CLASSICI
Alfredo Ronci
Il concreto nichilismo di J. Rodolfo Wilcock: 'La sinagoga degli iconoclasti'.
La prima edizione di quest'opera risale al 1972. E sono principalmente due i motivi per leggerla: era il libro preferito di Roberto Bolaño e ha dato il nome ad una nostra rubrica (e non mi sembra una debole motivazione). Amico di Borges, Ocampo e Bioy Casares ( diceva di loro: Questi tre nomi e queste tre persone furono la costellazione e la trinità dalla cui gravitazione, in special modo, trassi quella leggera tendenza, che si può avvertire nella mia vita e nelle mie opere, a innalzarmi, sia pur modestamente, al di sopra del mio grigio, umano livello originario) Rodolfo Wilcock nel 1957 si trasferisce definitivamente in Italia, a Roma.
Alla domanda come mai si esprimesse narrativamente nella lingua italiana, rispondeva: Come scrittore europeo, ho scelto l'italiano per esprimermi perché è la lingua che più somiglia al latino (forse lo spagnolo è più somigliante, ma il pubblico di lingua spagnola è appena lo spettro di un fantasma.
Ed era una lingua tagliente, vetriolinica (di recente Adelphi ha pubblicato, e da noi prontamente recensito, Il reato di scrivere, piccola raccolta di scritti, apparsi in origine sul Mondo di Pannunzio, in cui svelava la ridicolaggine dell'ambiente letterario italiano), supportata da una verve nichilista che, come indicato nel titolo, aveva in sé invece la tendenza a 'concretizzarsi' per una riconsiderazione del mondo e dell'umanità.
Quest'ultima talmente bistrattata e canzonata ne La sinagoga degli iconoclasti da sembrare ad un passo dalla demenza. Infatti i trentasei 'esseri' che compongono l'opera ricordano molto, anche se con aspetti e rigorosità ridanciane diverse, i dotti saggisti del Vuoto assoluto di Stanislaw Lem (tra l'altro fonte indiscussa della nostra vecchia rubrica "De falsu creditu"), o l'improbabile intellettuale Eduardo Torre, creatura dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso, caso forse unico nella letteratura mondiale perché "nasce" nel 1978 ancor prima del libro di cui farà parte successivamente (Opere complete - 1992).
Personaggi che nella loro inattendibilità sono lo specchio nemmeno tanto deformato di una realtà impazzita (Wilcock è morto nel 1978, ci chiediamo cosa avrebbe potuto dire o scrivere dei giorni nostri).
Pensiamo a José Valdés y Prom che si è scoperto telepatico e riesce persino ad invalidare con le sue nefaste e 'mentali' influenze un congresso di scienziati e religiosi (Il fatto è che Valdés y Prom somigliava ormai troppo a un santo per non venire inconsciamente associato all'idea di bordello...) o all'utopista Aaron Rosenblum che nel 1940 pubblica un 'Back to Happiness', una sorta di piano per tornare al regno 'felice' di Elisabetta e di Shakespeare e che avrebbe richiesto tempo o pazienza, oltre alla collaborazione entusiasta della parte più influente dell'opinione pubblica. Adolf Hitler, è vero, sembrava disposto a facilitare alquanto il raggiungimento di alcuni tra i punti più impegnativi del progetto, soprattutto per quel che riguardava le eliminazioni....
Roger Babson è lo scienziato che vuole combattere la legge di gravità (era un uomo estremamente realistico e allo stesso tempo estremamente idealistico,combinazione che produce a volte interessnti risultati; per giunta pare che fosse estremamente ignorante). Klaus Nachtknecht ipotizzava la salutare influenza dei vulcani e quindi costruì una casa nelle vicinanze di uno di essi affidando i suoi beni da spiaggia a un amministratore inglese, quindi fidato, e quelli da scavo a un ingegnere cileno senza gambe, quindi più fidato ancora.
In questo carosello di nefandezze Wilcock non poteva non prendersela con la cultura o con quelle branchie del 'sapere' autoreferenziali e spesso inutili. L'affondo contro la filosofia è illuminante: Absalon Amet, orologiaio della Rochelle, inventa il 'Filosofo Universale' una macchina ingegnosa che produce un casuale accostamento di vocaboli che nell'uso corrente raramente vanno accostati, con susseguente deduzione del senso o dei sensi che eventualmente si possono ricavare dall'insieme.
Ce n'è per tutti. Boutade vetriolinica dedicata alla Francia (A. De Paniagua scommette sull'origine 'negra' dei francesi che appena si spostano geograficamente diventano 'bianchi'). Sulla deriva della narrativa (Yves De Lalande inventa un sistema di catena di montaggio della letteratura). Contro la facile mistificazione scientifica (Philip Baumberg inventa una 'pompa a cani' per trasportare materiale, soprattutto acqua, perché è scientificamente dimostrato che un cane bene educato, se lo si chiama, viene).
Insomma La sinagoga degli iconoclasti è uno straordinaria critica delle convenzioni e dei luoghi comuni, ma insistiamo: non vi è nulla di distruttivo nel j'accuse wilcockiano, semmai la speranza che in mezzo a tanta disperazione e demenza, ci sia il 'classico' lumicino di speranza in fondo ad una galleria buia (tanto per essere in tema di luoghi comuni).
L'edizione da noi considerata è:
J.Rodolfo Wilcock
La sinagoga degli iconoclasti
Adelphi, 1990
Alla domanda come mai si esprimesse narrativamente nella lingua italiana, rispondeva: Come scrittore europeo, ho scelto l'italiano per esprimermi perché è la lingua che più somiglia al latino (forse lo spagnolo è più somigliante, ma il pubblico di lingua spagnola è appena lo spettro di un fantasma.
Ed era una lingua tagliente, vetriolinica (di recente Adelphi ha pubblicato, e da noi prontamente recensito, Il reato di scrivere, piccola raccolta di scritti, apparsi in origine sul Mondo di Pannunzio, in cui svelava la ridicolaggine dell'ambiente letterario italiano), supportata da una verve nichilista che, come indicato nel titolo, aveva in sé invece la tendenza a 'concretizzarsi' per una riconsiderazione del mondo e dell'umanità.
Quest'ultima talmente bistrattata e canzonata ne La sinagoga degli iconoclasti da sembrare ad un passo dalla demenza. Infatti i trentasei 'esseri' che compongono l'opera ricordano molto, anche se con aspetti e rigorosità ridanciane diverse, i dotti saggisti del Vuoto assoluto di Stanislaw Lem (tra l'altro fonte indiscussa della nostra vecchia rubrica "De falsu creditu"), o l'improbabile intellettuale Eduardo Torre, creatura dello scrittore guatemalteco Augusto Monterroso, caso forse unico nella letteratura mondiale perché "nasce" nel 1978 ancor prima del libro di cui farà parte successivamente (Opere complete - 1992).
Personaggi che nella loro inattendibilità sono lo specchio nemmeno tanto deformato di una realtà impazzita (Wilcock è morto nel 1978, ci chiediamo cosa avrebbe potuto dire o scrivere dei giorni nostri).
Pensiamo a José Valdés y Prom che si è scoperto telepatico e riesce persino ad invalidare con le sue nefaste e 'mentali' influenze un congresso di scienziati e religiosi (Il fatto è che Valdés y Prom somigliava ormai troppo a un santo per non venire inconsciamente associato all'idea di bordello...) o all'utopista Aaron Rosenblum che nel 1940 pubblica un 'Back to Happiness', una sorta di piano per tornare al regno 'felice' di Elisabetta e di Shakespeare e che avrebbe richiesto tempo o pazienza, oltre alla collaborazione entusiasta della parte più influente dell'opinione pubblica. Adolf Hitler, è vero, sembrava disposto a facilitare alquanto il raggiungimento di alcuni tra i punti più impegnativi del progetto, soprattutto per quel che riguardava le eliminazioni....
Roger Babson è lo scienziato che vuole combattere la legge di gravità (era un uomo estremamente realistico e allo stesso tempo estremamente idealistico,combinazione che produce a volte interessnti risultati; per giunta pare che fosse estremamente ignorante). Klaus Nachtknecht ipotizzava la salutare influenza dei vulcani e quindi costruì una casa nelle vicinanze di uno di essi affidando i suoi beni da spiaggia a un amministratore inglese, quindi fidato, e quelli da scavo a un ingegnere cileno senza gambe, quindi più fidato ancora.
In questo carosello di nefandezze Wilcock non poteva non prendersela con la cultura o con quelle branchie del 'sapere' autoreferenziali e spesso inutili. L'affondo contro la filosofia è illuminante: Absalon Amet, orologiaio della Rochelle, inventa il 'Filosofo Universale' una macchina ingegnosa che produce un casuale accostamento di vocaboli che nell'uso corrente raramente vanno accostati, con susseguente deduzione del senso o dei sensi che eventualmente si possono ricavare dall'insieme.
Ce n'è per tutti. Boutade vetriolinica dedicata alla Francia (A. De Paniagua scommette sull'origine 'negra' dei francesi che appena si spostano geograficamente diventano 'bianchi'). Sulla deriva della narrativa (Yves De Lalande inventa un sistema di catena di montaggio della letteratura). Contro la facile mistificazione scientifica (Philip Baumberg inventa una 'pompa a cani' per trasportare materiale, soprattutto acqua, perché è scientificamente dimostrato che un cane bene educato, se lo si chiama, viene).
Insomma La sinagoga degli iconoclasti è uno straordinaria critica delle convenzioni e dei luoghi comuni, ma insistiamo: non vi è nulla di distruttivo nel j'accuse wilcockiano, semmai la speranza che in mezzo a tanta disperazione e demenza, ci sia il 'classico' lumicino di speranza in fondo ad una galleria buia (tanto per essere in tema di luoghi comuni).
L'edizione da noi considerata è:
J.Rodolfo Wilcock
La sinagoga degli iconoclasti
Adelphi, 1990
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