RECENSIONI
Enzo Gianmaria Napolillo
Remo contro
Pendragon, Pag. 244 Euro 14.00
Dirò di più, perché il meno sa di scontato (o riprenderei il grande Hikmet: quello che vorrei dirti di più bello non te l'ho ancora detto): cosa ci spinge a fotografare? (su, su, questo è un sito di letteratura, ma lasciateci deviar per altri lidi) Cosa ci spinge ad inquadrare un volto o un paesaggio e fare clic? L'amore per il dettaglio? L'istantanea di un momento? La conservazione di un ricordo? La voglia di rappresentare comunque una parte del mondo?
Personalmente credo che il fotografo dilettante (diverso è il professionista, o comunque chi lavora con le immagini) col suo gesto fissi definitivamente il reale che s'è costruito, così evitando dello stesso qualsiasi deformazione . In fondo, alla base della paura c'è l'ansia dell'ignoto, l'rriconoscibilità non solo del mondo, ma anche e soprattutto del dettaglio (cos'è che spaventava nel film L'invasione degli ultracorpi? Non la società, apparentemente distratta, ma lo sguardo del singolo).
Tutta 'sta pippa per dire? Per dire, con parole ancora una volta rubate: Vivere è la cosa più rara del mondo: i più esistono solamente. (Oscar Wilde).
Non è ancora chiaro? Proviamoci di nuovo, con parole, opere ed omissioni nostre: sembrerebbe inutile raccontare di noi e di quel che ci circonda se poi il resoconto è fotocopiatura o fotografia (appunto!) del reale. Non è così?
I telegiornali e i giornali, col loro linguaggio asettico e formale, standardizzato ed esangue, raccontano la cronaca dei nostri giorni: perché dovrei pretendere dallo scrittore la riquadratura del cerchio con un stile affine? (mi si è posta la domanda con la nuova versione di Word del pacchetto Office – e credo la .8 : il programma ora non sottolinea solo gli errori, ma suggerisce anche delle alternative linguistiche e grammaticali, che sono quelle standardizzate del filtro. Per esempio: mi ha consigliato di usare la parola preoccupante in sostituzione del 'neoleogismo 'allarmante', ma questo è ridurre il linguaggio in una sorta di campo profughi obbligatorio!).
Napolillo ha fatto proprio questo: ha cronachizzato le sue pagine, le ha rese simili ad una colonna di un quotidiano, le ha rese merce di scambio col tristo rimestar dei pensieri contemporanei. Mica c'è guizzo, mica c'è lampo: c'è una tavola oliata con qualche gorgoglìo sul bagnasciuga (così diceva mia madre quando mi permetteva il bagno in mare).
Se devo essere sincero non mi piace nemmeno il gioco di parole del titolo: Remo contro. Nel senso che Remo è il nome del protagonista e remar contro (capita la finezza?) è l'hobbie preferito, dopo tanto penar e dopo tante disillusioni, del trentenne insoddisfatto della vita.
Ma c'è un però: il Napolillo lima (luma nel romanzo, ma è pratica questa che or poco ci cale), cioè nella tranquillità del suo linguaggio piatto e forse austero qualcosa insinua. Non so se sia la trama (anch'essa modello ordinario, ma non ordinarietà della storia, ci mancherebbe altro, ma ordinarietà del flusso di coscienza) o qualche personaggio di straforo, però in qualche modo raschia.
Vuoi vedere che a forza di raschiar qualche truciolo rimane?
di Alfredo Ronci
Personalmente credo che il fotografo dilettante (diverso è il professionista, o comunque chi lavora con le immagini) col suo gesto fissi definitivamente il reale che s'è costruito, così evitando dello stesso qualsiasi deformazione . In fondo, alla base della paura c'è l'ansia dell'ignoto, l'rriconoscibilità non solo del mondo, ma anche e soprattutto del dettaglio (cos'è che spaventava nel film L'invasione degli ultracorpi? Non la società, apparentemente distratta, ma lo sguardo del singolo).
Tutta 'sta pippa per dire? Per dire, con parole ancora una volta rubate: Vivere è la cosa più rara del mondo: i più esistono solamente. (Oscar Wilde).
Non è ancora chiaro? Proviamoci di nuovo, con parole, opere ed omissioni nostre: sembrerebbe inutile raccontare di noi e di quel che ci circonda se poi il resoconto è fotocopiatura o fotografia (appunto!) del reale. Non è così?
I telegiornali e i giornali, col loro linguaggio asettico e formale, standardizzato ed esangue, raccontano la cronaca dei nostri giorni: perché dovrei pretendere dallo scrittore la riquadratura del cerchio con un stile affine? (mi si è posta la domanda con la nuova versione di Word del pacchetto Office – e credo la .8 : il programma ora non sottolinea solo gli errori, ma suggerisce anche delle alternative linguistiche e grammaticali, che sono quelle standardizzate del filtro. Per esempio: mi ha consigliato di usare la parola preoccupante in sostituzione del 'neoleogismo 'allarmante', ma questo è ridurre il linguaggio in una sorta di campo profughi obbligatorio!).
Napolillo ha fatto proprio questo: ha cronachizzato le sue pagine, le ha rese simili ad una colonna di un quotidiano, le ha rese merce di scambio col tristo rimestar dei pensieri contemporanei. Mica c'è guizzo, mica c'è lampo: c'è una tavola oliata con qualche gorgoglìo sul bagnasciuga (così diceva mia madre quando mi permetteva il bagno in mare).
Se devo essere sincero non mi piace nemmeno il gioco di parole del titolo: Remo contro. Nel senso che Remo è il nome del protagonista e remar contro (capita la finezza?) è l'hobbie preferito, dopo tanto penar e dopo tante disillusioni, del trentenne insoddisfatto della vita.
Ma c'è un però: il Napolillo lima (luma nel romanzo, ma è pratica questa che or poco ci cale), cioè nella tranquillità del suo linguaggio piatto e forse austero qualcosa insinua. Non so se sia la trama (anch'essa modello ordinario, ma non ordinarietà della storia, ci mancherebbe altro, ma ordinarietà del flusso di coscienza) o qualche personaggio di straforo, però in qualche modo raschia.
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