DE FALSU CREDITU
Angiolino Croce
Semo ggente de borgata
Mandrione editore, Pag. 214 Euro 15,00
Guerra tra poveri. In un recente saggio, purtroppo dai più ignorato, Il più pulito c'ha la ronda (ediz. Versipelle) la sociologa Livia Li Turchi, analizzando con certosina pazienza le documentazioni circoscrizionali delle più grosse metropoli italiane era venuta alla conclusione che la crisi economica incrementava il senso di sfiducia nelle istituzioni e portava ad una vera e propria 'collisione' tra le fasce più povere della popolazione. Ed il titolo trasformato, che si rifà ad un'espressione gergale, coglieva in pieno il senso di una riorganizzazione su basi individualiste, ma pericolosa e dagli imprevisti risvolti autoritari.
Angiolino Croce, praticamente un autodidatta, che vive tutt'ora in una delle borgate più degradate della capitale, non contento delle pur nette e sociologicamente ineccepibili conclusioni della Li Turchi (sappiamo, da un'intervista rilasciata a Radio Onda Rossa, che lo scrittore ha letto ed apprezzato il saggio in questione) ha voluto dire la sua scrivendo un romanzo che in realtà è una fotografia più realista del re della situazione delle periferie più complesse.
Le vicende di Mario e Riccardo (detto La Recchia) sono emblematiche della precarietà urbana (vedi: L'urbanistica dei cittadini - Ediz. La Trezza) e di quella che un neuropsichiatra in voga, il professor Saluzzi, ha chiamato: dismissione della memoria. Cioè del rifiuto, sotto stress e pressioni contigue, della percezione degli affetti, della dimenticanza dei vincoli, del rifiuto delle diversità.
Mario fa l'idraulico nel quartiere. Riccardo, dello La Recchia perché è omosessuale dichiarato, è un semplice impiegato comunale. La loro amicizia è ormai più che trentennale, ma di fronte all'insorgere della crisi finanziaria (a questo s'aggiunga per Riccardo la malattia del padre, affetto dal morbo di Parkinson), il rapporto esplode letteralmente: durante un corteo contro i tagli governativi all'amministrazione, Mario, in un impeto nichilista, perché impedito dallo sciopero a rispettare un appuntamento, comincia a lanciare sassi contro un gruppo di persone. Tra queste Riccardo, che deve essere ricoverato in ospedale perché colpito da un sanpietrino.
Da quel momento avviene quello che lo stesso Croce marca come 'ridefinizione del vissuto' (qualche critico in preda a suggestioni linguistiche ha parlato di agorà desertico): non solo i rapporti tra i due amici non saranno ricucibili, ma il linciaggio verbale a cui è sottoposto Riccardo, in una pagina memorabile del libro, dalla inarrestabile palilalia crassa e militaresca di Mario sugella la fine di tutto.
Non riveliamo il finale che, nonostante la deriva 'fascista' della storia, mostra un cenno di rinascita: non nella ricomposizione di un'amicizia ormai sfasciata, ma nella presa di coscienza di una potenzialità insita nell'umano, nietzchianamente troppo umano.
Il titolo, che riprende un vecchio hit vianelliano, contiene in sé invece un marcato riferimento all'arte funariana, quella di addizionare, piuttosto che sottrarre il senso glottologico dell'esistenza.
Semo ggente de borgata contiene dunque verità che trascendono. Ci si chiede cosa? Trascendono e punto.
Angiolino Croce, praticamente un autodidatta, che vive tutt'ora in una delle borgate più degradate della capitale, non contento delle pur nette e sociologicamente ineccepibili conclusioni della Li Turchi (sappiamo, da un'intervista rilasciata a Radio Onda Rossa, che lo scrittore ha letto ed apprezzato il saggio in questione) ha voluto dire la sua scrivendo un romanzo che in realtà è una fotografia più realista del re della situazione delle periferie più complesse.
Le vicende di Mario e Riccardo (detto La Recchia) sono emblematiche della precarietà urbana (vedi: L'urbanistica dei cittadini - Ediz. La Trezza) e di quella che un neuropsichiatra in voga, il professor Saluzzi, ha chiamato: dismissione della memoria. Cioè del rifiuto, sotto stress e pressioni contigue, della percezione degli affetti, della dimenticanza dei vincoli, del rifiuto delle diversità.
Mario fa l'idraulico nel quartiere. Riccardo, dello La Recchia perché è omosessuale dichiarato, è un semplice impiegato comunale. La loro amicizia è ormai più che trentennale, ma di fronte all'insorgere della crisi finanziaria (a questo s'aggiunga per Riccardo la malattia del padre, affetto dal morbo di Parkinson), il rapporto esplode letteralmente: durante un corteo contro i tagli governativi all'amministrazione, Mario, in un impeto nichilista, perché impedito dallo sciopero a rispettare un appuntamento, comincia a lanciare sassi contro un gruppo di persone. Tra queste Riccardo, che deve essere ricoverato in ospedale perché colpito da un sanpietrino.
Da quel momento avviene quello che lo stesso Croce marca come 'ridefinizione del vissuto' (qualche critico in preda a suggestioni linguistiche ha parlato di agorà desertico): non solo i rapporti tra i due amici non saranno ricucibili, ma il linciaggio verbale a cui è sottoposto Riccardo, in una pagina memorabile del libro, dalla inarrestabile palilalia crassa e militaresca di Mario sugella la fine di tutto.
Non riveliamo il finale che, nonostante la deriva 'fascista' della storia, mostra un cenno di rinascita: non nella ricomposizione di un'amicizia ormai sfasciata, ma nella presa di coscienza di una potenzialità insita nell'umano, nietzchianamente troppo umano.
Il titolo, che riprende un vecchio hit vianelliano, contiene in sé invece un marcato riferimento all'arte funariana, quella di addizionare, piuttosto che sottrarre il senso glottologico dell'esistenza.
Semo ggente de borgata contiene dunque verità che trascendono. Ci si chiede cosa? Trascendono e punto.
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