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CLASSICI

Alfredo Ronci

Eppure fu viva: “L’età del malessere” di Dacia Maraini.

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Non è facile parlare degli inizi letterari di Dacia Maraini, soprattutto dopo che, giustamente, è diventata una sorta di totem dell’intellighenzia di sinistra. Non è facile perché, secondo i più, agli albori di quella che sarebbe stata una lunga carriera letteraria (e non solo), fu oltremodo osteggiata dai cultori della nostra letteratura di spessore.
La presentazione che Moravia fece del nuovo talento letterario lasciò spiazzati diversi critici. In una intervista a Lietta Tornabuoni la Maraini così diceva: Il libro La vacanza (libro che ottenne nel 1962 il Premio Formentor de las Letras) ottenne critiche non brutte, ma molto paternalistiche. Ne ero offesa profondamente (…) La presentazione di Moravia aiutava a vendere, ma faceva scattare nei critici il meccanismo pettegolo: capito, è una protetta di Moravia, giovane, carina, sarà l’amica. E nessuno prendeva sul serio il libro: persino Guglielmi, il critico dell’avanguardia, mi disse: “Ma tu sei giovane e carina, perché scrivi?”.
Come disse giustamente allora la scrittrice, contro di lei fu intrapreso un gioco niente affatto sottile di paternalismo, anche se, a difesa di certi critici di parte, c’erano dei risvolti di stile, soprattutto agli inizi, che aumentarono questa diffidenza nei confronti della Maraini.
Personalmente non ritengo la Maraini all’altezza di altre scrittrici nostrane (tanto per fare qualche esempio, la Ortese, la Cialente, la Morante, la Romano), questo non significa affatto che la pretesa di comparare l’una alle altre, non determini però una riqualificazione letteraria.
L’età del malessere è del 1963. Anno terribile per la nostra letteratura. In un periodo in cui si lanciavano proclami contro certi scrittori tradizionali e soprattutto contro certe tematiche letteraria, un romanzo come quello della Maraini ovviamente dava la stura a certi comportamenti non certo ortodossi. Ma, come diceva Giovanni nel Vangelo, Quod scripsi scripsi, ciò che ho scritto ho scritto.
E cosa diceva questo romanzo per sollevare i dubbi di certa critica impaziente? E’ la storia di Enrica, diciassette anni, che vive in uno squallido rione di Roma e che studia, con poche intenzioni, computisteria. Abbandonata da un padre praticamente invisibile e da una madre che presto si ammalerà e la lascerà sola, non riesce a staccarsi da Cesare, un ragazzo che sembra volerle bene ma nello stesso tempo agisce in maniera del tutto imprevedibile. Enrica vive questo triste legame in uno stato di freddo sonnambulismo, non rifiutando le avances di un compagno di studi, Carlo, e nemmeno di Guido, un maturo avvocato in cerca di avventure.
Questa situazione finirà ben presto perché Enrica si renderà conto dell’inutilità di certi personaggi (abbandonerà anche un eccentrica contessa che l’aveva impiegata come segretaria nella sua villa) e soprattutto dell’inutilità della vita.
Se volessimo riassumere le caratteristiche di questo tipo di storia, che alcuni, e giustamente, indicherebbero come femminista, potremmo indicare alcuni elementi ricorrenti: l’analisi spregiudicata dei meccanismi di convivenza familiare, il processo graduale della consapevolezza che la ragazza assume non solo attraverso riflessioni ma attraverso esperienze crude realmente compiute sulla propria pelle (alcuni critici hanno messo in risalto la fermezza letteraria della Maraini quando descrive l’intervento di un’ostetrica nell’atto di provocare l’aborto alla ragazza) e soprattutto l’uso di un linguaggio esplicito (anche se, come abbiamo già detto, spesso intriso di una normalità che a volte non rende) comprensivo di espressioni brutali e non convenzionali.
Anche L’età dell’innocenza, nonostante tutto, e cioè nonostante certe critiche di settore, ottenne un buon successo. Da lì iniziarono una serie di avvenimenti che portarono la Maraini ad essere partecipe di certe esperienze, soprattutto letterarie. Come ad esempio l’amicizia con Moravia appunto, ma anche con la Morante e soprattutto con Pier Paolo Pasolini.
Sarebbe quasi impossibile elencare le attività letterarie della scrittrice (che tra l’altro solo scrittrice non è, e tralasciamo quello che ha fatto e tutt’ora fa, ormai ottantenne, nell’ambito sociale) rimane invece l’impressione di aver assistito ad un evento letterario che ha decisamente del machismo, ma che una donna lucida e consapevole ha saputo dominare con tatto e intelligenza.




L’edizione da noi considerata è:

Dacia Maraini
L’età del malessere
Einaudi



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