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CLASSICI

Alfredo Ronci

Cos’altro dire per omaggiarlo? “La rua” di Gian Dauli.

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Cos’altro inventarci per capire, nella letteratura italiana (ma in genere in ogni occasione culturale) quali possono essere stati i metodi e le istanze per capire quale autore meritasse di superare il tempo e lo spazio e quale no? In questa nostra dimensione, che ormai si può dire, è sempre stata attenta agli avvenimenti letterari, ci siamo più volte scontrati (dico scontrati anche se poi le nostre sollecitazioni sono state sempre più leggere di quanto invece la materia narrativa richiedesse) contro l’assoluto ostracismo verso autori di un certo tipo rispetto ad altri. Spesso e volentieri però la diatriba s’è risolta preferendo l’autore più politicizzato (con tutto il rispetto per le dinamiche egli avvenimenti realmente accaduti) rispetto ad altri.
Quindi ecco i veristi, i realisti, i neorealisti, gli avanguardisti, gli sperimentalisti, gli astrattisti, gli antirealisti e tutti gli altri isti che sono apparsi in questi ultimi anni. E quelli che hanno rinunciato alle varie correnti ma hanno soltanto raccontato il loro presente che fine hanno fatto? Di più, al di là di certe fazioni, era anche riscontrabile un certo talento e una certa predisposizione e una certa originalità? Certo, era riscontrabile, e tra questi Gian Dauli.
Originale fu soprattutto l'autore: se mi si consente etichettarlo a modo lo definirei modernamente un agitatore culturale. Scrittore, editore, giornalista, critico e traduttore Gian Dàuli (pseudonimo, uno dei tanti che utilizzò in vita, di Giuseppe Ugo Nalato) fu soprattutto un esploratore letterario e a lui dobbiamo le prime traduzioni di Martin du Gard , un premio Nobel allora ignorato dalla critica ufficiale italiana.
Ma fu originale soprattutto nelle dinamiche editoriali. Ma fu anche sfortunato perché la morte lo colse nel 1945, circa un anno dopo l’uscita di un libro che da alcuni (più i francesi che i critici italiani) considerarono un vero e proprio capolavoro (e che noi, giustamente abbiamo già considerato in questa rubrica): Cabala bianca.
E non si può considerare riuscito un libro, che in qualche modo ha anticipato certe meccaniche fantastiche e surreali della nostra letteratura, e respingere a priori tutto il resto. E il resto ci fu, accidenti, perché Dauli mostrò le sue egregie capacità anche nella saggistica. Ma noi vogliamo rimanere nella narrativa perché, senza scomodare significati più alti, riteniamo che si possano indicare altri titoli sufficientemente validi. Tra questi La rua.
Libro, per certi versi, anche questo surreale. Per carità, il racconto parla delle vicissitudini di Giovannino Penta, ragazzetto alquanto sveglio e attivo, ma è la situazione che gli corre accanto che sembra davvero inusuale. Se gli eventi successivi poi assumono altro valore e significato, nella prima parte, quella in cui Giovannino è quasi un bambino e comincia a scoprire tutte le dinamiche della vita, potremmo addirittura dire che, per capacità letteraria ed ironia, assomiglia in modo assai pericoloso, ed è anche una nostra particolare visione, al Giornalino di GianBurrasca.
Ma ben presto, tutto si rivolta contro il povero ragazzo: Hai paura di rispondere? Una famiglia per bene la nostra! La mamma una puttana. Lorenzina una puttana! Papà un povero imbroglione! Lo zio Piero un ladro! Sofia una puttana! Tu hai sposato una femmina di Porta Nuova! Non dici nulla? Sei becco contento anche tu? A Porta Nuova faceva la marchetta e siamo andati in due con lei per una lira!
Sembrerebbe un romanzo erotico sboccato e privo di morale. Invece è, al di là appunto dell’ironia che lo contraddistingue, un romanzo assai realista e privo di qualsiasi malcelata reticenza. Come per esempio nell’episodio in cui il ragazzo se la fa con una parente assai più giovane di lui: Un giorno venne a trovarmi, con la bambola che le avevo regalato, nella mia stanzetta dell’Arsenale perché da tre giorni ero malato, e volle mostrarmi che aveva un piccolo foruncolo sul ventre e si tolse le mutandine ancora una volta… Poi venne altre volte a trovarmi e diceva che era la mia morosa, ed io non volevo, e lei piangeva con le mutandine in mano e finivo per metterla sul letto e baciarla tutta…
Il libro ricorre ad un impianto che negli anni successivi sarà sfruttato anche da altri. Quello di ricevere un diario da una persona, che poi sarebbe l’autore del testo, ed approfittare della stima e della conoscenza dell’altro per portarlo alla conoscenza del “mondo”. Poca cosa in realtà, quello che è invece suggestivo è l’analisi che l’artista fa delle condizioni dei personaggi, senza censure e senza remore (ricordiamo che il libro uscì nel 1932) e che ci consegna un autore tutto sommato maturo e che, in un breve lasso di tempo, ci avrebbe consegnato un testo che andava al di là di qualsiasi previsione positiva.



L’edizione da noi considerata è:

Gian Dauli
La rua
Edizioni Corbaccio



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