RECENSIONI
James Reasoner
Il vento del Texas
Meridiano Zero, Pag. 190 Euro 13,50
La maggior parte degli investigatori privati, me incluso, spendono più tempo aspettando che facendo qualunque altra cosa. E' la parte principale de lavoro, e non può essere evitata. Ma non ci si abitua mai. Il tempo trascorso nell'attesa passa lentamente come quando eri bambino e non riuscivi a capire perché per tutto quello che facevano gli adulti ci voleva così tanto.
Una delle definizioni più azzeccate sull'investigazione privata che mi sia mai capitato di leggere, il resto però scivola un po'. Come fosse acqua saponata sulla pelle.
E non capisco nemmeno l'isteria piacionica, dei figliocci che propugnano l'inevitabilità del noir, per il romanzo in questione innalzandolo a cult stratosferico.
Andiamoci piano. Si capisce subito che James Reasoner ha dalla sua una lunga esperienza e l'idea un po' da catena di montaggio della letteratura. Si dice che abbia scritto più di duecento romanzi, ma non essendo Georges Simenon rischia di cadere nella routine del già detto (spesso detto molto meglio da altri).
E qui succede proprio questo: Reasoner conosce a menadito le tecniche di narrazione (un po' meno lo stile, perché quello che si vuol far passare per un linguaggio secco ed essenziale troppo spesso rivela uno spessore da carta velina anche se, in questa precisa occasione, la traduzione di Marco Vicentini rende perfettamente quello che realmente è!), le usa secondo standard, diremmo con un pizzico di cinismo, internazionali (con qualche approssimazione nella trama... in più di un'occasione ho pensato che il protagonista fosse un po' tontacchione) e si capisce anche che mentre scrive una storia sta già pensando alla successiva.
La trama regge, con un buon colpo di scena finale, ma per favore, lo dico sempre agli stessi figliocci-noir di prima, non venitemi a parlare di letteratura del sud, del Tabacco road di Erskine Caldwell (se proprio dobbiamo fare dei raffronti allora citiamo Joe Lansdale, ma teniamoci a debita distanza da William Faulkner!) e di altre 'similitudini'.
Francamente del Texas tanto sbandierato da Reasoner e dai suoi fans non vedo traccia se non nell'ultimo passo a pochi centimentri dalla fine e che in qualche modo giustifica la titolazione. Altrimenti son solo inseguimenti, cazzottate, appostamenti, visite guidate, mamme, figlie acquisite, amiche irriconoscenti ,liaison dangereuses nella terra di nessuno.
Troppo poco per un noir un po' datato (risale a trent'anni fa e si sente...): intendiamoci, il ritmo c'è, eccome, l'autore aggredisce la pagina con piglio decisionista e in più di un'occasione si stenta a stargli dietro, ma è un po' la grazia dell'elefante in un negozio di cristalleria. Nel senso che se le movenze sono troppo nervose ed esagitate si rischia di fare un disastro.
Lo consiglierei volentieri a chi è malato di noir e soprattutto a chi crede che i noir americani siano sempre e comunque i migliori, a chi legge in treno, in metro (un mio amico legge anche in auto e non ha mai fatto un incidente!) e in autobus e anche a chi cita Brecht sull'importanza del poliziesco (e facendo così automaticamente relega quella narrativa a 'rito' di genere).
Tutti gli altri si preparino meglio all'arrivo dell'inverno. Che poi li interrogo.
di Alfredo Ronci
Una delle definizioni più azzeccate sull'investigazione privata che mi sia mai capitato di leggere, il resto però scivola un po'. Come fosse acqua saponata sulla pelle.
E non capisco nemmeno l'isteria piacionica, dei figliocci che propugnano l'inevitabilità del noir, per il romanzo in questione innalzandolo a cult stratosferico.
Andiamoci piano. Si capisce subito che James Reasoner ha dalla sua una lunga esperienza e l'idea un po' da catena di montaggio della letteratura. Si dice che abbia scritto più di duecento romanzi, ma non essendo Georges Simenon rischia di cadere nella routine del già detto (spesso detto molto meglio da altri).
E qui succede proprio questo: Reasoner conosce a menadito le tecniche di narrazione (un po' meno lo stile, perché quello che si vuol far passare per un linguaggio secco ed essenziale troppo spesso rivela uno spessore da carta velina anche se, in questa precisa occasione, la traduzione di Marco Vicentini rende perfettamente quello che realmente è!), le usa secondo standard, diremmo con un pizzico di cinismo, internazionali (con qualche approssimazione nella trama... in più di un'occasione ho pensato che il protagonista fosse un po' tontacchione) e si capisce anche che mentre scrive una storia sta già pensando alla successiva.
La trama regge, con un buon colpo di scena finale, ma per favore, lo dico sempre agli stessi figliocci-noir di prima, non venitemi a parlare di letteratura del sud, del Tabacco road di Erskine Caldwell (se proprio dobbiamo fare dei raffronti allora citiamo Joe Lansdale, ma teniamoci a debita distanza da William Faulkner!) e di altre 'similitudini'.
Francamente del Texas tanto sbandierato da Reasoner e dai suoi fans non vedo traccia se non nell'ultimo passo a pochi centimentri dalla fine e che in qualche modo giustifica la titolazione. Altrimenti son solo inseguimenti, cazzottate, appostamenti, visite guidate, mamme, figlie acquisite, amiche irriconoscenti ,liaison dangereuses nella terra di nessuno.
Troppo poco per un noir un po' datato (risale a trent'anni fa e si sente...): intendiamoci, il ritmo c'è, eccome, l'autore aggredisce la pagina con piglio decisionista e in più di un'occasione si stenta a stargli dietro, ma è un po' la grazia dell'elefante in un negozio di cristalleria. Nel senso che se le movenze sono troppo nervose ed esagitate si rischia di fare un disastro.
Lo consiglierei volentieri a chi è malato di noir e soprattutto a chi crede che i noir americani siano sempre e comunque i migliori, a chi legge in treno, in metro (un mio amico legge anche in auto e non ha mai fatto un incidente!) e in autobus e anche a chi cita Brecht sull'importanza del poliziesco (e facendo così automaticamente relega quella narrativa a 'rito' di genere).
Tutti gli altri si preparino meglio all'arrivo dell'inverno. Che poi li interrogo.
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