ATTUALITA'
Stefano Torossi
La morte fa cucù
Chiesa di S. Pietro in Montoro al Gianicolo, cappella De Raymondi, progetto (forse) di Gian Lorenzo Bernini e Francesco Baratta. Alle due pareti le decorose e apparentemente normali tombe dei monsignori di famiglia: Don Gerolamo e Don Francesco, opera del Baratta e di Andrea Bolgi. Fin qui tutto secondo le regole.
Quello che è delizioso, e parlando di sepolture, di scheletri e di satanassi l’aggettivo potrebbe sembrare fuori posto, è come viene rappresentato sul fronte della tomba di sinistra questo gruppo di defunti, ormai ridotti a mucchi di ossa che fanno cucù affacciandosi a una botola (dall’aldilà? dall’inferno? dal purgatorio in attesa di redenzione?) mentre il succitato satanasso, di schiena, sembra occupato ad ammucchiare altri morti che scheletri ancora non sono diventati.
In nessuna altra sepoltura (e le chiese, specialmente dopo la controriforma, sono specializzate in rappresentazioni minacciose, terrificanti e sadicamente educative della morte) la corruzione dei corpi l’abbiamo vista trattata con così deliziosa leggerezza e senso dell’umorismo.
Chissà a chi attribuirne il merito: ai defunti spiritosi, ai committenti distratti o agli scultori burloni? O magari siamo noi che ridacchiamo senza captare qualche sotterraneo messaggio simbolico?
Quello che è delizioso, e parlando di sepolture, di scheletri e di satanassi l’aggettivo potrebbe sembrare fuori posto, è come viene rappresentato sul fronte della tomba di sinistra questo gruppo di defunti, ormai ridotti a mucchi di ossa che fanno cucù affacciandosi a una botola (dall’aldilà? dall’inferno? dal purgatorio in attesa di redenzione?) mentre il succitato satanasso, di schiena, sembra occupato ad ammucchiare altri morti che scheletri ancora non sono diventati.
In nessuna altra sepoltura (e le chiese, specialmente dopo la controriforma, sono specializzate in rappresentazioni minacciose, terrificanti e sadicamente educative della morte) la corruzione dei corpi l’abbiamo vista trattata con così deliziosa leggerezza e senso dell’umorismo.
Chissà a chi attribuirne il merito: ai defunti spiritosi, ai committenti distratti o agli scultori burloni? O magari siamo noi che ridacchiamo senza captare qualche sotterraneo messaggio simbolico?
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