RECENSIONI
Nedjma
La mandorla
Einaudi, pp.180 Euro 14,00
Nedjma è naturalmente uno pseudonimo, e dell'Autrice non viene detto nulla, se non che ha una quarantina d'anni e vive nel Maghreb. Difficile dunque capire quanto vi sia di autobiografico, anche se le forme e gli accenti sono quelli di una confessione personale. E' la storia di Badra, nata e cresciuta nello sperduto villaggio di Imchouk, tagliato in due dal mormorante corso dell'uadi Harrath. Sposata adolescente ad un attempato notaio, gretto e sterile sotto ogni aspetto (e intento a collezionare spose su cui scaricare la colpa della sterilità), trova un giorno il coraggio di prendere, sola e fuggitiva, un treno per Tangeri. Il futuro che l'aspetta è oscuro e privo di promesse, a parte quella di un'incerta libertà. Badra si aggrappa all'unico suo punto di riferimento: zia Selma, la zia "cittadina" ben introdotta nei salotti eleganti di Tangeri. Anche lei fuggita per tempo dalle pastoie del matrimonio, manifesta una visione del mondo intrisa di cinismo e saggezza.
"Sai una cosa? Io non credo al peccato... Io ti assicuro che tutti quei bastardi marciranno all'inferno per non essere riusciti a commettere dei bei peccati di qualità, degni dell'infinita grandezza di Dio Onnipotente!"
A Tangeri, città relativamente tollerante e, in confronto al villaggio d'origine, addirittura libertina, Badra si riappropria del suo corpo. Compie cioè individualmente il percorso che le donne italiane hanno compiuto collettivamente nell'arco di una ventina d'anni. Sarebbe ipocrita scandalizzarsi o compiacersi di arretratezze esotiche senza guardarsi alle spalle. Il mito della verginità e il feticcio del lenzuolo insanguinato erano ben radicati anche da noi.
All'inizio è ancora un uomo a liberarla (ah, l'eterna contraddizione!) guidandola nella scoperta di una sessualità gioiosa e consapevole. Stavolta non è un guardiacaccia, ma un raffinato cardiologo, frequentatore dei salotti di Tangeri. E' lui che sciogliendola la lega, nel solito inestricabile paradosso della schermaglia amorosa. Il percorso che la porta a scoprire le mille vie del piacere è anche un percorso della memoria, perché via via le tornano in mente i giochi erotici dell'infanzia e dell'adolescenza, condivisi con coetanei maschi e femmine, una iniziazione poi naufragata nella brutale realtà della condizione femminile.
Fra le braccia del suo pigmalione Badra si abbandona con entusiasmo alla prorompente sessualità. Ma mentre i corpi sono pronti ad esultare, le menti complicano ogni cosa. Badra scopre infine che l'amore è un gioco crudele, e che a volte la solitudine è il prezzo della libertà.
L'entusiasmo con cui l'Autrice descrive i dettagli amorosi appare talvolta un po' ingenuo ed enfatico, ma si salva dal ridicolo in virtù della partecipazione sincera e accorata che ne trapela. Sembra davvero che abbia sperimentato buona parte della storia (e non è una storia leggera) sulla propria pelle. Alcuni passaggi poi, relativi alla vita nel villaggio in riva al fiume, raggiungono toni di autentica poesia.
di Giovanna Repetto
"Sai una cosa? Io non credo al peccato... Io ti assicuro che tutti quei bastardi marciranno all'inferno per non essere riusciti a commettere dei bei peccati di qualità, degni dell'infinita grandezza di Dio Onnipotente!"
A Tangeri, città relativamente tollerante e, in confronto al villaggio d'origine, addirittura libertina, Badra si riappropria del suo corpo. Compie cioè individualmente il percorso che le donne italiane hanno compiuto collettivamente nell'arco di una ventina d'anni. Sarebbe ipocrita scandalizzarsi o compiacersi di arretratezze esotiche senza guardarsi alle spalle. Il mito della verginità e il feticcio del lenzuolo insanguinato erano ben radicati anche da noi.
All'inizio è ancora un uomo a liberarla (ah, l'eterna contraddizione!) guidandola nella scoperta di una sessualità gioiosa e consapevole. Stavolta non è un guardiacaccia, ma un raffinato cardiologo, frequentatore dei salotti di Tangeri. E' lui che sciogliendola la lega, nel solito inestricabile paradosso della schermaglia amorosa. Il percorso che la porta a scoprire le mille vie del piacere è anche un percorso della memoria, perché via via le tornano in mente i giochi erotici dell'infanzia e dell'adolescenza, condivisi con coetanei maschi e femmine, una iniziazione poi naufragata nella brutale realtà della condizione femminile.
Fra le braccia del suo pigmalione Badra si abbandona con entusiasmo alla prorompente sessualità. Ma mentre i corpi sono pronti ad esultare, le menti complicano ogni cosa. Badra scopre infine che l'amore è un gioco crudele, e che a volte la solitudine è il prezzo della libertà.
L'entusiasmo con cui l'Autrice descrive i dettagli amorosi appare talvolta un po' ingenuo ed enfatico, ma si salva dal ridicolo in virtù della partecipazione sincera e accorata che ne trapela. Sembra davvero che abbia sperimentato buona parte della storia (e non è una storia leggera) sulla propria pelle. Alcuni passaggi poi, relativi alla vita nel villaggio in riva al fiume, raggiungono toni di autentica poesia.
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