto un inizio. Ma prima ancora, prima dell’oggetto, che cosa c’era? La cosa più naturale: il dito umano. Sembra una banalità, eppure è una notazione di costume: i dipinti di tutte le epoche ci rivelano che anche i nostri avi, in mancanza di meglio, affrontavano una breve interruzione della lettura infilando un dito fra le pagine per tenere il segno.
L’autore si avvale costantemente del dato fornito dalle arti pittoriche, oltre alle testimonianze letterarie (e quella forse più famosa è quella del dito nel libro di Don Abbondio). Da qui il lettore può prendere spunto per un gioco: indagare da sé nella pittura antica e moderna per seguire le tracce e l’evoluzione del segnalibro. Si scoprirà così come, dopo l’istintivo uso di una parte del corpo, l’umanità più colta abbia elaborato strumenti creati apposta per la funzione trasformandoli, come spesso succede, in elementi artistici con un proprio valore estetico. Si comincia con le sottili strisce di seta cucite al libro stesso, come in certi messali o in altri pregevoli volumi, per arrivare a segnalibri separati, tali da potersi spostare da un libro all’altro, e confezionati con materiali diversi.
Procedendo per questa via si tenderebbe a pensare che cultura e raffinatezza procedano appaiate. Ma ahimè, l’autore ci riporta alla realtà con qualche gustoso (l’aggettivo è del tutto pertinente) aneddoto. Ci racconta infatti di certi personaggi che, interrotti nella lettura, infilavano nel libro la cosa più a portata di mano. Lo facciamo anche noi, si dirà, infilando a volte uno scontrino o un biglietto dell’autobus, o magari lasciandoci dentro gli occhiali. No, c’è di peggio (e perché altrimenti avrei sottolineato con malizia l’aggettivo “gustoso”?). Lo svelo subito. In questa storia si racconta di un certo Antonio Magliabechi, esimio bibliotecario fiorentino del XVII secolo, che soleva segnar la pagina con sardine salate o fette di salame. Pare che qualcuno di questi reperti sia arrivato fino ai posteri!
La storia arriva fino ai giorni nostri ricordandoci preziose serie di segnalibri prodotti spesso a scopo pubblicitario e poi diventati veri oggetti da collezione. Ne sono testimonianza le illustrazioni che corredano il libro. Fra le quali ho trovato, con una certa soddisfazione, la serie sui gatti della benemerita Libreria Colonnese di Napoli che avevo acquistato a suo tempo alla fiera della piccola editoria.
Breve storia del segnalibro offre, oltre a un excursus interessante per tutti, una copiosa messe di note e di informazioni preziose per gli addetti ai lavori e per i collezionisti.
di Giovanna Repetto
L’autore si avvale costantemente del dato fornito dalle arti pittoriche, oltre alle testimonianze letterarie (e quella forse più famosa è quella del dito nel libro di Don Abbondio). Da qui il lettore può prendere spunto per un gioco: indagare da sé nella pittura antica e moderna per seguire le tracce e l’evoluzione del segnalibro. Si scoprirà così come, dopo l’istintivo uso di una parte del corpo, l’umanità più colta abbia elaborato strumenti creati apposta per la funzione trasformandoli, come spesso succede, in elementi artistici con un proprio valore estetico. Si comincia con le sottili strisce di seta cucite al libro stesso, come in certi messali o in altri pregevoli volumi, per arrivare a segnalibri separati, tali da potersi spostare da un libro all’altro, e confezionati con materiali diversi.
Procedendo per questa via si tenderebbe a pensare che cultura e raffinatezza procedano appaiate. Ma ahimè, l’autore ci riporta alla realtà con qualche gustoso (l’aggettivo è del tutto pertinente) aneddoto. Ci racconta infatti di certi personaggi che, interrotti nella lettura, infilavano nel libro la cosa più a portata di mano. Lo facciamo anche noi, si dirà, infilando a volte uno scontrino o un biglietto dell’autobus, o magari lasciandoci dentro gli occhiali. No, c’è di peggio (e perché altrimenti avrei sottolineato con malizia l’aggettivo “gustoso”?). Lo svelo subito. In questa storia si racconta di un certo Antonio Magliabechi, esimio bibliotecario fiorentino del XVII secolo, che soleva segnar la pagina con sardine salate o fette di salame. Pare che qualcuno di questi reperti sia arrivato fino ai posteri!
La storia arriva fino ai giorni nostri ricordandoci preziose serie di segnalibri prodotti spesso a scopo pubblicitario e poi diventati veri oggetti da collezione. Ne sono testimonianza le illustrazioni che corredano il libro. Fra le quali ho trovato, con una certa soddisfazione, la serie sui gatti della benemerita Libreria Colonnese di Napoli che avevo acquistato a suo tempo alla fiera della piccola editoria.
Breve storia del segnalibro offre, oltre a un excursus interessante per tutti, una copiosa messe di note e di informazioni preziose per gli addetti ai lavori e per i collezionisti.
di Giovanna Repetto
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