RECENSIONI
Diego Nuzzo
Le notti e per sempre
Homoscrivens, Pag. 120 Euro 15.00
Pur essendomi accertato di alcuni precedenti, di Nuzzo non conoscevo assolutamente nulla prima di questo libriccino. E’ mia abitudine però scandagliare un po' la materia per cercare poi di sciogliere l’eventuale matassa. E alla fine, dopo aver letto praticamente tutto del volume sono arrivato alla conclusione che sono due i fattori che mi hanno interessato.
Il primo: ma la letteratura non è, a ragione, un fatto prima di tutto personale? Dico questo perché in fondo al romanzo c’è una sfilza di ringraziamenti a persone, più o meno importanti, che alla fine si ha il vago sospetto che il libro sia stato scritto a più mani.
Scherzo ovviamente, ma il rischio di una tale ressa di gente toglie un po’ di respiro all’opera, ma soprattutto all’autore.
Il secondo: perché uno scrittore d’oggi dovrebbe raccontarci di che cosa è accaduto durante la prima guerra mondiale e soprattutto cosa è accaduto a Caporetto? Personalmente ritengo che uno scrittore d’oggi debba raccontarci di sé e delle sue istanze soprattutto senza perdere il senso della realtà, quella vissuta.
Bravo il Nuzzo a raccontarci, attraverso alcune lettere che un soldato (che alla fine sarà ricoverato perché ritenuto fondamentalmente inutile) invia alla sua amata, del mondo dei soldati durante la prima guerra mondiale, delle lettere inviate ai parenti (quando possibile), del fango che sommergeva le persone, dei superiori che spesso erano molto più imbecilli degli altri, dei preti che invece di predicare la pace e la fratellanza, inneggiavano alla guerra e alla vittoria e di molte altre cose.
Bravo il Nuzzo a scrivere questa specie di diario con la consapevolezza di fare una cosa lecita e corretta, con alcuni passaggi anche drammatici e dolorosi. Ma nulla ci impedisce di pensare che quello che ha scritto è solo una forma corretta di letteratura.
Ma la forma corretta di letteratura non è letteratura.
Dunque: tutto scritto bene, tutto drammaticamente risoluto, ma il tutto profondamente inutile.
di Alfredo Ronci
Il primo: ma la letteratura non è, a ragione, un fatto prima di tutto personale? Dico questo perché in fondo al romanzo c’è una sfilza di ringraziamenti a persone, più o meno importanti, che alla fine si ha il vago sospetto che il libro sia stato scritto a più mani.
Scherzo ovviamente, ma il rischio di una tale ressa di gente toglie un po’ di respiro all’opera, ma soprattutto all’autore.
Il secondo: perché uno scrittore d’oggi dovrebbe raccontarci di che cosa è accaduto durante la prima guerra mondiale e soprattutto cosa è accaduto a Caporetto? Personalmente ritengo che uno scrittore d’oggi debba raccontarci di sé e delle sue istanze soprattutto senza perdere il senso della realtà, quella vissuta.
Bravo il Nuzzo a raccontarci, attraverso alcune lettere che un soldato (che alla fine sarà ricoverato perché ritenuto fondamentalmente inutile) invia alla sua amata, del mondo dei soldati durante la prima guerra mondiale, delle lettere inviate ai parenti (quando possibile), del fango che sommergeva le persone, dei superiori che spesso erano molto più imbecilli degli altri, dei preti che invece di predicare la pace e la fratellanza, inneggiavano alla guerra e alla vittoria e di molte altre cose.
Bravo il Nuzzo a scrivere questa specie di diario con la consapevolezza di fare una cosa lecita e corretta, con alcuni passaggi anche drammatici e dolorosi. Ma nulla ci impedisce di pensare che quello che ha scritto è solo una forma corretta di letteratura.
Ma la forma corretta di letteratura non è letteratura.
Dunque: tutto scritto bene, tutto drammaticamente risoluto, ma il tutto profondamente inutile.
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