RECENSIONI
Simone Caltabellota
Il giardino elettrico
Bompiani, Pag. 148 Euro 14,50
				In alto gli angeli arrotolano il cielo e lo portano via.
E' qui forse che si racchiude tutto il senso di questo straordinario romanzo, fatto di un tessuto impalpabile e onirico, di una frammentazione narrativa incapace di essere esasperata da giudizi affrettati o legati ad una sola lettura.
Un libro entropico quasi, in cui il caos porta ordine, dove la pallina delle vicende umane rimbalza senza sosta lasciando fermare il lettore per un attimo con le mani sopra le ginocchia, piegato dal fiatone, ma incapace di distogliere lo sguardo dall'ultima direzione presa dalla Storia.
C'è un placido crescendo che si estende, come cerchi concentrici, in ogni direzione in un lago di eterea quotidianità chiamato Roma.
I sei protagonisti si muovono, annaspano, nuotano e quasi affogano (solo per riemergere e respirare meglio) dalla città che li inghiotte, li accoglie, li prova. In ogni pagina c'è un luogo, un senso di marcia, di bivio che regala inaspettati tuffi nel ricordo e nei ricordi di ognuno di noi. In ogni pagina c'è un riconoscersi nell'estraneità dei personaggi, dello scrittore, della fiction in sé. Ci si riconosce nella città che non appartiene ma sovverte, plasma il corpo del passato che si rifiuta di essere presente per ambire al futuro. «Tutto è già stato. Tutto deve accadere».
Ma se Roma e l'Amor che muove è la bolla in cui concentrare l'esistenza prima che il pensiero di una sua esplosione possa far finire tutto, chi sono i volti delle sue parole?
Due ragazzi. Due ragazze. Due personaggi silenziosi. Sei. Un numero emblematico. Il doppio del tre. Un numero spirituale, alchemico, vagamente esoterico. Iniziatico.
Sei personaggi in tutto. Tutti alla ricerca. Tutti incrociati come formiche sul fondo di un cesto di vimini, che prima o poi si incontrano, si vedono da lontano e magari per un attimo si condividono.
Quattro personaggi di carne e sangue e realtà e due di spirito, carne e sangue avuti.
Sei storie destinate a rincorrersi nei vicoli, nella reminiscenza, nei piccoli gesti che potevano essere ma non sono stati.
Tutto si confonde, si oscura per chiarirsi in questa Storia, che diventa l'unica protagonista principale, l'unica voce autorevole capace di raccontare l'incompiutezza dell'indecisione o un atto di libertà.
In alto gli angeli arrotolano il cielo e lo portano via. E sotto cosa resta? Il giardino elettrico. Elettrico del blu del velluto che sa caricarsi e scaricarsi sulla pelle. Elettrico del movimento automatico dei protagonisti che poi diventa immobilità o alternanza. Elettrico di un'iniziazione che scorre in ogni dove, di una spiritualità talmente forte e visibile da restare nascosta.
Sotto resta l'umana gente, gli spiriti assorti e le strade da percorrere. Insieme. Forse.
di Alex Pietrogiacomi
		
	E' qui forse che si racchiude tutto il senso di questo straordinario romanzo, fatto di un tessuto impalpabile e onirico, di una frammentazione narrativa incapace di essere esasperata da giudizi affrettati o legati ad una sola lettura.
Un libro entropico quasi, in cui il caos porta ordine, dove la pallina delle vicende umane rimbalza senza sosta lasciando fermare il lettore per un attimo con le mani sopra le ginocchia, piegato dal fiatone, ma incapace di distogliere lo sguardo dall'ultima direzione presa dalla Storia.
C'è un placido crescendo che si estende, come cerchi concentrici, in ogni direzione in un lago di eterea quotidianità chiamato Roma.
I sei protagonisti si muovono, annaspano, nuotano e quasi affogano (solo per riemergere e respirare meglio) dalla città che li inghiotte, li accoglie, li prova. In ogni pagina c'è un luogo, un senso di marcia, di bivio che regala inaspettati tuffi nel ricordo e nei ricordi di ognuno di noi. In ogni pagina c'è un riconoscersi nell'estraneità dei personaggi, dello scrittore, della fiction in sé. Ci si riconosce nella città che non appartiene ma sovverte, plasma il corpo del passato che si rifiuta di essere presente per ambire al futuro. «Tutto è già stato. Tutto deve accadere».
Ma se Roma e l'Amor che muove è la bolla in cui concentrare l'esistenza prima che il pensiero di una sua esplosione possa far finire tutto, chi sono i volti delle sue parole?
Due ragazzi. Due ragazze. Due personaggi silenziosi. Sei. Un numero emblematico. Il doppio del tre. Un numero spirituale, alchemico, vagamente esoterico. Iniziatico.
Sei personaggi in tutto. Tutti alla ricerca. Tutti incrociati come formiche sul fondo di un cesto di vimini, che prima o poi si incontrano, si vedono da lontano e magari per un attimo si condividono.
Quattro personaggi di carne e sangue e realtà e due di spirito, carne e sangue avuti.
Sei storie destinate a rincorrersi nei vicoli, nella reminiscenza, nei piccoli gesti che potevano essere ma non sono stati.
Tutto si confonde, si oscura per chiarirsi in questa Storia, che diventa l'unica protagonista principale, l'unica voce autorevole capace di raccontare l'incompiutezza dell'indecisione o un atto di libertà.
In alto gli angeli arrotolano il cielo e lo portano via. E sotto cosa resta? Il giardino elettrico. Elettrico del blu del velluto che sa caricarsi e scaricarsi sulla pelle. Elettrico del movimento automatico dei protagonisti che poi diventa immobilità o alternanza. Elettrico di un'iniziazione che scorre in ogni dove, di una spiritualità talmente forte e visibile da restare nascosta.
Sotto resta l'umana gente, gli spiriti assorti e le strade da percorrere. Insieme. Forse.
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