CLASSICI
Alfredo Ronci
Un romanzo curioso di un uomo moderno: 'Purità' di Mario Mariani.

S'intenda 'purità' per purezza, ovvio. Ma Mariani che era uomo attento e anche un po' fumino, specifica nelle gustosissime note finali di questa edizione, che chiamerà 'comento', perché io non ho il coraggio futurista di foggiare il vocabolo postfazione, che Purità è soprattutto un sogno.
E vediamo di che tipo.
Trama che appare (anche ad una seconda lettura) succedanea alla letteratura d'appendice: Vera, educata in un convento, durante una vacanza della sua famiglia in un rustico, in parte da aggiustare, conosce Ugo d'Ormea, l'ingegnere a cui sono stati affidati i lavori di ristrutturazione. Nasce subito l'amore, anche se la ragazza sceglie un comportamento virginale e rifiuta financo il bacio: Perché te, se ti bacio, t'amo. Perché te, se ti bacio, non ti scordo più. – E scappò via.
Prodromo questo atteggiamento di una relazione più concreta che sfocia nel matrimonio e nello stato d'attesa della donna. Ma la donna, rosa da un mal di vivere che modernamente potremmo definire depressione, muore di parto lasciando allo sposo un figlio da mantenere.
Non vi è dubbio: Mariani l'appendicista sfoggia anche un linguaggio consono – soprattutto nella seconda parte in cui vi è un intenso scambio epistolare tra i due protagonisti – ostentando l'iperbole e anche parecchia banalità sugli affari di cuore (in alcuni passi, ci pare, che il laicissimo scrittore voglia far sua la lezione del 'Cantico dei Cantici' con tutta la leziosità, ma anche il fascino di quella dialogica esposizione).
Ma la lettura del 'comento' ci illumina d'immenso: Purità passerà pure per sogno, ma è basato su una storia davvero accaduta, ma pregna d'ipocrisia. Perché Mariani sembra ragionar al contrario.
Fu figura eclettica ed inclassificabile: partecipò alla Prima guerra mondiale perché interventista, poi, critico del fascismo ed antiborghese (opposizione che esprime lucidamente anche nel romanzo questo: Solo la borghesia non ha saputo far nulla di suo. Appena nata s'è messa a scimmiottare gli aristocratici e forse non lascierà ai posteri – possiamo ormai dirlo perché agonizza già – nessun documento architettonico che le fosse peculiare), si tuffò nel mare tempestoso del socialismo rivoluzionario (Io credo fermamente nella bontà della causa rivoluzionaria...sempre da Purità), e lì nuotò, fuggendo poi dall'Italia perché antifascista e mai più vi fece ritorno, morendo in Brasile, ma sempre fedele alla linea (come direbbero i CCCP).
Perché dicevo che lo scrittore ragionava al contrario? Perché scrive una storia appendicista (quindi di per sé conservatrice di valori stantii) di famiglia per attentare alla sua stabilità. Scrive in proposito: Poiché la famiglia crea la proprietà, la conserva e la trasmette ed è, la famiglia, il primo nucleo ed il fulcro del regime borghese. (Curioso no? E pure proto sessantottino. Si prenda Bellocchio: lui per distruggere la famiglia classica ne I pugni in tasca – 1966 – raffigura un quadro di disagio insopportabile, Mariani edulcora, fino allo sfinimento diabetico, i tratti della storia d'amore e della nascita di un figlio).
Ma era quello che voleva, nonostante i lettori – che erano tanti a quell'epoca (un pizzico prima del fascismo, perché Purità è del 1920), gli contestassero l'assunto, nonostante conoscessero il personaggio per sentito dire (lo accusavano di proclamare l'amenità del peccato, e quindi delle corna) e conoscessero lo scrittore per le storie pruriginose che raccontava.
Dunque Mariani uomo d'altri tempi, ma effettivamente moderno: divorzista, proprio perché l'amore dovesse escludere l'ipocrisia di un legame vincolato, ma a quel punto non necessario (ecco perché Purità mostra il contraltare fino alle condizioni più estreme, cioè la fedeltà dell'ingegner Ugo d'Ormea alla figura della sua Vera) e portatore di un'idea del rapporto lungi dall'essere assistenziale, ma potremmo dire compenetrante: Io non voglio una compagna della vita, voglio una compagna d'esiglio.
Che nelle parole dette a Vera non significavano fuga dalla realtà, ma fuga dall'istituzionalizzazione dell'unione che sapeva di rifrittura borghese.
L'edizione da noi considerata è:
Mario Mariani
Purità
Sonzogno - 1947
E vediamo di che tipo.
Trama che appare (anche ad una seconda lettura) succedanea alla letteratura d'appendice: Vera, educata in un convento, durante una vacanza della sua famiglia in un rustico, in parte da aggiustare, conosce Ugo d'Ormea, l'ingegnere a cui sono stati affidati i lavori di ristrutturazione. Nasce subito l'amore, anche se la ragazza sceglie un comportamento virginale e rifiuta financo il bacio: Perché te, se ti bacio, t'amo. Perché te, se ti bacio, non ti scordo più. – E scappò via.
Prodromo questo atteggiamento di una relazione più concreta che sfocia nel matrimonio e nello stato d'attesa della donna. Ma la donna, rosa da un mal di vivere che modernamente potremmo definire depressione, muore di parto lasciando allo sposo un figlio da mantenere.
Non vi è dubbio: Mariani l'appendicista sfoggia anche un linguaggio consono – soprattutto nella seconda parte in cui vi è un intenso scambio epistolare tra i due protagonisti – ostentando l'iperbole e anche parecchia banalità sugli affari di cuore (in alcuni passi, ci pare, che il laicissimo scrittore voglia far sua la lezione del 'Cantico dei Cantici' con tutta la leziosità, ma anche il fascino di quella dialogica esposizione).
Ma la lettura del 'comento' ci illumina d'immenso: Purità passerà pure per sogno, ma è basato su una storia davvero accaduta, ma pregna d'ipocrisia. Perché Mariani sembra ragionar al contrario.
Fu figura eclettica ed inclassificabile: partecipò alla Prima guerra mondiale perché interventista, poi, critico del fascismo ed antiborghese (opposizione che esprime lucidamente anche nel romanzo questo: Solo la borghesia non ha saputo far nulla di suo. Appena nata s'è messa a scimmiottare gli aristocratici e forse non lascierà ai posteri – possiamo ormai dirlo perché agonizza già – nessun documento architettonico che le fosse peculiare), si tuffò nel mare tempestoso del socialismo rivoluzionario (Io credo fermamente nella bontà della causa rivoluzionaria...sempre da Purità), e lì nuotò, fuggendo poi dall'Italia perché antifascista e mai più vi fece ritorno, morendo in Brasile, ma sempre fedele alla linea (come direbbero i CCCP).
Perché dicevo che lo scrittore ragionava al contrario? Perché scrive una storia appendicista (quindi di per sé conservatrice di valori stantii) di famiglia per attentare alla sua stabilità. Scrive in proposito: Poiché la famiglia crea la proprietà, la conserva e la trasmette ed è, la famiglia, il primo nucleo ed il fulcro del regime borghese. (Curioso no? E pure proto sessantottino. Si prenda Bellocchio: lui per distruggere la famiglia classica ne I pugni in tasca – 1966 – raffigura un quadro di disagio insopportabile, Mariani edulcora, fino allo sfinimento diabetico, i tratti della storia d'amore e della nascita di un figlio).
Ma era quello che voleva, nonostante i lettori – che erano tanti a quell'epoca (un pizzico prima del fascismo, perché Purità è del 1920), gli contestassero l'assunto, nonostante conoscessero il personaggio per sentito dire (lo accusavano di proclamare l'amenità del peccato, e quindi delle corna) e conoscessero lo scrittore per le storie pruriginose che raccontava.
Dunque Mariani uomo d'altri tempi, ma effettivamente moderno: divorzista, proprio perché l'amore dovesse escludere l'ipocrisia di un legame vincolato, ma a quel punto non necessario (ecco perché Purità mostra il contraltare fino alle condizioni più estreme, cioè la fedeltà dell'ingegner Ugo d'Ormea alla figura della sua Vera) e portatore di un'idea del rapporto lungi dall'essere assistenziale, ma potremmo dire compenetrante: Io non voglio una compagna della vita, voglio una compagna d'esiglio.
Che nelle parole dette a Vera non significavano fuga dalla realtà, ma fuga dall'istituzionalizzazione dell'unione che sapeva di rifrittura borghese.
L'edizione da noi considerata è:
Mario Mariani
Purità
Sonzogno - 1947
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