RECENSIONI
Hansjörg Schneider
Il commissario Hunkeler e la mano d'oro
Casagrande, Pag. 219 Euro 16,50
Stavo per scrivere che questo è un noir molto 'locale' (non solo perché è svizzero, e in questa considerazione border line c'è tutta la mia considerazione per il popolo elvetico, ma perché francamente delle diatribe tra cantoni – e nel romanzo ce ne sono – non è che ci si possa entusiasmare, anche perché al contrario delle cicale, di quel problema, come direbbe la Parisi, non ci cale mica), finché non ho visto la 'marchetta' de Il venerdi di Repubblica sull'ultimo romanzo di Carofiglio e sul suo contenuto: escort, cocaina e scandali (ci mancano però Marrazzo e Berlusconi).
Posso io accusare l'autore svizzero di localismo quando ci si sbatte in faccia un collega che fa molto e di più (ma ha confessato nell'intervista, che segue la marchetta, che il libro lui l'aveva già scritto molto tempo prima dei noti avvenimenti)?
No, non posso farlo. Quindi la recensione deve prendere altri spunti: che possono essere quelli della tradizione gialla (o noir, vedete voi) degli svizzeri che tocca ovviamente Dürrenmatt e s'allarga a Glauser.
Il personaggio del commissario Hunkeler poi ricorda figure geograficamente vicine, a cominciare proprio dal prototipo in assoluto: il Maigret di Simenon (o forse lo ricorda ancora di più a noi italiani, segnati dalle fattezze corpulente, ma familiari, del grande Gino Cervi nei panni televisivi del famosissimo poliziotto). Col suo corpo ormai non più giovanissimo, un po' acciaccato e con problemi di schiena.
E proprio durante una cura termale nella località di Rheinfelden che il commissario Hunkeler si trova a sbrigare una matassa (nonostante si faccia di tutto per impedirglielo, un po' perché è fuori giurisidizione e un po' perché quella vacanza sembra un vero e proprio anticipo della messa in pensione) abbastanza ingarbugliata dove c'è un delitto avvenuto proprio nell'albergo dove risiede e che vede coinvolto un ricco gallerista, Roger Ris (la vittima) ed il suo compagno Kurt Rebsamen, subito arrestato perché ritenuto il colpevole e che poi morirà suicida, innocente, in prigione.
A questo si aggiungano una banda di trafficanti di arte, una comunità di giovani freaks, un gruppo di bisonti improvvisamente fuori dal controllo ed il chiotto procedere della vicenda.
Sì perché in questo ha perfettamente ragione il risvolto della copertina: Un romanzo poliziesco costruito a regola d'arte da uno scrittore che disdegna i colpi di scena e le descrizioni a effetto, e si affida invece a una lingua sobria e controllata, e proprio per questo tanto più efficace.
Credo che mai come in questo caso è il lettore che deve chiedersi cosa voglia da una storia gialla (perché parlare di noir in questo caso, secondo le ormai convenzionali categorie che fanno comodo anche a noi estensori, mi sembra eccessivo): qui si trovano ingredienti classici che hanno fatto la fortuna di un personaggio come Maigret. Certo, Schneider non è Simenon, e questo va detto per correttezza e completezza d'informazione, ma se cercate un commissario lontano dalle isterie contemporanee, allora Peter Hunkeler fa davvero al caso vostro.
di Alfredo Ronci
Posso io accusare l'autore svizzero di localismo quando ci si sbatte in faccia un collega che fa molto e di più (ma ha confessato nell'intervista, che segue la marchetta, che il libro lui l'aveva già scritto molto tempo prima dei noti avvenimenti)?
No, non posso farlo. Quindi la recensione deve prendere altri spunti: che possono essere quelli della tradizione gialla (o noir, vedete voi) degli svizzeri che tocca ovviamente Dürrenmatt e s'allarga a Glauser.
Il personaggio del commissario Hunkeler poi ricorda figure geograficamente vicine, a cominciare proprio dal prototipo in assoluto: il Maigret di Simenon (o forse lo ricorda ancora di più a noi italiani, segnati dalle fattezze corpulente, ma familiari, del grande Gino Cervi nei panni televisivi del famosissimo poliziotto). Col suo corpo ormai non più giovanissimo, un po' acciaccato e con problemi di schiena.
E proprio durante una cura termale nella località di Rheinfelden che il commissario Hunkeler si trova a sbrigare una matassa (nonostante si faccia di tutto per impedirglielo, un po' perché è fuori giurisidizione e un po' perché quella vacanza sembra un vero e proprio anticipo della messa in pensione) abbastanza ingarbugliata dove c'è un delitto avvenuto proprio nell'albergo dove risiede e che vede coinvolto un ricco gallerista, Roger Ris (la vittima) ed il suo compagno Kurt Rebsamen, subito arrestato perché ritenuto il colpevole e che poi morirà suicida, innocente, in prigione.
A questo si aggiungano una banda di trafficanti di arte, una comunità di giovani freaks, un gruppo di bisonti improvvisamente fuori dal controllo ed il chiotto procedere della vicenda.
Sì perché in questo ha perfettamente ragione il risvolto della copertina: Un romanzo poliziesco costruito a regola d'arte da uno scrittore che disdegna i colpi di scena e le descrizioni a effetto, e si affida invece a una lingua sobria e controllata, e proprio per questo tanto più efficace.
Credo che mai come in questo caso è il lettore che deve chiedersi cosa voglia da una storia gialla (perché parlare di noir in questo caso, secondo le ormai convenzionali categorie che fanno comodo anche a noi estensori, mi sembra eccessivo): qui si trovano ingredienti classici che hanno fatto la fortuna di un personaggio come Maigret. Certo, Schneider non è Simenon, e questo va detto per correttezza e completezza d'informazione, ma se cercate un commissario lontano dalle isterie contemporanee, allora Peter Hunkeler fa davvero al caso vostro.
di Alfredo Ronci
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