RECENSIONI
Andrej Longo
Dieci
Adelphi, Pag.144 Euro 15,00
Giorni fa il quotidiano francese Liberation parafrasando un vecchio e celebre e detto e a proposito del problema monnezza titolava: Voir Naples e jourrir. Vedi Napoli e marcisci.
Direi niente male come pubblicità al nostro paese. Ma ce le meritiamo tutte, a cominciare dal sindaco Jervolino, dal presidente Bassolino, e ora da questo governo di soubrette ed allarmisti che ci vuol far credere che i problemi di Napoli si risolvono facendo un consiglio dei ministri nel paese d''o sole.
Probabilmente però Longo s'arrabbierà per questa introduzione, come se per parlare dell'universo metropolitano partenopeo dovessimo sempre e comunque fare i conti con le incongruenze di quei posti e con la delinquenza. Tra l'altro ci mancava pure Saviano a rendere la 'materia' più esplosiva.
Ma dice bene l'autore nell'intervista che gli abbiamo fatto: Dieci non parla di camorra, ma di gente normale spesso a contatto con la camorra.
Dieci enumera diligentemente il decalogo catechetico e ad ogni principio corrisponde un racconto e quindi una vicenda ad esso parzialmente collegato.
Ci piace la lingua dell'autore che mischia, con sapienza che noi vorremmo da tutti gli scrittori applicata, la fluida scrittura che l'arte impone col vernacolo. Non solo, in Longo c'è la capacità di rendere musicale il dialogo in quella sorta di cerimonia del linguaggio, che vuoi perché con Napoli ci abbiamo sempre fatto i conti, vuoi per una cinematografia che è stata sempre nostra compagna, vuoi anche, perché no, per una massiccia dose di luoghi comuni, che disegna la realtà in modo netto, polito e sociologico.
Alcuni racconti sono davvero riusciti: come quello dell'uomo che non abbassa la testa di fronte al teppistello che crede che l'umanità si divida in chi tiene lo sguardo alto e fiero e chi invece lo deve subire (Non rubare). O come quello in cui un ragazzo torna dall'Afganistan dopo qualche anno, crede di trovare una città cambiata ma rimane ucciso dopo il furto della macchina (Non dire falsa testimonianza).
Ma il mondo di Longo sfiora i grandi problemi della vita, senza per questo sembrare presuntuoso o al contrario troppo accademico. Ci mancherebbe altro: il problema della giovane che vuole abortire il figlio del padre (Non commettere atti impuri) o quello del ragazzo che fa morire la madre perché stanco di vederla soffrire (Onora il padre e la madre) o del rapporto genitore – delinquente – e figlio – inconsapevole – (Non uccidere) sono trattati con la semplicità delle cose fotografate nitidamente e tali restituite agli occhi di chi legge.
Dopo Saviano e Carrino, Longo aggiunge, come spesso banalmente si suol dire, un tassello al mosaico della comprensione del fenomeno. O forse soltanto ci dà una rappresentazione lontana da qualsivoglia intento didattico.
Azzardato dire che con diverse sfaccettature Dieci è la versione riveduta e corretta de L'oro di Napoli?
di Alfredo Ronci
Direi niente male come pubblicità al nostro paese. Ma ce le meritiamo tutte, a cominciare dal sindaco Jervolino, dal presidente Bassolino, e ora da questo governo di soubrette ed allarmisti che ci vuol far credere che i problemi di Napoli si risolvono facendo un consiglio dei ministri nel paese d''o sole.
Probabilmente però Longo s'arrabbierà per questa introduzione, come se per parlare dell'universo metropolitano partenopeo dovessimo sempre e comunque fare i conti con le incongruenze di quei posti e con la delinquenza. Tra l'altro ci mancava pure Saviano a rendere la 'materia' più esplosiva.
Ma dice bene l'autore nell'intervista che gli abbiamo fatto: Dieci non parla di camorra, ma di gente normale spesso a contatto con la camorra.
Dieci enumera diligentemente il decalogo catechetico e ad ogni principio corrisponde un racconto e quindi una vicenda ad esso parzialmente collegato.
Ci piace la lingua dell'autore che mischia, con sapienza che noi vorremmo da tutti gli scrittori applicata, la fluida scrittura che l'arte impone col vernacolo. Non solo, in Longo c'è la capacità di rendere musicale il dialogo in quella sorta di cerimonia del linguaggio, che vuoi perché con Napoli ci abbiamo sempre fatto i conti, vuoi per una cinematografia che è stata sempre nostra compagna, vuoi anche, perché no, per una massiccia dose di luoghi comuni, che disegna la realtà in modo netto, polito e sociologico.
Alcuni racconti sono davvero riusciti: come quello dell'uomo che non abbassa la testa di fronte al teppistello che crede che l'umanità si divida in chi tiene lo sguardo alto e fiero e chi invece lo deve subire (Non rubare). O come quello in cui un ragazzo torna dall'Afganistan dopo qualche anno, crede di trovare una città cambiata ma rimane ucciso dopo il furto della macchina (Non dire falsa testimonianza).
Ma il mondo di Longo sfiora i grandi problemi della vita, senza per questo sembrare presuntuoso o al contrario troppo accademico. Ci mancherebbe altro: il problema della giovane che vuole abortire il figlio del padre (Non commettere atti impuri) o quello del ragazzo che fa morire la madre perché stanco di vederla soffrire (Onora il padre e la madre) o del rapporto genitore – delinquente – e figlio – inconsapevole – (Non uccidere) sono trattati con la semplicità delle cose fotografate nitidamente e tali restituite agli occhi di chi legge.
Dopo Saviano e Carrino, Longo aggiunge, come spesso banalmente si suol dire, un tassello al mosaico della comprensione del fenomeno. O forse soltanto ci dà una rappresentazione lontana da qualsivoglia intento didattico.
Azzardato dire che con diverse sfaccettature Dieci è la versione riveduta e corretta de L'oro di Napoli?
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