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CLASSICI

Alfredo Ronci

Un duo snob e gioioso: “L’amante senza fissa dimora” di Fruttero e Lucentini.

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Mi sono sempre chiesto il perché dell’amore e della stima letteraria nei confronti di Fruttero e Lucentini. La risposta potrebbe essere semplice (e nello stesso tempo efficace per chi scrive) ma nello stesso modo mi domando se la questione non possa essere ritenuta inadeguata.
Lucentini veniva da un’origine scrittoriale che non lasciava dubbi: nel 1951 veniva pubblicato per Einaudi I compagni sconosciuti, una specie di diario esistenziale piano e consapevole che fece dire a qualche critico di allora (da Vittorini a Pavese) che in lui si ascoltava una nuova voce della letteratura italiana. Una voce che nel corso del tempo ha avuto ben cinque edizioni del libro e che è stato (il libro) fuori da marchingegni letterari dovuti al successo che lo stesso Lucentini ebbe con Fruttero.
Lo stesso Fruttero ebbe a dire a proposito del romanzo: Il tema è presto detto. Il protagonista ha scoperto che i rapporti umani fanno soffrire. E più sono dolci, affettuosi, semplici, giusti, più e qui sta la tragedia – fanno soffrire.
Fruttero divenne amico di Lucentini nel 1952, appena dopo la pubblicazione del romanzo I compagni sconosciuti, e con lui affrontò una serie di problematiche letterarie fino ad arrivare al successo clamoroso con La donna della domenica.
Ed è qui che comincia la vera storia e comincia anche il mio doveroso omaggio all’arte e alla sapienza dei due.
Dunque perché tutto questo amore? Forse perché innescano nei procedimenti della scrittura noir delle nuove sensazioni? Forse perché questa scrittura alimenta un nuovo linguaggio che per alcuni, ma io credo per tutti, è ritenuto sfrenato, gioioso, severo e spietato?
O forse semplicemente perché la letteratura, di cui si sentono aggiogati e protagonisti, è solo un rimbalzo di una realtà più feroce e veritiera?
Domande non del tutto difficili, ma che, come si diceva all’inizio, danno una risposta inadeguata al tutto. Cominciamo a dire però perché si è scelto L’amante senza fissa dimora e non per esempio La donna della domenica o A che punto è la notte.
Anche in questo caso, e con tutte le amorevoli considerazioni del fatto, non c’è una spiegazione logica, anche se, nelle intenzioni dei due scrittori, una certa differenza di fondo tra i tre romanzi effettivamente c’è. I primi due, mantenendo ferme le argomentazioni letterarie, sono un po’ più politici, nel senso che affrontano i casi, soprattutto i delitti, avendo davanti agli occhi una realtà ben precisa e caratterizzante.
L’amante senza fissa dimora è invece un gioco: attraverso la mappa labirintica della città di Venezia (molto ben ricostruita, come ben ricostruita era Siena ne Il Palio delle contrade morte), del gioco fantastico delle increspature dei canali, della vaporosa ambiguità lagunare, filtra nelle pagine del romanzo una sensazione, a volte ironica ma a volte raggelante, di un tradizionale thriller che poi, in verità, si risolverà nel ritratto di un misterioso e affascinante individuo.
Non è un noir a tutti gli effetti (come non lo era Il Palio delle contrade morte), ma raccontare la trama del libro e tutte le sue direzioni mi sembra eccessivo. Torna però nel romanzo la qualità indiscussa del linguaggio (un esempio, proprio all’inizio della storia: -The lagoon! – ripetono i turisti della sua e delle altre comitive che riempiono il volo Z 114, - La lagune! – A laguna!...
Come sempre, è per loro indispensabile nominare, più che vedere, le città e i templi e le statue e gli affreschi e le cascate e le isole e tutte le terre e le acque che pagano per visitare. Look, look, the Coliseum, the Sixtine Chapel, the Casbah, les Pyramides, la Tour de Pisa, the lagoon… Sembrano invocazioni per suscitare cose immaginarie…
Ci si chiede semmai come un autore piano e consapevole come Lucentini, autore di un romanzo povero come I compagni sconosciuti, sia riuscito a mistificare la storia e ad offrirci un panorama così vasto e gioioso del mondo.
Forse neanche questa è la sensazione giusta per capire i due scrittori. E’ giusto, come si diceva pocanzi, ricordare i tempi e i modi delle loro costruzioni. E’ giusto e anche molto indicativo fermarsi sull’uso di un linguaggio che indicò una nuova via alla letteratura nostrana (per carità, Busi era su un’altra direzione, ma questi sono gli anni dei primi romanzi dello scrittore bresciano), ma quello che in fondo ci suggerisce il nostro amore per Fruttero e Lucentini è l’arte di far sorridere. Di lasciarci contenti anche se fuori nulla lo dà a vedere.



L’edizione da noi considerata è:

Fruttero e Lucentini
L’amante senza fissa dimora
Mondadori




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