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Il Paradiso degli Orchi
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CLASSICI

Alfredo Ronci

Donna moderna e d'altri tempi: Matilde Serao ed il feuilleton de 'Il delitto di Via Chiatamone'.

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Va detto: che la parola 'delitto' si usava anche per accadimento tragico senza morte del misero/a.

Qui è il caso appunto: di una sciagura quasi compiuta, ma della sopravvivenza della vittima a cui hanno sparato dalla strada.

Con Il delitto di Via Chiatamone siamo in pieno feuilleton. Frizzi, lazzi, struggimenti e sentimenti buoni a badilate, nella melma zuccherina del melodramma di stampo mastriano. Con in più una sopresa, di chi bellamente suggerisce che la nascita del giallo percorra una strada che da Filadelfia (Poe no?) passi per Londra per attraversare nientepopodimenoche le strade aristocratiche e misere nello stesso tempo della città di Napoli. Mastriani appunto, che 'imitava' Sue, aveva già fatto la sua parte: Serao ci mette il carico a bastoni, prima col romanzo in questione (1908, ma è data indicativa perché l'opera ha una genesi più particolare) e in seguito col terribile La mano tagliata (1912) con tanto di Holmes napoletano.

Matilde Serao era intelligente e scaltra: donna modernissima, direttrice di giornali, maritata ad un intellettuale di riguardo, Edoardo Scarfoglio, sa benissimo dove finisce l'impegno e dove iniziano le furbate. Il ventre di Napoli (1884) inchiesta serissima e per alcuni versi prodigiosa sulla misera situazione esistenziale dei napoletani affamati, appartiene al primo caso (chissà se la Ortese de Il mare non bagna Napoli non si sia ispirato alla Serao), dove il ventre appunto è un'entità che la battuta dell'allora ministro Depretis voleva inopinatamente 'sventrato' e che la scrittrice lucidissima e con affronto inusitato gli restituisce 'reale': Ma il governo doveva sapere l'altra parte, il governo a cui arrivano i rapporti dei prefetti e dei questori, degli ispettori di polizia,dei delegati.

Il delitto di Via Chiatamone appartiene al secondo caso: romanzo, come già abbiamo indicato, di chiaro stampo appendicista che, in alcune cronologie dell'opera della Serao, nemmeno compare (per esempio nella collana della biblioteca dell'Espresso del 2005 non è assolutamente conteggiata, nemmeno col titolo che prese successivamente alla prima edizione – peraltro firmata con lo pseudonimo Francesco Sangiorgio – Temi il leone). Storia della quale sono protagonisti il malefico duca di San Luciano, la timida e dolce Teresa Vargas – colei che non perì anche se vittima di 'delitto' – la bellissima Anthonia d'Alembert, il generoso marinaio Gennarino Esposito (!), Tore il camorrista, e che è ricca di intrighi, di amori, di vicende oscure, di furti, di struggimenti e malattie e perfetta nella sua matrice feuilletonista. Non manca nella tessitura la mano della grande scrittrice che si lascia andare alle descrizioni di ambienti e paesaggi della sua Napoli e sempre con un occhio di riguardo per la miseria della popolazione.

Ci piace dire che, in questo caso, la Serao vince comunque la partita: non disdegna la letteratura popolare perché sa di controllarla, senza l'esagerazione del mestierante, ma con l'appiglio e l'ironia della donna di 'mondo' che dispone dell'assoluto dominio delle situazioni.

Basti citare un piccolo passaggio, uno scambio di battute tra un avvocato che, successivamente, prenderà a cuore la sorte della disgraziata Teresa Vargas, e il delinquentello camorrista Tore che gli racconta parte dell'intreccio: Dio mio che imbroglio e che storia noiosa – dice l'uomo di legge.

Altro che noia: il plot de Il delitto di Via Chiatamone scorre senza intoppi, sicuramente nella luce di sentieri già percorsi ma che trova nella prosa della Serao una pulsione diversa rispetto al consuetudinario approccio nazional-popolare.

E' il caso di dire che la scrittrice napoletana (che fu candidata al Nobel ma, all'ultimo momento, le si preferì la Deledda allora non incistata di simpatie di regime) è ricordata soprattutto come esponente del verismo? Etichetta questa che certamente non avrebbe gradito, conchiusa com'era nella propria consapevolezza di donna intellettuale a tutto tondo. Lei che, nei salotti che contavano (e permetteteci l'affronto: di bellezza non evidente, grassa paffuta e baffuta com'era) riusciva a stregare il consesso con l'alto eloquio e con la sicura professionalità.

E ci par giusto, parlando del romanzo, condividere l'entusiasmo di chi vede in esso anche l'origine del poliziesco, come già indicato. Per carità non v'è l'investigazione ossessiva e né il personaggio geniale che intuisce colpevoli e moventi, c'è solo la presenza costante della giustizia, anzi dell'idea della giustizia che si compenetra perfettamente con l'altro elemento distinto: l'amore concreto ed indissolubile.

La Serao, pur nella capacità schizofrenica di raccontar storie assai diverse tra loro, nella dimensione appendicista c'è sempre sembrata più alta rispetto alle stature di colleghe e colleghi assai rinomati: Carolina Invernizio, Guido da Verona, Luigi Natoli e Liala.





L'edizione da noi considerata è:



Matilde Serao

Il delitto di Via Chiatamone

Universale romantica Salani - 1979







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