RECENSIONI
Davy Rothbart
Il surfista solitario del Montana
Coniglio Editore, Pag. 156 Euro 13,00
				E' una raccolta di racconti che fa viaggiare sulle note speranzose di un pianoforte a volte sgangherato ed altre dolcissimo che intervalla percorsi limitrofi, periferici, secondari, assetati di polvere... di quella polvere che alcune volte è l'unico sostentamento per corpi fiaccati dal dolore, dall'amore e dal rimpianto.
Ogni pagina regala un sogno. Attenzione però! Qui i sogni non vengono vissuti, non vengono bramati, solo osservati. Distanti da ogni comprensione, i sogni si fondono con la concretezza dell'asfalto, della terra arsa, dei vicoli e delle tavole di legno incrostate di birra, saliva e sudore di un'America che ha perso le stelle e mostra solo le strisce.
Il sogno smette di essere pura estasi onirica e cade tra le braccia del sole, bruciandosi e prendendo forma di speranza umana, muovendo i propri passi in scenari discreti, piccoli, marginali in cui si muovono esistenze "pratiche", più che normali e qui c'è tutta la magia della penna di Rothbart e nell'ironia che segna ogni frase vibrando sull'epidermide di cellulosa e contagiando quella carnosa delle dita.
Il paragone con Kerouac esce facile, ma quello che accomuna i due non sono i personaggi ma piuttosto l'energia, la freschezza e l'innaturale voglia di far nascere storie dall'oscurità degli Stati Uniti.
I personaggi bucano lo schermo della pagina con il loro personale stile narrativo, con la loro passione per la vita vomitata dietro le parole, dietro le immagini che hanno nella loro testa. Riusciamo a vederli, rinchiusi nella loro cella mentre si disperano per la figlia lontana, sulla macchina nel deserto mentre l'amore fugge via oppure a rincorrerlo nella voce di una sconosciuta su una cassetta.
Sono lì. Ci guardano mentre si lasciano guardare, come in posa, come in una fila per l'identificazione delle mille sfaccettature dei nostri pensieri che spesso lasciamo cadere sui marciapiedi attraversati velocemente. Troppo velocemente.
Si divorano questi racconti, con la voracità di chi cerca la disperazione lontana dei sobborghi, delle terre di confine, delle interstatali, delle prigioni per allontanarsi dalla disperazione della grande massa di uomini che abita le metropoli moderne.
Si divorano con il magone, con il sorriso, con rinnovato amore tutte le paginestorieraccontipersonaggi di Rothbart e ad ogni fine c'è la voglia di ricominciare.
La stessa identica voglia di questa America inedita.
di Alex Pietrogiacomi
		
	Ogni pagina regala un sogno. Attenzione però! Qui i sogni non vengono vissuti, non vengono bramati, solo osservati. Distanti da ogni comprensione, i sogni si fondono con la concretezza dell'asfalto, della terra arsa, dei vicoli e delle tavole di legno incrostate di birra, saliva e sudore di un'America che ha perso le stelle e mostra solo le strisce.
Il sogno smette di essere pura estasi onirica e cade tra le braccia del sole, bruciandosi e prendendo forma di speranza umana, muovendo i propri passi in scenari discreti, piccoli, marginali in cui si muovono esistenze "pratiche", più che normali e qui c'è tutta la magia della penna di Rothbart e nell'ironia che segna ogni frase vibrando sull'epidermide di cellulosa e contagiando quella carnosa delle dita.
Il paragone con Kerouac esce facile, ma quello che accomuna i due non sono i personaggi ma piuttosto l'energia, la freschezza e l'innaturale voglia di far nascere storie dall'oscurità degli Stati Uniti.
I personaggi bucano lo schermo della pagina con il loro personale stile narrativo, con la loro passione per la vita vomitata dietro le parole, dietro le immagini che hanno nella loro testa. Riusciamo a vederli, rinchiusi nella loro cella mentre si disperano per la figlia lontana, sulla macchina nel deserto mentre l'amore fugge via oppure a rincorrerlo nella voce di una sconosciuta su una cassetta.
Sono lì. Ci guardano mentre si lasciano guardare, come in posa, come in una fila per l'identificazione delle mille sfaccettature dei nostri pensieri che spesso lasciamo cadere sui marciapiedi attraversati velocemente. Troppo velocemente.
Si divorano questi racconti, con la voracità di chi cerca la disperazione lontana dei sobborghi, delle terre di confine, delle interstatali, delle prigioni per allontanarsi dalla disperazione della grande massa di uomini che abita le metropoli moderne.
Si divorano con il magone, con il sorriso, con rinnovato amore tutte le paginestorieraccontipersonaggi di Rothbart e ad ogni fine c'è la voglia di ricominciare.
La stessa identica voglia di questa America inedita.
di Alex Pietrogiacomi
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