RECENSIONI
Gian Marco Griffi
Ferrovie del Mexico
Laurana editrice, Pag. 816 Euro 22,00
Lo ammetto (ma quasi nessuno, di questi tempi, lo farebbe): non ho terminato di leggere il testo. Avrò consumato circa la metà. Ma quello di cui avevo bisogno era già tutto nella testa. E anche abbastanza nettamente.
Questo è un lavoro che ha fatto scuola negli ultimi tempi, e non so se è stato il fatto che una casa editrice piccola come Laurana sia riuscita ad entrare nei 15 del premio Strega, o perché abbia meritato l’attenzione il giovane autore (poi nemmeno giovane) o perché comunque bisogna fare qualcosa per attirare l’attenzione (questo punto potrebbe essere facilmente rivoltato). Fatto sta che Ferrovie del Mexico ha avuto la sua importanza e anche noi del Paradiso ne stiamo parlando.
E questo perché? Dio solo lo sa, ma proviamo a tentare di sciogliere il nodo. Anni fa Antonio Scurati, in un libricino saggistico intitolato La letteratura dell’inesperienza (tascabili Bompiani) disse che scrivere romanzi ai tempi della televisione (e aggiungiamo, le possibilità che da Internet) è perfetta testimonianza del concetto di inesperienza: Ciò che mi sto sforzando di esprimere con il concetto di inesperienza di potrebbe riassumere cosi: siamo nell’epoca delle immagini del mondo, cioè – insegnava Heidegger – nell’epoca della riduzione del mondo alle sue immagini; per questo, la mia generazione di scrittori ha dovuto e deve affrontare il problema di come trasformare in opera letteraria l’assenza di un mondo eclissatosi assieme all’autorità del vivere e della testimonianza.
Della serie: non ci provate a scrivere tanto è inutile, visto come stanno le cose. Concetto molto stringente e anche molto affascinante (anche se mi chiedo come Scurati abbia fatto a scrivere una trilogia su Mussolini e rimanere vivo, letteralmente).
Ferrovie del Mexico è una storia ambientata per lo più nel 1944 con protagonista (uno fra i tanti ad essere preciso) il milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria Cesco Magetti, che è stato incaricato (non lo sa, ma noi in qualche modo veniamo a saperlo) di fornire alle autorità una mappa dettagliatissima delle ferrovie del Messico.
Diciamo che se vogliamo stringere al massimo il succo del libro è questo, ma le oltre 800 pagine ci fanno capire che i protagonisti sono anche altri e tra questi c’è pure Adolph Hitler e la sua consorte Eva alle prese con problemi di anglicismo (sì, avete letto bene, anglicismo). Ora, perdonatemi ma voglio dirlo: scherzare con uno dei più macabri e disgraziati individui che l’universo abbia mai potuto creare di per sé è già atto insulso (pur se in un ambito ironicamente letterario), ma anche il resto del libro, pur se toccato da una grazia indiscussa, mi sembra decisamente fuori luogo.
Aveva ragione Scurati. E io ci metto il carico senza ricorrere a Heidegger e pure Marx (due tra i tanti che cita). L’inesperienza oggi, colpisce tutti: pure Griffi che, nonostante la buona arte dello scrivere, ci racconta il nulla.
di Alfredo Ronci
Questo è un lavoro che ha fatto scuola negli ultimi tempi, e non so se è stato il fatto che una casa editrice piccola come Laurana sia riuscita ad entrare nei 15 del premio Strega, o perché abbia meritato l’attenzione il giovane autore (poi nemmeno giovane) o perché comunque bisogna fare qualcosa per attirare l’attenzione (questo punto potrebbe essere facilmente rivoltato). Fatto sta che Ferrovie del Mexico ha avuto la sua importanza e anche noi del Paradiso ne stiamo parlando.
E questo perché? Dio solo lo sa, ma proviamo a tentare di sciogliere il nodo. Anni fa Antonio Scurati, in un libricino saggistico intitolato La letteratura dell’inesperienza (tascabili Bompiani) disse che scrivere romanzi ai tempi della televisione (e aggiungiamo, le possibilità che da Internet) è perfetta testimonianza del concetto di inesperienza: Ciò che mi sto sforzando di esprimere con il concetto di inesperienza di potrebbe riassumere cosi: siamo nell’epoca delle immagini del mondo, cioè – insegnava Heidegger – nell’epoca della riduzione del mondo alle sue immagini; per questo, la mia generazione di scrittori ha dovuto e deve affrontare il problema di come trasformare in opera letteraria l’assenza di un mondo eclissatosi assieme all’autorità del vivere e della testimonianza.
Della serie: non ci provate a scrivere tanto è inutile, visto come stanno le cose. Concetto molto stringente e anche molto affascinante (anche se mi chiedo come Scurati abbia fatto a scrivere una trilogia su Mussolini e rimanere vivo, letteralmente).
Ferrovie del Mexico è una storia ambientata per lo più nel 1944 con protagonista (uno fra i tanti ad essere preciso) il milite della Guardia nazionale repubblicana ferroviaria Cesco Magetti, che è stato incaricato (non lo sa, ma noi in qualche modo veniamo a saperlo) di fornire alle autorità una mappa dettagliatissima delle ferrovie del Messico.
Diciamo che se vogliamo stringere al massimo il succo del libro è questo, ma le oltre 800 pagine ci fanno capire che i protagonisti sono anche altri e tra questi c’è pure Adolph Hitler e la sua consorte Eva alle prese con problemi di anglicismo (sì, avete letto bene, anglicismo). Ora, perdonatemi ma voglio dirlo: scherzare con uno dei più macabri e disgraziati individui che l’universo abbia mai potuto creare di per sé è già atto insulso (pur se in un ambito ironicamente letterario), ma anche il resto del libro, pur se toccato da una grazia indiscussa, mi sembra decisamente fuori luogo.
Aveva ragione Scurati. E io ci metto il carico senza ricorrere a Heidegger e pure Marx (due tra i tanti che cita). L’inesperienza oggi, colpisce tutti: pure Griffi che, nonostante la buona arte dello scrivere, ci racconta il nulla.
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