CLASSICI
Alfredo Ronci
Il dopoguerra falsamente frizzante di Arbasino: 'Le piccole vacanze'.

Quasi paradossale che un libro pensato per scavalcare il ricordo della guerra e proporre una letteratura lontana dal neorealismo, cominci così: Quando i bombardamenti sono finiti davanti alle prime foglie finiva anche l'inverno e noi non avevamo più nessuna voglia di tornare in città anche se le scuole non erano finite.
In realtà vi era l'assoluta intenzione di cesura: Piccole vacanze uscito nel 1957 - anche se i racconti che compongono l'opera, secondo la testimonianza dello stesso Arbasino, furono scritti tra l'estate del '54 e quella del '55 – aveva già avuto anticipazioni a riguardo, pensiamo all'opera prima di Parise Il ragazzo morto e le comete e al più famoso Il prete bello, che tentavano di scrollarsi di dosso la tradizione neorealista.
Dunque vi è nello scrittore di Voghera la necessità di guardare oltre e non solo: vi è l'urgenza di offrire uno stile letterario speculare, una sorta di contraltare alla mestizia quotidiana della scrittura e del dopoguerra. Diceva a riguardo Arbasino: ... Aprirsi in tutte le direzioni, spalancarsi a ogni possibilità proliferando selvaggiamente, procedendo per accumulo, disporsi a tutti i significati probabili, senza chiudersi nessuna strada, inglobando i materiali più eterogenei... il journal, il bloc-notes, i quaderni, le cartoline, i pacchetti di di sigarette con dietro segnato un appunto... divorando quintali di madeleines (da Fratelli d'Italia).
I sette racconti che compongono Piccole vacanze (pare evidentissimo il significato da dare a 'piccole', nel senso di appena accennate, per tempo ed opportunità, dopo il disastro della guerra e il futuro pieno di insidie e frustrazioni e pene) proprio perché pongono in essere una ridistribuzione del tempo e dello spazio, si collocano quasi sempre nella stagione calda (pensiamo all'iniziale 'Distesa estate', pensiamo a 'Luglio, Cannes' o a 'Agosto, Forte dei Marmi'). Sembrerebbe una scelta essenziale, ma Arbasino sa che anche se spesso irrepetibile, la bella stagione è solo una dimensione dello spirito. Sì è vero, tra le righe di quest'opera prima vi è la consapevolezza del boom economico, dei progressi della società, appaiono le prime automobili di lusso e le prime occasioni di socializzazione 'borghese', ma insieme a tutto questo vi è già lo smascheramento dell'illusorio e se vogliamo pure del futile. Potremmo dire il primo tentativo di descrivere una letteratura del benessere senza che questo sia in realtà l'elemento vincente?
Arbasino riscrisse più volte Piccole vacanze, un po' per aggiustare il tiro, un po' perché rientrava nella sua consuetudine (pensiamo alle tre ri-proposte di Fratelli d'Italia), un po' perché diventando prassi consolidata assumeva la forma di una – come è stata chiamata da qualcuno – vera e propria manutenzione del passato. Passato che all'apparenza foriero di lustrini e speranze moltiplicate esponenzialmente, nella realtà scrutava il fondo nero dell'esistenza.
Le storie di Piccole vacanze sono per lo più autobiografiche (anche se nelle intenzioni di Arbasino avvertiamo la sensazione di una tenuta a distanza dei fatti. Aggiungiamo una malizia: perché il racconto omosessuale 'Giorgio contro Luciano' si differenzia nella struttura e sembra quasi estraneo al resto, un po' figlioccio nato male e settimino?): le incertezze nello studio dell'autore – prima la facoltà di medicina, l'amore per Elena ('Povere mete'), poi la facoltà di legge e i primi lavori negli studi di avvocati ('I blue jeans non si addicono al signor Prurock') – gli inizi a Milano e poi la fuga a Roma, e le frequentazioni amichevoli e i 'piccoli' viaggi ('Luglio, Cannes' e 'Agosto, Forte dei Marmi').
La struttura iniziale de Le piccole vacanze, al di là della riscrittura dell'autore, non si presentava così. Quando Arbasino consegnò l'opera nelle mani di Calvino questa comprendeva assai più racconti, compreso L'anonimo lombardo, che successivamente fece numero a sé. Ma le parole dell'allora 'editor' di Einaudi lo convinsero diversamente: Lo so che a un giovane autore piange il cuore per ogni esclusione, ma il libro d'esordio deve essere breve, sennò non lo leggono e non lo recensiscono...
Fu recensito e bene, tanto che Arbasino, nella postfazione alla presente edizione aggiunge: Ma se ora si ricorda che queste 'Piccole' uscirono nel '57 a un mese dal 'Pasticciaccio' di Gadda, e nel '63 'Fratelli d'Italia' a un mese dalla 'Cognizione del dolore', si potrebbe magari dire "che stagioni"?.
Direi proprio di sì: che stagioni!
L'edizione da noi considerata è:
Alberto Arbasino
Le piccole vacanze
Gli Adelphi - 2007
In realtà vi era l'assoluta intenzione di cesura: Piccole vacanze uscito nel 1957 - anche se i racconti che compongono l'opera, secondo la testimonianza dello stesso Arbasino, furono scritti tra l'estate del '54 e quella del '55 – aveva già avuto anticipazioni a riguardo, pensiamo all'opera prima di Parise Il ragazzo morto e le comete e al più famoso Il prete bello, che tentavano di scrollarsi di dosso la tradizione neorealista.
Dunque vi è nello scrittore di Voghera la necessità di guardare oltre e non solo: vi è l'urgenza di offrire uno stile letterario speculare, una sorta di contraltare alla mestizia quotidiana della scrittura e del dopoguerra. Diceva a riguardo Arbasino: ... Aprirsi in tutte le direzioni, spalancarsi a ogni possibilità proliferando selvaggiamente, procedendo per accumulo, disporsi a tutti i significati probabili, senza chiudersi nessuna strada, inglobando i materiali più eterogenei... il journal, il bloc-notes, i quaderni, le cartoline, i pacchetti di di sigarette con dietro segnato un appunto... divorando quintali di madeleines (da Fratelli d'Italia).
I sette racconti che compongono Piccole vacanze (pare evidentissimo il significato da dare a 'piccole', nel senso di appena accennate, per tempo ed opportunità, dopo il disastro della guerra e il futuro pieno di insidie e frustrazioni e pene) proprio perché pongono in essere una ridistribuzione del tempo e dello spazio, si collocano quasi sempre nella stagione calda (pensiamo all'iniziale 'Distesa estate', pensiamo a 'Luglio, Cannes' o a 'Agosto, Forte dei Marmi'). Sembrerebbe una scelta essenziale, ma Arbasino sa che anche se spesso irrepetibile, la bella stagione è solo una dimensione dello spirito. Sì è vero, tra le righe di quest'opera prima vi è la consapevolezza del boom economico, dei progressi della società, appaiono le prime automobili di lusso e le prime occasioni di socializzazione 'borghese', ma insieme a tutto questo vi è già lo smascheramento dell'illusorio e se vogliamo pure del futile. Potremmo dire il primo tentativo di descrivere una letteratura del benessere senza che questo sia in realtà l'elemento vincente?
Arbasino riscrisse più volte Piccole vacanze, un po' per aggiustare il tiro, un po' perché rientrava nella sua consuetudine (pensiamo alle tre ri-proposte di Fratelli d'Italia), un po' perché diventando prassi consolidata assumeva la forma di una – come è stata chiamata da qualcuno – vera e propria manutenzione del passato. Passato che all'apparenza foriero di lustrini e speranze moltiplicate esponenzialmente, nella realtà scrutava il fondo nero dell'esistenza.
Le storie di Piccole vacanze sono per lo più autobiografiche (anche se nelle intenzioni di Arbasino avvertiamo la sensazione di una tenuta a distanza dei fatti. Aggiungiamo una malizia: perché il racconto omosessuale 'Giorgio contro Luciano' si differenzia nella struttura e sembra quasi estraneo al resto, un po' figlioccio nato male e settimino?): le incertezze nello studio dell'autore – prima la facoltà di medicina, l'amore per Elena ('Povere mete'), poi la facoltà di legge e i primi lavori negli studi di avvocati ('I blue jeans non si addicono al signor Prurock') – gli inizi a Milano e poi la fuga a Roma, e le frequentazioni amichevoli e i 'piccoli' viaggi ('Luglio, Cannes' e 'Agosto, Forte dei Marmi').
La struttura iniziale de Le piccole vacanze, al di là della riscrittura dell'autore, non si presentava così. Quando Arbasino consegnò l'opera nelle mani di Calvino questa comprendeva assai più racconti, compreso L'anonimo lombardo, che successivamente fece numero a sé. Ma le parole dell'allora 'editor' di Einaudi lo convinsero diversamente: Lo so che a un giovane autore piange il cuore per ogni esclusione, ma il libro d'esordio deve essere breve, sennò non lo leggono e non lo recensiscono...
Fu recensito e bene, tanto che Arbasino, nella postfazione alla presente edizione aggiunge: Ma se ora si ricorda che queste 'Piccole' uscirono nel '57 a un mese dal 'Pasticciaccio' di Gadda, e nel '63 'Fratelli d'Italia' a un mese dalla 'Cognizione del dolore', si potrebbe magari dire "che stagioni"?.
Direi proprio di sì: che stagioni!
L'edizione da noi considerata è:
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