RECENSIONI
Simone Di Meo
Gotham City – Viaggio nella Camorra dei Bambini
Piemme, Pag. 384 Euro 18,50
Era dai tempi “der libbanese” che non leggevo un libro sulla 'mala' italiota. Tutti questi insopportabili personaggi che si muovono nel sottobosco criminale come fossero in realtà dei super eroi da coccolare, vezzeggiare, far amare e, di conseguenza, emulare. Questi romanzetti che, con artefatto piglio da denuncia sociale, giocano ad abituarci all'orrore. Tutte queste Camorre, Gomorre, Scampie, queste serie Tv dove la feccia dell'umanità viene quasi esaltata nel subdolo giochetto del realismo che dev'essere nudo e crudo. Non fanno per me. Siccome però conosco Simone come giornalista e reporter, ho deciso di derogare alla regola che mi ero prefissato dalla Roma della Magliana in poi. E ho fatto bene.
(p.s. Sono uno di quelli che non ha mai letto Gomorra di Saviano e ne faccio un vanto).
Gotham City (titolo geniale), sottotitolo Viaggio segreto nella Camorra dei bambini non ha nulla delle saghe gomorroidi che ancora occupano scaffali delle librerie e schermi tv. Basato su fatti realmente accaduti a Napoli negli anni recenti delle ultime faide di Camorra, il romanzo, muovendosi fra narrazione classica e atti giudiziari, mette in scena la feccia dell'umanità camorrista (in questo caso cinque giovincelli 'feroci come jihadisti e trendy come divi', come recita la quarta di copertina) senza esaltarla. Mai. Di Meo racconta l'ascesa del gruppo dei 'colombiani' a Forcella. Il modo in cui si sono impadroniti delle piazze di spaccio del Centro Storico napoletano supportati da un padrino che ne ha sostituito un altro muovendogli guerra. Racconta non tanto il vuoto di queste povere vite buttate fra sale giochi, spaccio, macchinone e soldi come gangsta in salsa mediterranea, quanto il pieno di un'indole votata al male che non affonda nessuna radice nel malessere sociale, nella disperazione, nella semplice voglia di rivalsa ma, come direbbe il buon Lombroso (sempre più sottovalutato dico io), in una predisposizione innata a fare il male che non può essere curata con niente.
Certo, Bisonte, Capauciello, Christian, Abdul, Lelluccio e O'Drogato non possono essere considerati dei benestanti di buona famiglia che si ritrovano nella libreria di casa Marcuse e Brecht e scientemente decidono di ignorarli. Tuttavia, anche dopo essersi conquistati soldi e fama e rispetto, a nessuno di loro viene in mente di cambiare vita. Al Bisonte l'unica cosa che lo fa stare bene (come un orgasmo) è “accirere a 'ggente”, lo stesso vale per gli altri. Esattamente come i feroci jihadisti, l'unico linguaggio che comprendono è lo squartamento del nemico, il ferro delle pistole, le torture, le sevizie, le gole tagliate. E questo, cari antropologi e sociologi e psicologi 'moderni' (visto che stiamo parlando di personaggi che prendono spunto da persone reali) non ha nulla a che vedere col 'sociale'. Di Meo ci sbatte in faccia questi mostri e ci fa capire che il male ce l'hanno dentro. E a nessuno sano di mente, nemmeno al pischello più idiota e incattivito, dopo aver letto questo libro, può venire in mente di emularli. Tanto fanno schifo.
Gotham City è una lettura consigliatissima, un viaggio in una Napoli che non avrei mai voluto leggere. La mia città d'adozione che ricordo in maniera diversa, amata come una seconda casa, e in quel modo voglio ricordarla (e quando ci torno cerco, a fatica, di non pensare a ciò che è). Però è una Napoli che va conosciuta, studiata, affrontata. Perché, come dice il capo della Squadra Mobile Di Falco alla fine del libro: “Facciamo quel che possiamo e non è poco. Per risolvere tutti i crimini di questa città ci vorrebbe Batman. Se sapete come fare, chiamatelo e ditegli di venire a darci una mano.”
di Adriano Angelini Sut
(p.s. Sono uno di quelli che non ha mai letto Gomorra di Saviano e ne faccio un vanto).
Gotham City (titolo geniale), sottotitolo Viaggio segreto nella Camorra dei bambini non ha nulla delle saghe gomorroidi che ancora occupano scaffali delle librerie e schermi tv. Basato su fatti realmente accaduti a Napoli negli anni recenti delle ultime faide di Camorra, il romanzo, muovendosi fra narrazione classica e atti giudiziari, mette in scena la feccia dell'umanità camorrista (in questo caso cinque giovincelli 'feroci come jihadisti e trendy come divi', come recita la quarta di copertina) senza esaltarla. Mai. Di Meo racconta l'ascesa del gruppo dei 'colombiani' a Forcella. Il modo in cui si sono impadroniti delle piazze di spaccio del Centro Storico napoletano supportati da un padrino che ne ha sostituito un altro muovendogli guerra. Racconta non tanto il vuoto di queste povere vite buttate fra sale giochi, spaccio, macchinone e soldi come gangsta in salsa mediterranea, quanto il pieno di un'indole votata al male che non affonda nessuna radice nel malessere sociale, nella disperazione, nella semplice voglia di rivalsa ma, come direbbe il buon Lombroso (sempre più sottovalutato dico io), in una predisposizione innata a fare il male che non può essere curata con niente.
Certo, Bisonte, Capauciello, Christian, Abdul, Lelluccio e O'Drogato non possono essere considerati dei benestanti di buona famiglia che si ritrovano nella libreria di casa Marcuse e Brecht e scientemente decidono di ignorarli. Tuttavia, anche dopo essersi conquistati soldi e fama e rispetto, a nessuno di loro viene in mente di cambiare vita. Al Bisonte l'unica cosa che lo fa stare bene (come un orgasmo) è “accirere a 'ggente”, lo stesso vale per gli altri. Esattamente come i feroci jihadisti, l'unico linguaggio che comprendono è lo squartamento del nemico, il ferro delle pistole, le torture, le sevizie, le gole tagliate. E questo, cari antropologi e sociologi e psicologi 'moderni' (visto che stiamo parlando di personaggi che prendono spunto da persone reali) non ha nulla a che vedere col 'sociale'. Di Meo ci sbatte in faccia questi mostri e ci fa capire che il male ce l'hanno dentro. E a nessuno sano di mente, nemmeno al pischello più idiota e incattivito, dopo aver letto questo libro, può venire in mente di emularli. Tanto fanno schifo.
Gotham City è una lettura consigliatissima, un viaggio in una Napoli che non avrei mai voluto leggere. La mia città d'adozione che ricordo in maniera diversa, amata come una seconda casa, e in quel modo voglio ricordarla (e quando ci torno cerco, a fatica, di non pensare a ciò che è). Però è una Napoli che va conosciuta, studiata, affrontata. Perché, come dice il capo della Squadra Mobile Di Falco alla fine del libro: “Facciamo quel che possiamo e non è poco. Per risolvere tutti i crimini di questa città ci vorrebbe Batman. Se sapete come fare, chiamatelo e ditegli di venire a darci una mano.”
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