RECENSIONI
Seicho Matsumoto
Il passo di Amagi
Adelphi, microgrammi, Traduzione di Gala Maria Follaco, Pag. 66 Euro 5,00
Scrive Matsumoto Seicho ad inizio racconto: “Avevo diciannove anni, portavo il berretto dell’uniforme della scuola superiore, un kimono blu a motivi bianchi, gli hakama e la borsa della scuola in spalla. Il mio viaggio solitario per Izu era cominciato quattro giorni prima. Dopo aver trascorso una notte alle terme di Shuzenji e due a Yugashima, mi inerpicavo sul monte Amagi con i miei alti geta in legno di magnolia”. Così recita La danzatrice di Izu di Kawabata Yasunari, il famoso racconto che pare sia stato scritto proprio nel 1926, l’anno in cui io stesso attraversai il passo.”
Ora per comprendere dove vorrei andare a parare leggete cosa scrive l’editore Adelphi nella terza di copertina: “ A Matsumoto non serve altro per orchestrare, nel giro di poche pagine, una delle sue indagini impossibili, un piccolo gioiello di ambiguità che è anche un omaggio in forma di variazione a uno dei grandi capolavori della letteratura giapponese: La danzatrice di Izu di Kawabata”.
Ora, ben venga che il pubblico italiano conosca degnamente uno scrittore come Matsumoto (in Giappone, per la mole di scritti che ha partorito, lo si è chiamato il Georges Simenon della letteratura orientale), ben venga che una casa editrice di classe accosti due grandi (uno più dell’altro in verità) della narrativa nipponica… però quando poi la realtà ti dice che il confronto non vale la candela…
Allora. Il passo di Amagi contiene sì un riferimento a La danzatrice di Izu ma solo come impostazione della vicenda, perché poi il racconto di Kawabata si inerpica su sentieri letterari che, per quanto un lettore possa avere rispetto per il giallo classico, il racconto di Matsumoto non contiene.
La storia del giallista nipponico è sì una storia efficace e riuscita, ma rimane comunque (qua non si fanno distinzioni di merito, ma solo d’impostazioni) sempre una vicenda costruita con degli agganci di mestiere.
Se proprio dovessimo creare un aggancio con un'altra storia classica gialla, noi citeremmo l’agatachristiano L’assassinio di Roger Ackroyd.
Ed è tutto. Provare per credere.
di Eleonora del Poggio
Ora per comprendere dove vorrei andare a parare leggete cosa scrive l’editore Adelphi nella terza di copertina: “ A Matsumoto non serve altro per orchestrare, nel giro di poche pagine, una delle sue indagini impossibili, un piccolo gioiello di ambiguità che è anche un omaggio in forma di variazione a uno dei grandi capolavori della letteratura giapponese: La danzatrice di Izu di Kawabata”.
Ora, ben venga che il pubblico italiano conosca degnamente uno scrittore come Matsumoto (in Giappone, per la mole di scritti che ha partorito, lo si è chiamato il Georges Simenon della letteratura orientale), ben venga che una casa editrice di classe accosti due grandi (uno più dell’altro in verità) della narrativa nipponica… però quando poi la realtà ti dice che il confronto non vale la candela…
Allora. Il passo di Amagi contiene sì un riferimento a La danzatrice di Izu ma solo come impostazione della vicenda, perché poi il racconto di Kawabata si inerpica su sentieri letterari che, per quanto un lettore possa avere rispetto per il giallo classico, il racconto di Matsumoto non contiene.
La storia del giallista nipponico è sì una storia efficace e riuscita, ma rimane comunque (qua non si fanno distinzioni di merito, ma solo d’impostazioni) sempre una vicenda costruita con degli agganci di mestiere.
Se proprio dovessimo creare un aggancio con un'altra storia classica gialla, noi citeremmo l’agatachristiano L’assassinio di Roger Ackroyd.
Ed è tutto. Provare per credere.
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