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CLASSICI

Alfredo Ronci

Il nostro recente passato raccontato da Leonardo Sciascia: 'Le parrocchie di Regalpetra'.

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Scriveva lo stesso Sciascia a proposito del libro: Regalpetra, si capisce, non esiste: ogni riferimento a fatti accaduti e a persone esistenti è puramente casuale. Esistono in Sicilia, tanti paesi che a Regalpetra somigliano; ma Regalpetra non esiste. Esistono a Racalmuto, un paese che nella mia immaginazione confina con Regalpetra, i salinari; in tutta la Sicilia ci sono braccianti che campano 365 giorni, un lungo anno di pioggia e sole, con 60.000 lire; ci sono bambini che vanno a servizio, vecchi che muoiono di fame, persone che lasciano come unico segno del loro passaggio sulla terra – diceva Brancati – un'affossatura nella poltrona di un circolo. La Sicilia è ancora una terra amara.

E nell'immaginare un paese che non c'è (ma esiste) Sciascia racconta la sua 'storia' che non appartiene solo alla Sicilia, ma all'Italia intera, anche se nelle specificità delle dinamiche isolane.

Racconta cosa fu la dittatura (Questa è la dittatura: velenoso sospetto, trama di umani tradimenti ed inganni) e i cosiddetti galantuomini, sodali del regime più reazionario (a pensarci bene era il fascismo vero, non volevano avventure, una manganellata allo zolfataro che alzava la testa, al contadino; l'agricoltura protetta in modo da consentire una rendita buona al proprietario che se ne stava al circolo da capodanno a San Silvestro.)

Ci parla del dopo, che come ormai ognuno sa, e come spesso avviene nelle 'rivoluzioni' violente, porta con sé un inevitabile legame col sistema precedente. In una elezione in cui si vuole 'colpire' la DC fecero blocco per le nuove elezioni amministrative fascisti del Msi e fascisti indipendenti, socialisti comunisti e indipendenti di sinistra: faceva un bel vedere l'ex seniore della milizia a capolista di una compagine così paradossalmente assortita, ma nei paesi nostri se ne vedono di tutti i colori, nemmeno quelli che passano per intellettuali ci fanno caso (non credete che sia superfluo aggiungere che una prassi del genere è ormai consolidata, anche dopo 50 anni, e in una finta prospettiva di crisi delle ideologie?).

Sciascia ci parla anche del conservatorismo più becero che ha alimentato nel nostro paese una continua e strisciante restaurazione. E degli uomini che credono di porsi parallelamente alla Storia, che credono al progresso e alla necessità che alle donne siano riconosciuti gli stessi diritti, ci dice che Vanno ogni domenica a messa ma non amano i preti, dicono dei preti cose di fuoco; ma se viene il vescovo la cosa cambia, per ascoltarlo si mettono nelle prime file in chiesa, lo invitano al circolo, gli baciano la mano: ogni volta che viene il vescovo bruciano di fede come torce al vento.

Quello dello scrittore siciliano è un impietoso ritratto di un paese mai cresciuto, passato da una dittatura insopportabile ad una sorta di nuovo regime più liberale, ma ingabbiato in una mentalità clerico-fascista: I giovani migliori della Dc sono quelli che provengono dall'Azione Cattolica, se aspirano ad un posto sanno almeno fingere di aver fede.

Ma a Sciascia importa soprattutto una rappresentazione onesta e sentita del dolore, dell'esistenza stentata e drammatica dell'italiano comune (anche se nella specificità siciliana) nei difficili anni cinquanta. Rappresentazione dei vecchi, che pur nella miseria più nera si privano di tutto pur dimettere da parte qualche migliaio di lire per il carro funebre e la tomba decente, hanno l'incubo di quel carro con la scritta 'servizio comunale'. Dei salinari: La vecchiaia dei salinari è tutta «dolore di ossa», come loro dicono; questi dolori li chiamano anche 'romantici', vogliono dire reumatici, è una parola che mi porta surreali considerazioni, immagino i dolori romantici di cui la provincia è ricca, i romantici che stanno tra Werther e il festival di Sanremo, acciaccati dal dolore d'ossa dei salinari.

E soprattutto dei ragazzi. Sciascia insegnò per molti anni nelle elementari entrando in una sorta di inferno dantesco dove la miseria e il dramma erano elementi imprescindibili del vivere e dove il miraggio di una sopravvivenza al limite della decenza era nel sognare di fare il carabiniere, quando io andavo alle elementari tutti dicevano di voler fare, da grandi, il carabiniere; ora credono forse sia meglio stare dalla parte dei ladri, vivono nella leggenda di Giuliano, se l'hanno preso è stato col tradimento, dicono. Nella consapevolezza, proprio perché insegnante, che la scuola era già vecchia ed arretrata per poter affrontare il dramma di una condizione al limite del sostentamento: sicché so che i ragazzi vogliono cose che conoscono, di cui partecipano, e tutti i libri che corrono per le scuole sono sbagliati, se ne infischiano i ragazzi di Stellinadoro e del fiore che nacque dal bacio della Madonna e dei rondinini che chiamano mamma dentro il nido.

Questo libro inizialmente era formato solo dalle 'cronache scolastiche', ma fu grazie all'interessamento di Vito Laterza, dopo la pubblicazione nel febbraio del 1955 delle stesse su Nuovi Argomenti, che si decise di farne un libro 'vero e proprio', un resoconto sulla vita di un paese siciliano.

Ecco dunque nascere Le parrocchie di Regalpetra, opera nella quale si rilevano già tutti i contenuti dei futuri libri di Sciascia. Lo stesso autore, nella prefazione all'edizione del 1967, scriveva: Tutti i miei libri in effetti ne fanno uno. Un libro sulla Sicilia che tocca i punti dolenti del passato e del presente e che viene ad articolarsi come la storia di una continua sconfitta della ragione e di coloro che nella sconfitta furono personalmente travolti ed annientati.

Libro, per una volta tanto d'accordo col risvolto di copertina, in cui la perfetta naturalezza e l'equilibrio degli elementi formano un insieme che rimane memorabile. Ora e negli anni a venire.



L'edizione da noi considerata è:



Leonardo Sciascia

Le parrocchie di Regalpetra

Adelphi – gennaio 2003







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