CLASSICI
Alfredo Ronci
Un gioiello: “Estate al lago” di Alberto Vigevani.

La sorpresa è ancora più grossa quando, pur sfogliando tra le vecchie cose del passato, soprattutto di un certo livello, alla fine della lettura ti ritrovi in mano un gioiellino di estrema fattura che in un impeto di follia lo paragoneresti ai massimi della letteratura. Intendiamoci, abbiamo certo esagerato, ma sicuramente ci si potrebbe ricordare meglio e assaporare le delicate costruzioni di una infanzia e soprattutto giovinezza che hanno sempre caratterizzato le costruzioni di Alberto Vigevani.
Si ricorda poco di lui. Ma fu al centro dell’attività culturale sin dal tempo del fascismo. Tra i fondatori della rivista Corrente, collaborò (col nome di Berto Vani nel periodo delle leggi razziali) a Letteratura e Prospettive. La sua narrativa, dominata dalle suggestioni della memoria nel clima stilistico della più aristocratica letteratura lombarda, e nutrita da una costante riflessione sui temi dell’ebraismo (lui stesso ebreo) si aprì ben presto a un progressivo recupero lirico dell’infanzia e dei ricordi familiari.
Ed uno come lui fu sempre al centro dell’attenzione e della riverenza di altre persone e soprattutto scrittore (e scrittrici). Lalla Romano disse: Chi è stato, anzitutto, Alberto Vigevani? Non posso che rispondere: un poeta, anzi: un poeta che ha scritto romanzi.
Lalla Romano scrisse questo soprattutto perché Vigevani all’attività politica affiancò quella di poeta e ovviamente di prosatore. Un critico letterario che spesso noi riportiamo per la sua completezza e conoscenza, Giorgio Bàrberi Squarotti, nel suo Narrativa italiana del dopoguerra, affermava, a proposito di un altro romanzo, Le foglie di San Siro, assai simili per contenuti a Estate al lago: un’indagine morale che, anche quando il tema dell’infanzia non costituisce il centro del discorso, si appunta costantemente su paesaggi interiori e luoghi incerti, dubitosi, nebbiosi, ambigui un poco e contraddittori, ma per questo, eccitanti, da parte dello scrittore, l’operazione difficile della precisazione, dell’illuminazione, del chiarimento. Il quale, tuttavia, resta sempre più una aspirazione che un esito: di qui quel sentore sottile, quel senso di coinvolgimento entro le dubitose e doppie situazioni assunte nel discorso narrativo, che rappresenta il fascino scontroso e solitario dell’opera di Vigevani.
Estate al lago, proprio come direbbe Bàrberi Squarotti, racconta un paesaggio interiore, cioè la scoperta dei primi sentimenti amorosi del quattordicenne Giacomo. Dice di lui agli inizi del romanzo, lo scrittore prima che, per una serie di circostanze, il protagonista si ritroverà a Menaggio, sul lago di Como: S’accompagnava a quelle fantasie come uno sfondo il ricordo, legato alla prima fanciullezza, d’una realtà più viva e brillante, impastata di colori luminosi e di momenti d’incanto, tra cui gli pareva aver camminato senza saper scegliere, senza goderli, tanto attraenti gli eran sembrati tutti e così vicini che non avrebbe mai potuto perderli, com’era invece avvenuto.
E proprio a Menaggio le cose, per il giovane Giacomo, sembrano andare diversamente. Forse il clima, forse una nuova predisposizione personale, forse il fatto che sta sentendo dentro di sé i primi segni di una attività sessuale. Fatto sta che conosce una ragazza più grande di lui e con lei assapora le prime dinamiche di un certo tipo.
Ci scandalizziamo noi, di questi tempi (quando addirittura non interveniamo a livello giuridico e sociale) all’eventualità di un minorenne che fa sesso; che avrebbero potuto dire i critici, o semplicemente i lettori, ad una scena dove il piccolo Giacomo degusta nuove sensazioni, per lo più non disturbato da eventuali scocciatori? ... Passava le dita sui capezzoli che s’erano induriti e come delle croste, o i piccioli di un frutto, non cedevano alla carezza ripetuta ma la chiamavano ancora, in uno spasimo che si rinnovava. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui si ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli riempivan gli occhi, la fronte. Un respiro resinoso di terra e di donna che sulla sua pelle gli pareva quello del suo sangue.
Ma non è finita, perché in occasione di un bagno al lago conosce la madre di un ragazzo, più piccolo di lui, circa nove anni, che completamente ignara, gli riconsegna degli umori che nemmeno la precedente avventura aveva mai sopito. Tanto che verso la fine del romanzo lo scrittore afferma: S’addormentò tardi. Gli pareva in quel pomeriggio d’essersi accorto di come era complesso l’amore; non era solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi.
E’, quasi, la fine di una commozione.
L’ho detto già in precedenza: un gioiello.
L’edizione da noi considerata è:
Alberto Vigevani
Estate al lago
Universale Economica Feltrinelli
Si ricorda poco di lui. Ma fu al centro dell’attività culturale sin dal tempo del fascismo. Tra i fondatori della rivista Corrente, collaborò (col nome di Berto Vani nel periodo delle leggi razziali) a Letteratura e Prospettive. La sua narrativa, dominata dalle suggestioni della memoria nel clima stilistico della più aristocratica letteratura lombarda, e nutrita da una costante riflessione sui temi dell’ebraismo (lui stesso ebreo) si aprì ben presto a un progressivo recupero lirico dell’infanzia e dei ricordi familiari.
Ed uno come lui fu sempre al centro dell’attenzione e della riverenza di altre persone e soprattutto scrittore (e scrittrici). Lalla Romano disse: Chi è stato, anzitutto, Alberto Vigevani? Non posso che rispondere: un poeta, anzi: un poeta che ha scritto romanzi.
Lalla Romano scrisse questo soprattutto perché Vigevani all’attività politica affiancò quella di poeta e ovviamente di prosatore. Un critico letterario che spesso noi riportiamo per la sua completezza e conoscenza, Giorgio Bàrberi Squarotti, nel suo Narrativa italiana del dopoguerra, affermava, a proposito di un altro romanzo, Le foglie di San Siro, assai simili per contenuti a Estate al lago: un’indagine morale che, anche quando il tema dell’infanzia non costituisce il centro del discorso, si appunta costantemente su paesaggi interiori e luoghi incerti, dubitosi, nebbiosi, ambigui un poco e contraddittori, ma per questo, eccitanti, da parte dello scrittore, l’operazione difficile della precisazione, dell’illuminazione, del chiarimento. Il quale, tuttavia, resta sempre più una aspirazione che un esito: di qui quel sentore sottile, quel senso di coinvolgimento entro le dubitose e doppie situazioni assunte nel discorso narrativo, che rappresenta il fascino scontroso e solitario dell’opera di Vigevani.
Estate al lago, proprio come direbbe Bàrberi Squarotti, racconta un paesaggio interiore, cioè la scoperta dei primi sentimenti amorosi del quattordicenne Giacomo. Dice di lui agli inizi del romanzo, lo scrittore prima che, per una serie di circostanze, il protagonista si ritroverà a Menaggio, sul lago di Como: S’accompagnava a quelle fantasie come uno sfondo il ricordo, legato alla prima fanciullezza, d’una realtà più viva e brillante, impastata di colori luminosi e di momenti d’incanto, tra cui gli pareva aver camminato senza saper scegliere, senza goderli, tanto attraenti gli eran sembrati tutti e così vicini che non avrebbe mai potuto perderli, com’era invece avvenuto.
E proprio a Menaggio le cose, per il giovane Giacomo, sembrano andare diversamente. Forse il clima, forse una nuova predisposizione personale, forse il fatto che sta sentendo dentro di sé i primi segni di una attività sessuale. Fatto sta che conosce una ragazza più grande di lui e con lei assapora le prime dinamiche di un certo tipo.
Ci scandalizziamo noi, di questi tempi (quando addirittura non interveniamo a livello giuridico e sociale) all’eventualità di un minorenne che fa sesso; che avrebbero potuto dire i critici, o semplicemente i lettori, ad una scena dove il piccolo Giacomo degusta nuove sensazioni, per lo più non disturbato da eventuali scocciatori? ... Passava le dita sui capezzoli che s’erano induriti e come delle croste, o i piccioli di un frutto, non cedevano alla carezza ripetuta ma la chiamavano ancora, in uno spasimo che si rinnovava. Era entro un sentiero buio che lo faceva trasalire, e morbido, in cui si ritrovava pungente l’odore dei capelli che gli riempivan gli occhi, la fronte. Un respiro resinoso di terra e di donna che sulla sua pelle gli pareva quello del suo sangue.
Ma non è finita, perché in occasione di un bagno al lago conosce la madre di un ragazzo, più piccolo di lui, circa nove anni, che completamente ignara, gli riconsegna degli umori che nemmeno la precedente avventura aveva mai sopito. Tanto che verso la fine del romanzo lo scrittore afferma: S’addormentò tardi. Gli pareva in quel pomeriggio d’essersi accorto di come era complesso l’amore; non era solo desiderio d’armonia, di bellezza, ma anche aspirazione a non esistere più, ad annientarsi.
E’, quasi, la fine di una commozione.
L’ho detto già in precedenza: un gioiello.
L’edizione da noi considerata è:
Alberto Vigevani
Estate al lago
Universale Economica Feltrinelli
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