CLASSICI
Alfredo Ronci
Non so se è vero, ma molto valido: “La bellezza di Ippolita” di Elio Bartolini.
Di fronte a certe opere mi sorge un quesito. Un quesito, e davvero lo riconosco come tale, che è certamente tutto mio, ma nella realtà sembra esistere. E non credo che sia perché ultimamente è venuta alla luce la poca presenza dell’elemento femminile in tutti i campi, ma più che altro perché s’è preferito un approccio sincero, ma tutto sommato poco costruttivo, rispetto a una tangibilità che diversamente avrebbe portato a risultati ben più corposi.
La questione, molto elementare, è questa: perché nella nostra letteratura, i personaggi femminili quasi sempre (metto il “quasi” davanti per alleggerire anche la coscienza) sono descritti da scrittori e non da scrittrici? Per carità, esempi di maturità in questo senso ce ne sono stati: pensiamo a Elsa Morante, pensiamo a Dacia Maraini, pensiamo a Lalla Romano, pensiamo a Fausta Cialente, pensiamo persino ad autrici spesso valutate semplicemente per la loro presenza, come ad esempio Annie Vivanti, ma non capisco perché l’uomo, in questo caso uno scrittore, abbia contato anche di più nella proposizione dell’elemento femminile.
Prendiamo appunto Elio Bartolini. Scrittore di media portata che però con La bellezza di Ippolita ha racimolato una diversa caratura intellettuale. In verità, se proprio vogliamo essere sinceri, la diversa caratura è stata ad appannaggio di critici che spesso fanno fatica a guardarsi attorno, perché Eugenio Montale, in un passaggio dedicato a Bartolini scriveva: … Tutti i suoi personaggi hanno una precipitazione torrenziale, corrono e concorrono tutti a fallire o quanto meno a sentirsi falliti: ma non è mai il coro a perdersi, è l’eroe che va in malora. La terra, e la vita, restano sempre una forza, una volontà fecondatrice.
Ma cosa è stato che ha determinato il successo de La bellezza di Ippolita? Indubbiamente Ippolita. Questa donna ancora piacente (nel film, tratto appunto dal romanzo, la protagonista era Gina Lollobrigida… un po’ esagerata se vogliamo), che si sposa con un uomo che non ama, ma che lo affianca per paura di rimanere sola, (… Al massimo poteva fingere bene, carezzare Luca, prendergli la testa fra le mani, dirgli le parole che lui desiderava ascoltare. E sotto di esse, Luca ad occhi chiusi protendeva il volto, come le capre il muso quando brucano di gusto…) che ad un certo punto della sua vita si accorge che tutto quello che ha fatto è sbagliato (il suo cuore va al ricordo di un turista tedesco che spesso girava per l’Italia) e nell’estremo tentativo di guadagnarsi un rispetto personale, durante una precipitosa fuga, muore sotto un camion.
Dunque una figura ben delineata, addirittura moderna nella sua ricerca di una diversità non solo psicologica, addirittura molto avanti rispetto al profilo di una donna dell’epoca (il romanzo uscì nel 1955) che però di fronte anche al più piccolo imprevisto, cede di schianto.
E perché, nonostante ci siano figure femminili che potrebbero reagire in modo diverso e in modo più preciso, il risultato di questa è così tragicamente letterale? Sarà forse perché il diverso (in questo caso tutti i diversi della letteratura, per un certo periodo di tempo, piuttosto lungo in verità, hanno sofferto di un destino ineluttabile) è destinato ad una sorte che tende inevitabilmente a farlo fuori?
Dice ancora Montale a proposito della protagonista: … Ippolita non campeggia nel vuoto; ogni cosa ruota, ronza intorno a lei; questo ronzio, quasi da non capire bene se è un tumulto di cose o di cuori, è appunto il romanzo: e Bartolini ci ha dato, non il ritratto, ma il romanzo fulmineo e scheggiatissimo di una donna; ed oltre il suo, il romanzo della sua gente, della sua terra, quel crocevia sul Tagliamento.
Ci sembrano ovvie considerazioni, anche se vengono da un premio Nobel, ma non sembrano per nulla scalfire la questione principale. Perché il Bartolini, ma potrebbe essere qualsiasi altro scrittore, dotato però di una sentita sensibilità, abbia trasformato quello che poteva essere un romanzo alternativo in qualche cosa di scontato e prevedibile? E perché proprio una donna che muore e non qualcos’altro?
Non voglio parlare montalianamente di un “crocevia sul Tagliamento”, però La bellezza di Ippolita, nonostante tutto, è un bel romanzo.
L’edizione da noi considerata è:
Elio Bartolini
La bellezza di Ippolita
Rusconi
La questione, molto elementare, è questa: perché nella nostra letteratura, i personaggi femminili quasi sempre (metto il “quasi” davanti per alleggerire anche la coscienza) sono descritti da scrittori e non da scrittrici? Per carità, esempi di maturità in questo senso ce ne sono stati: pensiamo a Elsa Morante, pensiamo a Dacia Maraini, pensiamo a Lalla Romano, pensiamo a Fausta Cialente, pensiamo persino ad autrici spesso valutate semplicemente per la loro presenza, come ad esempio Annie Vivanti, ma non capisco perché l’uomo, in questo caso uno scrittore, abbia contato anche di più nella proposizione dell’elemento femminile.
Prendiamo appunto Elio Bartolini. Scrittore di media portata che però con La bellezza di Ippolita ha racimolato una diversa caratura intellettuale. In verità, se proprio vogliamo essere sinceri, la diversa caratura è stata ad appannaggio di critici che spesso fanno fatica a guardarsi attorno, perché Eugenio Montale, in un passaggio dedicato a Bartolini scriveva: … Tutti i suoi personaggi hanno una precipitazione torrenziale, corrono e concorrono tutti a fallire o quanto meno a sentirsi falliti: ma non è mai il coro a perdersi, è l’eroe che va in malora. La terra, e la vita, restano sempre una forza, una volontà fecondatrice.
Ma cosa è stato che ha determinato il successo de La bellezza di Ippolita? Indubbiamente Ippolita. Questa donna ancora piacente (nel film, tratto appunto dal romanzo, la protagonista era Gina Lollobrigida… un po’ esagerata se vogliamo), che si sposa con un uomo che non ama, ma che lo affianca per paura di rimanere sola, (… Al massimo poteva fingere bene, carezzare Luca, prendergli la testa fra le mani, dirgli le parole che lui desiderava ascoltare. E sotto di esse, Luca ad occhi chiusi protendeva il volto, come le capre il muso quando brucano di gusto…) che ad un certo punto della sua vita si accorge che tutto quello che ha fatto è sbagliato (il suo cuore va al ricordo di un turista tedesco che spesso girava per l’Italia) e nell’estremo tentativo di guadagnarsi un rispetto personale, durante una precipitosa fuga, muore sotto un camion.
Dunque una figura ben delineata, addirittura moderna nella sua ricerca di una diversità non solo psicologica, addirittura molto avanti rispetto al profilo di una donna dell’epoca (il romanzo uscì nel 1955) che però di fronte anche al più piccolo imprevisto, cede di schianto.
E perché, nonostante ci siano figure femminili che potrebbero reagire in modo diverso e in modo più preciso, il risultato di questa è così tragicamente letterale? Sarà forse perché il diverso (in questo caso tutti i diversi della letteratura, per un certo periodo di tempo, piuttosto lungo in verità, hanno sofferto di un destino ineluttabile) è destinato ad una sorte che tende inevitabilmente a farlo fuori?
Dice ancora Montale a proposito della protagonista: … Ippolita non campeggia nel vuoto; ogni cosa ruota, ronza intorno a lei; questo ronzio, quasi da non capire bene se è un tumulto di cose o di cuori, è appunto il romanzo: e Bartolini ci ha dato, non il ritratto, ma il romanzo fulmineo e scheggiatissimo di una donna; ed oltre il suo, il romanzo della sua gente, della sua terra, quel crocevia sul Tagliamento.
Ci sembrano ovvie considerazioni, anche se vengono da un premio Nobel, ma non sembrano per nulla scalfire la questione principale. Perché il Bartolini, ma potrebbe essere qualsiasi altro scrittore, dotato però di una sentita sensibilità, abbia trasformato quello che poteva essere un romanzo alternativo in qualche cosa di scontato e prevedibile? E perché proprio una donna che muore e non qualcos’altro?
Non voglio parlare montalianamente di un “crocevia sul Tagliamento”, però La bellezza di Ippolita, nonostante tutto, è un bel romanzo.
L’edizione da noi considerata è:
Elio Bartolini
La bellezza di Ippolita
Rusconi
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