ATTUALITA'
Stefano Torossi
Panze, ceffi...
In principio era una discarica. Sono passati duemila anni e sempre discarica è rimasta, ma adesso è storica.
È il Mons Testaceus, monte dei cocci, dove venivano ammucchiati i frammenti delle anfore olearie e vinarie destinate ai triclini sontuosi dei ricchi (ma, fuori dal luogo comune sui romani crapuloni, di sicuro anche alle tavole dei poveri) che arrivavano per nave al porto fluviale di Roma. Contenitori di terracotta usa e getta, servivano solo per il trasporto. Travasati vino e olio, le anfore inutilizzabili erano rotte e ammucchiate fino a formare una vera e propria collina.
Da spazzatura a monumento.
Lì vicino, dove c’erano i magazzini romani, a inizio Novecento è nato un quartiere di case popolari. Nelle cantine di una di queste case, a Via Bianchi, la Fondazione Giuliani ha uno spazio espositivo dedicato al contemporaneo.
Dentro l’immenso seminterrato (stiamo per arrivare al punto, dopo questa lunga premessa a forma di matrioska) si è inaugurata, il 15 aprile, la mostra del fotografo Francesco Vezzoli, molto opportunamente intitolata “Party Politics”, la politica da salotto.
Geniali foto di grandi dimensioni, crudeli, impietose, alcune francamente sinistre, che raccontano i personaggi della politica, dello spettacolo e dei quattrini (non sappiamo se per scelta, vistosamente assente è la cultura) del trentennio ’70/’90.
Beccati in pieno fervore sociale, le panze e i ceffi sono bene accompagnati da didascalie che dicono tutto: “Eros e craxismo”, “Rosseggiava il canapè”, “Ciociaria pride”.
Roba da brivido.
…E FACCE PER BENE
Da un brivido di sconcerto a uno di serenità: basta un attimo e ci troviamo teletrasportati alla Centrale Montemartini dove è in corso un’altra mostra fotografica.
Nuovo raccontino storico con cambio di destinazione finale? Eccovi serviti.
La centrale in questione non è una centrale, perché è un museo. Anzi, una centrale lo è, ma non più in uso. Insomma, è dove si produceva l’elettricità per tutta Roma all’inizio del ‘900. Dismessa, abbandonata, poi recuperata; adesso c’è una magnifica raccolta di scultura romana.
In mezzo ai marmi sono rimasti i vecchi macchinari, le caldaie, le dinamo e perfino, dopo tutti questi anni, il caratteristico odore di olio lubrificante.
Dunque, alla Montemartini si è inaugurata il 18 la mostra “Luigi Spina - Volti di Roma”: ritratti fotografici di ritratti marmorei di noti o ignoti dell’antica Roma.
Risalenti al periodo in cui gli scultori erano arrivati a fare della ritrattistica un’arte raffinatissima, capace di trasmettere magnificamente il carattere del soggetto non sorvolando (anzi, insistendoci) su crudezze dell’età, imperfezione della pelle e asimmetrie dei volti.
Proprio come, oggi, la fotografia, che non perdona la più piccola ruga, senza photoshop, ovvio.
Però, che belle facce: segnate, espressive, vive.
E soprattutto facce per bene.
È il Mons Testaceus, monte dei cocci, dove venivano ammucchiati i frammenti delle anfore olearie e vinarie destinate ai triclini sontuosi dei ricchi (ma, fuori dal luogo comune sui romani crapuloni, di sicuro anche alle tavole dei poveri) che arrivavano per nave al porto fluviale di Roma. Contenitori di terracotta usa e getta, servivano solo per il trasporto. Travasati vino e olio, le anfore inutilizzabili erano rotte e ammucchiate fino a formare una vera e propria collina.
Da spazzatura a monumento.
Lì vicino, dove c’erano i magazzini romani, a inizio Novecento è nato un quartiere di case popolari. Nelle cantine di una di queste case, a Via Bianchi, la Fondazione Giuliani ha uno spazio espositivo dedicato al contemporaneo.
Dentro l’immenso seminterrato (stiamo per arrivare al punto, dopo questa lunga premessa a forma di matrioska) si è inaugurata, il 15 aprile, la mostra del fotografo Francesco Vezzoli, molto opportunamente intitolata “Party Politics”, la politica da salotto.
Geniali foto di grandi dimensioni, crudeli, impietose, alcune francamente sinistre, che raccontano i personaggi della politica, dello spettacolo e dei quattrini (non sappiamo se per scelta, vistosamente assente è la cultura) del trentennio ’70/’90.
Beccati in pieno fervore sociale, le panze e i ceffi sono bene accompagnati da didascalie che dicono tutto: “Eros e craxismo”, “Rosseggiava il canapè”, “Ciociaria pride”.
Roba da brivido.
…E FACCE PER BENE
Da un brivido di sconcerto a uno di serenità: basta un attimo e ci troviamo teletrasportati alla Centrale Montemartini dove è in corso un’altra mostra fotografica.
Nuovo raccontino storico con cambio di destinazione finale? Eccovi serviti.
La centrale in questione non è una centrale, perché è un museo. Anzi, una centrale lo è, ma non più in uso. Insomma, è dove si produceva l’elettricità per tutta Roma all’inizio del ‘900. Dismessa, abbandonata, poi recuperata; adesso c’è una magnifica raccolta di scultura romana.
In mezzo ai marmi sono rimasti i vecchi macchinari, le caldaie, le dinamo e perfino, dopo tutti questi anni, il caratteristico odore di olio lubrificante.
Dunque, alla Montemartini si è inaugurata il 18 la mostra “Luigi Spina - Volti di Roma”: ritratti fotografici di ritratti marmorei di noti o ignoti dell’antica Roma.
Risalenti al periodo in cui gli scultori erano arrivati a fare della ritrattistica un’arte raffinatissima, capace di trasmettere magnificamente il carattere del soggetto non sorvolando (anzi, insistendoci) su crudezze dell’età, imperfezione della pelle e asimmetrie dei volti.
Proprio come, oggi, la fotografia, che non perdona la più piccola ruga, senza photoshop, ovvio.
Però, che belle facce: segnate, espressive, vive.
E soprattutto facce per bene.
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