DE FALSU CREDITU
Maria Coclide
La Queen del Molise
Parziale Editore, Pag. 135 Euro 12,50
E' di questi giorni la notizia che è stato presentato il primo consultorio transgenere della Toscana. Il centro sarà attivo a Torre del Lago e prevede assistenza per le persone transessuali: dal supporto legale, a quello medico,a quello psicologico.
Al di là delle posizioni dei vari esponenti politici di questo paese (tranne rare eccezioni siamo ancora ai tempi della colonna infame manzoniana), la decisone della regione Toscana ci sembra un atto dovuto, una sorta di riconoscimento della unicità dell'essere transessuale.
Cappello questo obbligatorio per presentare un romanzo (in realtà potrebbe essere un'autobiografia per il continuo intreccio tra finzione e realtà) pubblicato finalmente in Italia, dopo lo straordinario successo transalpino. Infatti non inganni il nome italiano: Maria Coclide, pur se originaria di Campobasso (ed ecco il riferimento al titolo), sin dalla più tenera età si trasferì a Chatillon sur Seine, località alla foce del grande fiume francese, e proprio in questa cittadina silenziosa, ma fin troppo provinciale, mossi i primi passi della sua "carriera" di artista maudit.
Si parlava di straordinario successo: la chiave di lettura della riuscita del romanzo (continuo a parlare di romanzo, ma in realtà, e lo avrete capito anche voi lettori, si tratta davvero di un appassionante resoconto diaristico di gioie e dolori) sta nell'assoluta mancanza di luoghi comuni, nell'assenza del fraseggio tipico di una letteratura standard e quindi di una standardizzazione del "genere" che soprattutto il cinema contemporaneo offre in visione.
La vicenda di Madame Pou Pou (ha fatto bene la traduttrice, Angelica Seymour, a mantenere il nome, perché in italiano la traduzione offrirebbe soluzioni infelici e sgraziate: essendo Pou Pou un'espressione argot – anche se con parola raddoppiata – nel nostro idioma sarebbe suonata pressappoco Signora Sudicia Sudicia, Signora Porca Porca, o con un effetto quasi onomatopeico, Signora Scarto Scarto, per non dire altro) tocca decisamente il cuore dei lettori più sensibili.
Ma non basta la piena realizzazione di sé a far di questa creatura toccata da una strana sorte del destino che la vuole sempre segnata dal lutto, a far pendere la bilancia del caso dalla sua parte.
Maria Coclide con questo suo lavoro, che crediamo unico, offre un quadro d'insieme del problema transgender puntuale ed appassionato: stimiamo però che il successo che ha avuto in terra francese non possa ripetersi, nonostante, lo ripetiamo, un'ottima traduzione, nonostante, lo ripetiamo, un avvincente fiume di emozioni e di stringate e pacate riflessioni, in Italia per quella sorta di resistenza culturale che il nostro paese ancora pone di fronte a problematicità più devianti.
Per questo ribadiamo, come all'inizio, il nostro plauso all'iniziativa della regione Toscana per il consultorio transgenere. Che possa costituire la base per l'individuazione piena dei diritti delle persone e magari anche la stura alla comprensione di opere letterarie suggestive, ad un passo dal riconoscimento di classicità.
Al di là delle posizioni dei vari esponenti politici di questo paese (tranne rare eccezioni siamo ancora ai tempi della colonna infame manzoniana), la decisone della regione Toscana ci sembra un atto dovuto, una sorta di riconoscimento della unicità dell'essere transessuale.
Cappello questo obbligatorio per presentare un romanzo (in realtà potrebbe essere un'autobiografia per il continuo intreccio tra finzione e realtà) pubblicato finalmente in Italia, dopo lo straordinario successo transalpino. Infatti non inganni il nome italiano: Maria Coclide, pur se originaria di Campobasso (ed ecco il riferimento al titolo), sin dalla più tenera età si trasferì a Chatillon sur Seine, località alla foce del grande fiume francese, e proprio in questa cittadina silenziosa, ma fin troppo provinciale, mossi i primi passi della sua "carriera" di artista maudit.
Si parlava di straordinario successo: la chiave di lettura della riuscita del romanzo (continuo a parlare di romanzo, ma in realtà, e lo avrete capito anche voi lettori, si tratta davvero di un appassionante resoconto diaristico di gioie e dolori) sta nell'assoluta mancanza di luoghi comuni, nell'assenza del fraseggio tipico di una letteratura standard e quindi di una standardizzazione del "genere" che soprattutto il cinema contemporaneo offre in visione.
La vicenda di Madame Pou Pou (ha fatto bene la traduttrice, Angelica Seymour, a mantenere il nome, perché in italiano la traduzione offrirebbe soluzioni infelici e sgraziate: essendo Pou Pou un'espressione argot – anche se con parola raddoppiata – nel nostro idioma sarebbe suonata pressappoco Signora Sudicia Sudicia, Signora Porca Porca, o con un effetto quasi onomatopeico, Signora Scarto Scarto, per non dire altro) tocca decisamente il cuore dei lettori più sensibili.
Ma non basta la piena realizzazione di sé a far di questa creatura toccata da una strana sorte del destino che la vuole sempre segnata dal lutto, a far pendere la bilancia del caso dalla sua parte.
Maria Coclide con questo suo lavoro, che crediamo unico, offre un quadro d'insieme del problema transgender puntuale ed appassionato: stimiamo però che il successo che ha avuto in terra francese non possa ripetersi, nonostante, lo ripetiamo, un'ottima traduzione, nonostante, lo ripetiamo, un avvincente fiume di emozioni e di stringate e pacate riflessioni, in Italia per quella sorta di resistenza culturale che il nostro paese ancora pone di fronte a problematicità più devianti.
Per questo ribadiamo, come all'inizio, il nostro plauso all'iniziativa della regione Toscana per il consultorio transgenere. Che possa costituire la base per l'individuazione piena dei diritti delle persone e magari anche la stura alla comprensione di opere letterarie suggestive, ad un passo dal riconoscimento di classicità.
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