RECENSIONI
Lafcadio Hearn
Il mio primo giorno in Giappone.
Microgrammi Adelphi, Ottavio Fatica, Pag. 75 Euro 5.00
Lafcadio Hearn, per me, è un personaggio quasi mitologico. Lo conobbi (in termini letterari ovviamente) nel lontano 1993, quindi ben ventinove anni fa. Usciva un piccolo libro, per le edizioni Theoria, dal titolo, per me sempre accattivante, Tre casi raccapriccianti e un’autopsia.
Si trattava, in sostanza, di casi abbastanza sanguinolenti, e delle descrizioni che lo stesso Hearn faceva e della reazione della gente. Al di là dei singoli episodi, il contesto non era nemmeno tanto desueto.
Hearn era di povera famiglia, ma iniziò a mandare degli scritti all’Enquirer, uno dei principali quotidiani di Cincinnati. Fu ben presto agganciato, e da quel momento cominciò a dedicarsi alla cronaca nera ottenendo in seguito la notorietà con Una cremazione violenta.
Cosa ti fa invece Adelphi? Sì certo, lo qualifica come scrittore di noir (limitiamoci a definirlo così), ma poi, dopo un viaggio in Giappone, ci dice che Hearn resta affascinato dal posto e dalla gente, per rimanerci sino alla sua morte.
Dunque, cos’è il Giappone per Hearn? Prima di tutto… Il primo incanto del Giappone è impalpabile e volatile come un profumo. Poi, insistendo su descrizioni poetiche, arriva a decifrare con una certa nettezza, il popolo intero. Così lo tratteggia: Tutto ha un che di elfico; perché ogni cosa, come ogni persona, è piccola, è strana, e misteriosa: le casette sotto i loro tetti azzurri, le facciate delle bottegucce ornate d’azzurro, le figurine sorridenti nei loro abiti azzurri. L’illusione è rotta solo dal passaggio occasionale di un alto forestiero e da talune insegne con annunci che riportano assurdi tentativi di scrivere in inglese.
E questa sensazione elfica rimarrà per tutto il libro. Anche quando sfiorerà il problema religioso, chiedendo ad un giapponese dove si può trovate l’immagine di Buddha. Lo sconcerto rimarrà profondamente scolpito quando scoprirà che in un tempio nemmeno tanto grande, ma difficilmente raggiungibile, l’unica traccia di Buddha è un vecchio specchio dove potersi riflettere.
Come ho detto, Hearn rimarrà talmente preso dal Giappone che finirà i suoi giorni fra gli affascinanti elfi d’oriente.
di Eleonora del Poggio
Si trattava, in sostanza, di casi abbastanza sanguinolenti, e delle descrizioni che lo stesso Hearn faceva e della reazione della gente. Al di là dei singoli episodi, il contesto non era nemmeno tanto desueto.
Hearn era di povera famiglia, ma iniziò a mandare degli scritti all’Enquirer, uno dei principali quotidiani di Cincinnati. Fu ben presto agganciato, e da quel momento cominciò a dedicarsi alla cronaca nera ottenendo in seguito la notorietà con Una cremazione violenta.
Cosa ti fa invece Adelphi? Sì certo, lo qualifica come scrittore di noir (limitiamoci a definirlo così), ma poi, dopo un viaggio in Giappone, ci dice che Hearn resta affascinato dal posto e dalla gente, per rimanerci sino alla sua morte.
Dunque, cos’è il Giappone per Hearn? Prima di tutto… Il primo incanto del Giappone è impalpabile e volatile come un profumo. Poi, insistendo su descrizioni poetiche, arriva a decifrare con una certa nettezza, il popolo intero. Così lo tratteggia: Tutto ha un che di elfico; perché ogni cosa, come ogni persona, è piccola, è strana, e misteriosa: le casette sotto i loro tetti azzurri, le facciate delle bottegucce ornate d’azzurro, le figurine sorridenti nei loro abiti azzurri. L’illusione è rotta solo dal passaggio occasionale di un alto forestiero e da talune insegne con annunci che riportano assurdi tentativi di scrivere in inglese.
E questa sensazione elfica rimarrà per tutto il libro. Anche quando sfiorerà il problema religioso, chiedendo ad un giapponese dove si può trovate l’immagine di Buddha. Lo sconcerto rimarrà profondamente scolpito quando scoprirà che in un tempio nemmeno tanto grande, ma difficilmente raggiungibile, l’unica traccia di Buddha è un vecchio specchio dove potersi riflettere.
Come ho detto, Hearn rimarrà talmente preso dal Giappone che finirà i suoi giorni fra gli affascinanti elfi d’oriente.
di Eleonora del Poggio
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