RECENSIONI
Silverio Novelli
Tutto in famiglia
MobyDick, Pag.158 Euro 13,00
Non parlerò di questo libro. Cioè: ne parlerò eccome, ma senza soffermarmi sui dettagli e sulla composizione della raccolta, perché di racconti si tratta. Parlerò di quel che è necessario avere perché la letteratura sia tale e l'aggiunta: stile e sostanza.
Diceva Jean Cocteau: Le style, c'est de chercher, de tâcher, de ne pas en avoir un – mais, sans y parvenir! (Lo stile è cercare, è tentare. Di non averne uno, ma senza riuscirci).
Novelli dunque tenta di non averne – ma già per l'"assemblaggio" dei testi, scritti, crediamo noi, in tempi diversi, si tenta la carta del depistaggio – ma è ricco di suo e a volte anche esplosivo (Padre. Ruote quadrate). Si carica di peso, e si alleggerisce all'improvviso a seconda delle circostanze e delle funzioni. Ma è nella sostanza che Novelli ebolle.
Scusate se ri-cito ma è indispensabile. Diceva Sartre ne La nausea: Io non ho bisogno di far delle frasi. Scrivo per mettere alla luce certe circostanze. Diffidare della letteratura. Bisogna scrivere tutto come viene alla penna, senza cercare le parole.
Qui, quel che lo scrittore francese suggerisce, accade alla perfezione. Perfezione che concretizzo io: in realtà dei sette racconti che compongono l'antologia due sono capolavori assoluti – e per tigna non do i titoli perché una segnalazione serve anche a questo, a sfrizzolare il velo pendulo del lettore – i rimanenti sono assolutamente prescindibili. Ma non mi si venga a dire che l'incontro con uno stile a volte magmatico ed il "rilascio" della penna possa costituir frizione. Neanche un po'. Dà corpo al tutto la voglia di non crear barriere, anzi, se disgraziatamente ed involontariamente lo scrittore erge ostacoli, in questo caso ci si butta contro, demolendoli per poi pagarne le conseguenze.
Novelli si apre al mondo come nessun altro scrittore ha fatto negli ultimi anni (bum! Esagerato...), non ultimo rilasciar sostanze per strada, come se liquefarsi e gradualmente sparire sia non soltanto tecnica da fantascienza (l'amata fantascienza!) e quindi letteraria, ma vera e propria concrezione psicosomatica (prima) e sua liberazione fatale (poi) nella realtà.
Novelli è dunque uno scrittore – definizione banale, ma non semplicistica – anche e soprattutto perché intorno a lui vagolano schiere di psedo imbrattatori – casalinghi frustrati in odor di vacuità. (Potessi dirla tutta senza offendere nessuno, mi scaglierei contro quella letteratura di cuore e frattaglie, patetica ed inconsistente che si lascia definir pur "gay". Viva dunque l'etero-attività dello scrittore romano, pulsante, dolorosa e dolorante, lontana mille miglia dalle fregnacce tutte tamariane di chi scrive diari, pur maschi e froci). Scrittore che non esita a "sbattersi" in prima pagina come fosse il mostro di turno e subire lo scherno di una platea incompetente.
Eh già, perché sfido chiunque a contraddirmi: questo libro girerà poco, per librerie e per redazioni che contano – un po' perché l'editrice la conosciamo pure, pigra e di pochi mezzi – ma soprattutto perché di materia lavica è fatta la sostanza. Non chiedetemi giudizi ed orchetti, non chiedetemi di incidere sul marmo sentenze definitive.
Qui non si scherza. Tutto in famiglia, nella sua eterogenea incompletezza è una gran cosa. Si diceva prima: ebolle. Quindi stop.
di Alfredo Ronci
Diceva Jean Cocteau: Le style, c'est de chercher, de tâcher, de ne pas en avoir un – mais, sans y parvenir! (Lo stile è cercare, è tentare. Di non averne uno, ma senza riuscirci).
Novelli dunque tenta di non averne – ma già per l'"assemblaggio" dei testi, scritti, crediamo noi, in tempi diversi, si tenta la carta del depistaggio – ma è ricco di suo e a volte anche esplosivo (Padre. Ruote quadrate). Si carica di peso, e si alleggerisce all'improvviso a seconda delle circostanze e delle funzioni. Ma è nella sostanza che Novelli ebolle.
Scusate se ri-cito ma è indispensabile. Diceva Sartre ne La nausea: Io non ho bisogno di far delle frasi. Scrivo per mettere alla luce certe circostanze. Diffidare della letteratura. Bisogna scrivere tutto come viene alla penna, senza cercare le parole.
Qui, quel che lo scrittore francese suggerisce, accade alla perfezione. Perfezione che concretizzo io: in realtà dei sette racconti che compongono l'antologia due sono capolavori assoluti – e per tigna non do i titoli perché una segnalazione serve anche a questo, a sfrizzolare il velo pendulo del lettore – i rimanenti sono assolutamente prescindibili. Ma non mi si venga a dire che l'incontro con uno stile a volte magmatico ed il "rilascio" della penna possa costituir frizione. Neanche un po'. Dà corpo al tutto la voglia di non crear barriere, anzi, se disgraziatamente ed involontariamente lo scrittore erge ostacoli, in questo caso ci si butta contro, demolendoli per poi pagarne le conseguenze.
Novelli si apre al mondo come nessun altro scrittore ha fatto negli ultimi anni (bum! Esagerato...), non ultimo rilasciar sostanze per strada, come se liquefarsi e gradualmente sparire sia non soltanto tecnica da fantascienza (l'amata fantascienza!) e quindi letteraria, ma vera e propria concrezione psicosomatica (prima) e sua liberazione fatale (poi) nella realtà.
Novelli è dunque uno scrittore – definizione banale, ma non semplicistica – anche e soprattutto perché intorno a lui vagolano schiere di psedo imbrattatori – casalinghi frustrati in odor di vacuità. (Potessi dirla tutta senza offendere nessuno, mi scaglierei contro quella letteratura di cuore e frattaglie, patetica ed inconsistente che si lascia definir pur "gay". Viva dunque l'etero-attività dello scrittore romano, pulsante, dolorosa e dolorante, lontana mille miglia dalle fregnacce tutte tamariane di chi scrive diari, pur maschi e froci). Scrittore che non esita a "sbattersi" in prima pagina come fosse il mostro di turno e subire lo scherno di una platea incompetente.
Eh già, perché sfido chiunque a contraddirmi: questo libro girerà poco, per librerie e per redazioni che contano – un po' perché l'editrice la conosciamo pure, pigra e di pochi mezzi – ma soprattutto perché di materia lavica è fatta la sostanza. Non chiedetemi giudizi ed orchetti, non chiedetemi di incidere sul marmo sentenze definitive.
Qui non si scherza. Tutto in famiglia, nella sua eterogenea incompletezza è una gran cosa. Si diceva prima: ebolle. Quindi stop.
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