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Il Paradiso degli Orchi
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RECENSIONI

Kawamura Genki

Se i gatti scomparissero dal mondo

Einaudi, Traduzione di Anna Specchio, Pag. 165 Euro 10.00
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Un titolo così mette sicuramente l’ansia (e personalmente non so se la traduzione in questo caso sia la stessa o il traduttore italiano, o chi per lui, ha dato di matto).
Comunque il dato (!) è tratto. Kawamura Genki ha fatto la fortuna con questo libro, ha venduto un sacco di milioni all’estero (di sicuro in Giappone) e buon per lui che gli ha permesso anche di andare oltre e scrivere nuovi libri. E a noi cosa rimane?
Rimane il fatto che i giapponesi di oggi non sono quelli di parecchi decenni fa. Non voglio far polemiche, ma se dobbiamo ringraziare i classici della letteratura asiatica è perché ci hanno dimostrato cosa effettivamente fossero le genti di allora, le loro abitudini e soprattutto le loro malinconie.
Oggi il Giappone, nonostante certe, ed irrinunciabili, differenze è simile a qualsiasi altro popolo. E la storia di Genki ce lo conferma.
Il protagonista della storia fa il postino, ma durante il lavoro accusa dei fastidi. Il risultato medico è che è affetto da tumore alla testa. Non resta nulla da fare, se non disperarsi: ma ecco che all’improvviso gli appare il Diavolo in persona che gli propone un fatto.  Un giorno di vita in più in cambio di qualcosa. O come direbbe Fellini (più volte citato dallo scrittore): Per ottenere qualcosa, bisogna sacrificarne un’altra.
A questo punto il postino comincia a fare a meno di alcune cose (telefoni, cinema, orologi) fino a che il Diavolo gli propone di fare a meno dei gatti. Ma figuriamoci!
Da qui parte una serie di episodi che servono soltanto a convincerci che gli animali, ma ancora di più le persone (madre del protagonista e alla fine pure il padre!), sono effettivamente lo scoglio contro cui inutilmente possono sbattere le acque di un destino avverso (pensa te che metafora!).
Cosa dobbiamo raccogliere da questa storia? Francamente nulla, anche se lo scrittore ci regala, a tratti, degli affetti e delle pene che hanno davvero il senso della commozione.
E’ già tanto.

di Adelina Seymour


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