CLASSICI
Alfredo Ronci
Cose dell’altro mondo: “I neoplatonici” di Luigi Settembrini.
Se un caso del genere fosse capitato, chessò, in Francia o in Germania, non avrebbe suscitato quel po po’ d’infamia (anche se, diciamolo apertamente, certe tematiche erano ostili non solo da noi, ma in tutto il mondo). Invece è capitato in Italia, paese, quando il problema venne fuori (1937), stretto dalla morsa mussoliniana, ma anche da tutto il mondo editoriale e politico che spesso e volentieri, come invece si direbbe ora, faceva ridere anche i polli.
Ma qual è questo problema? Nel 1937 appunto, lo storico e studioso Raffaele Cantarella, trova, presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, in mezzo ad altri volumi, un breve manoscritto, titolato I Neoplatonici, tradotto dal greco da Aristeo di Megara. Orsù dunque, chi mai poteva essere questo Aristeo di Megara e in che cosa consisteva questo breve romanzo che attirò, naturalmente, la curiosità dello studioso crociano?
Non ci volle molto a capire (nel senso che Cantarella non ci mise poi molto) che il libretto non era vero, nel senso che non era stato tradotto da Aristeo di Megara (che non esisteva), nel senso che era un falso ma che riportava alcuni fatti volutamente omosessuali e che il vero autore era Luigi Settembrini, sorta di eroe della politica liberale, autore dello scritto perché, nella Biblioteca, esso si trovava accanto a Le ricordanze della mia vita.
Cantarella si chiese: sarebbe il caso di pubblicarlo? Apriti cielo fu il responso dell’agiata congrega politico-editoriale del nostro paese. Si mossero un po’ tutti (tra gli altri, un famoso epigrammista, tale Emidio Piermarini, disse che l’opera era vivace, a tratti vivacissima, di fresca grazia, da fare onore ad un artista di classe come fu il Settembrini, ma per il suo contenuto sboccato, fummo d’accordo che non era da pubblicare.
Il plurale maiestatis fummo era riferito al Croce (di cui peraltro Cantarella era profondo conoscitore) il quale, con la sua proverbiale saggezza disse che l’opera era un errore letterario del venerato Maestro, martire patriottico dei Borboni.
Dunque non se ne fece nulla, finché nel 1977 la casa editrice Rizzoli lo pubblicò, ponendo termine all’insulsa resistenza di tutte le parti. Tra l’altro bisogna dire che il volume era preceduto da una introduzione di Giorgio Manganelli che, parlando di un ipotetico pranzo tra i familiari e i conoscenti di Settembrini, fa dire al di lui figlio: “Papà, è vero che sei pederasta?” (Non so se definirla una genialata ed esilarante o, come avrebbe detto Fantozzi, una cagata pazzesca).
E a proposito della famiglia di Settembrini. “L’eroe” mentì anche alla moglie Sì perché durante la prigione nel 1954 scrisse alla moglie: Cara e diletta Gigia mia, ti mando una parte della traduzione di Luciano: due libretti, uno di carattere mio, ed uno di carattere d’un giovane politico. Quali de’ due manderai? Io vorrei che tu ritenessi il mio: ma l’altro non mi pare di troppo buono carattere in principio: e non vorrei essere biasimato di poca pulitezza, mandando una scrittura non pulita. Ma sono nell’ergastolo, tra il fumo e le lordure. (…) Ecco qui, Gigia mia: le opere greche son piene di queste oscenità, quale più, quale meno: era il tempo, era la gente voluttuosa: e le più belle opere ne sono piene.
Dunque Settembrini mente alla moglie. E’ chiaro, l’affetto nei riguardi della moglie c’è tutto, ma come dice anche il Cantarella, l’uomo nasconde il suo segreto più indicibile, il suo mostruoso sentimento.
Dunque cos’è questo I neoplatonici? E’ un termine moderno per designare l’ultima scuola filosofica del paganesimo. Nell’intenzione di Settembrini vuole indicare filosofi in generale dediti soprattutto al rapporto tra giovani, considerato arte suprema e degnissima. E infatti il libretto ci parla delle vicende di due ragazzi, Doro e Callicle, che si frequentano assiduamente fin dalla più tenera età, proseguono negli anni, avendo regolarmente rapporti sessuali (rapporti sessuali che non hanno paralleli nella letteratura italiana di quell’epoca, in realtà, al di là di certi infingimenti, crediamo che in realtà non ci sia niente del tutto) e poi si sposano con delle ragazze pur mantenendo tra loro più che occasionali incontri privati.
Scriveva Settembrini: E credo sia quell’amore che secondo il divino Platone, gli Dei mettono nel petto soltanto dei savi, quell’amore che nutrisce la sapienza e la purifica, che unisce e rende prodi i giovani guerrieri.
Di tutta questa grande cosa, secondo voi cosa mai avrebbe potuto capire la giovane moglie Gigia, preoccupata ancor di più della lunga prigionia del marito bugiardo?
L’edizione da noi considerata è:
Luigi Settembrini
I Platonici
La vita felice
Ma qual è questo problema? Nel 1937 appunto, lo storico e studioso Raffaele Cantarella, trova, presso la Biblioteca Nazionale di Napoli, in mezzo ad altri volumi, un breve manoscritto, titolato I Neoplatonici, tradotto dal greco da Aristeo di Megara. Orsù dunque, chi mai poteva essere questo Aristeo di Megara e in che cosa consisteva questo breve romanzo che attirò, naturalmente, la curiosità dello studioso crociano?
Non ci volle molto a capire (nel senso che Cantarella non ci mise poi molto) che il libretto non era vero, nel senso che non era stato tradotto da Aristeo di Megara (che non esisteva), nel senso che era un falso ma che riportava alcuni fatti volutamente omosessuali e che il vero autore era Luigi Settembrini, sorta di eroe della politica liberale, autore dello scritto perché, nella Biblioteca, esso si trovava accanto a Le ricordanze della mia vita.
Cantarella si chiese: sarebbe il caso di pubblicarlo? Apriti cielo fu il responso dell’agiata congrega politico-editoriale del nostro paese. Si mossero un po’ tutti (tra gli altri, un famoso epigrammista, tale Emidio Piermarini, disse che l’opera era vivace, a tratti vivacissima, di fresca grazia, da fare onore ad un artista di classe come fu il Settembrini, ma per il suo contenuto sboccato, fummo d’accordo che non era da pubblicare.
Il plurale maiestatis fummo era riferito al Croce (di cui peraltro Cantarella era profondo conoscitore) il quale, con la sua proverbiale saggezza disse che l’opera era un errore letterario del venerato Maestro, martire patriottico dei Borboni.
Dunque non se ne fece nulla, finché nel 1977 la casa editrice Rizzoli lo pubblicò, ponendo termine all’insulsa resistenza di tutte le parti. Tra l’altro bisogna dire che il volume era preceduto da una introduzione di Giorgio Manganelli che, parlando di un ipotetico pranzo tra i familiari e i conoscenti di Settembrini, fa dire al di lui figlio: “Papà, è vero che sei pederasta?” (Non so se definirla una genialata ed esilarante o, come avrebbe detto Fantozzi, una cagata pazzesca).
E a proposito della famiglia di Settembrini. “L’eroe” mentì anche alla moglie Sì perché durante la prigione nel 1954 scrisse alla moglie: Cara e diletta Gigia mia, ti mando una parte della traduzione di Luciano: due libretti, uno di carattere mio, ed uno di carattere d’un giovane politico. Quali de’ due manderai? Io vorrei che tu ritenessi il mio: ma l’altro non mi pare di troppo buono carattere in principio: e non vorrei essere biasimato di poca pulitezza, mandando una scrittura non pulita. Ma sono nell’ergastolo, tra il fumo e le lordure. (…) Ecco qui, Gigia mia: le opere greche son piene di queste oscenità, quale più, quale meno: era il tempo, era la gente voluttuosa: e le più belle opere ne sono piene.
Dunque Settembrini mente alla moglie. E’ chiaro, l’affetto nei riguardi della moglie c’è tutto, ma come dice anche il Cantarella, l’uomo nasconde il suo segreto più indicibile, il suo mostruoso sentimento.
Dunque cos’è questo I neoplatonici? E’ un termine moderno per designare l’ultima scuola filosofica del paganesimo. Nell’intenzione di Settembrini vuole indicare filosofi in generale dediti soprattutto al rapporto tra giovani, considerato arte suprema e degnissima. E infatti il libretto ci parla delle vicende di due ragazzi, Doro e Callicle, che si frequentano assiduamente fin dalla più tenera età, proseguono negli anni, avendo regolarmente rapporti sessuali (rapporti sessuali che non hanno paralleli nella letteratura italiana di quell’epoca, in realtà, al di là di certi infingimenti, crediamo che in realtà non ci sia niente del tutto) e poi si sposano con delle ragazze pur mantenendo tra loro più che occasionali incontri privati.
Scriveva Settembrini: E credo sia quell’amore che secondo il divino Platone, gli Dei mettono nel petto soltanto dei savi, quell’amore che nutrisce la sapienza e la purifica, che unisce e rende prodi i giovani guerrieri.
Di tutta questa grande cosa, secondo voi cosa mai avrebbe potuto capire la giovane moglie Gigia, preoccupata ancor di più della lunga prigionia del marito bugiardo?
L’edizione da noi considerata è:
Luigi Settembrini
I Platonici
La vita felice
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