CLASSICI
Alfredo Ronci
Un segno della tragedia che verrà: Vamba e il “Giornalino di Gianburrasca”.

Secondo voi, quale furono le intenzioni di Vamba (Luigi Bertelli), nel momento in cui uscirono le prime copie del suo famosissimo libro?
In realtà questo libro ebbe un esito diverso: fu prima pubblicato in 55 puntate su il Giornalino della Domenica” e solo successivamente, con una versione leggermente diversa, fu rieditata in volume nel 1912.
In ogni caso la domanda rimane: Vamba si proponeva qualcosa di diverso dalla storia di un terribile ragazzino in un ambiente storico che presto avrebbe segnato la storia del nostro paese?
Di sicuro non voleva confondersi con le lacrimevoli avventure di Cuore di De Amicis. Proprio nel Giornalino c’è un preciso riferimento al testo: In questo momento vorrei avere la penna di Edmondo De Amicis perché la scena che è successa a scuola stamani è una di quelle da far piangere la gente come vitelli.
L’arguzia e l’ironia di Gianburrasca, e quindi di Vamba, ci fanno pensare che le atmosfere lacrimevoli di Cuore siano tutt’altra cosa rispetto alle demenziali birbonate del ragazzo e di tutta la congrega del palazzo.
Forse voleva continuare l’allure infantile di Pinocchio? La storia di Collodi, per quanto densa di riferimenti puerili, viaggia abbastanza lontana dalla carica eversiva del Giannino di Vamba (si potrebbe far riferimento anche, per i più colti, a Le pistole di Omero, del versiliese scolopio Ermenegildo Pistelli, ma siamo davvero su un’altra dimensione politico-sociologica).
No. Il giornalino di Gianburrasca procede su un binario tutto suo. Tempo fa, su una prefazione ad una edizione Feltrinelli, il musicista Roberto Freak Antoni elencò una serie di elementi che determinarono il successo immediato di questo ragazzaccio terribile: le ipocrisie degli adulti piccolo-borghese, l’autoritarismo educativo, la retorica religiosa, le ambiguità degli opportunismi di partito, la totale sfiducia nella scienza medica esercitata senza nessuna deontologia professionale.
Tutto bene, ma cos’è che, innanzitutto, eleva il protagonista a vera star di quel momento? Forse l’accesso dibattitto che avveniva in quel tempo e che presto avrebbe determinato una svolta nel paese? Fernando Tempesti, attento conoscitore del Giornalino (fu lui a mettere in evidenza le piccole differenze tra la prima edizione in 55 puntate e quella successiva in volume), espone una tesi che ci sembra estremamente intelligente e sagace: Giannino Stoppani, l’eroe indiscusso di questo libro, può essere considerato una sorta di protofascista. Innegabile l’aspetto intimamente profetico del testo, ma si avverte una sorta di grido libertario che, conoscendo i tempi e i modi dell’epoca, ci riporta il ragazzo verso una sorta d’imprinting culturale e politico.
Gli stessi elementi che metteva in risalto Freak Antoni, fatte le debite differenze e i debiti scongiuri, rimandano il piccolo eroe ad una sorta di improvvisato, ma anche consapevole, movimento d’idee.
Intendiamoci, il protofascismo di cui andiamo parlando, non è e né sarebbe mai stato il fascismo di mussoliniana memoria. E’ una specie di movimento che porta alla ribalda, ma con energia tutta sua, un mondo raggiungibile seppur insubordinato.
C’è anche un altro motivo d’interesse: nella complessità di un mondo a venire, l’esistenza, nel Giornalino, di una società segreta (Uno per tutti, tutti per uno) ci ricorda come a quei tempi (e in quelli immediatamente successivi) le società segrete erano già presenti e importanti nell’Italia del terzo e quarto decennio.
Dov’è, però, in questo contesto la vis pedagogica che ci fa pensare al Giannino di Vamba come ad esempio da tenere in attenzione? Sta nella sua capacità profetica, nel suo modo, ribelle ma vero, di trasformare il mondo in un palcoscenico attuale e provocante.
Gianburrasca non è solo un ragazzino terribile e birbone, ma è una sorta di viatico che ci accompagna verso una società più audace, ma vera. Verso una storia che poi avrebbe visto le speranze dissolversi, ma che nella mente del ragazzaccio, rimane perentoria ma permutabile.
L’edizione da noi considerata è:
Vamba
Il giornalino di Gianburrasca
Giunti
In realtà questo libro ebbe un esito diverso: fu prima pubblicato in 55 puntate su il Giornalino della Domenica” e solo successivamente, con una versione leggermente diversa, fu rieditata in volume nel 1912.
In ogni caso la domanda rimane: Vamba si proponeva qualcosa di diverso dalla storia di un terribile ragazzino in un ambiente storico che presto avrebbe segnato la storia del nostro paese?
Di sicuro non voleva confondersi con le lacrimevoli avventure di Cuore di De Amicis. Proprio nel Giornalino c’è un preciso riferimento al testo: In questo momento vorrei avere la penna di Edmondo De Amicis perché la scena che è successa a scuola stamani è una di quelle da far piangere la gente come vitelli.
L’arguzia e l’ironia di Gianburrasca, e quindi di Vamba, ci fanno pensare che le atmosfere lacrimevoli di Cuore siano tutt’altra cosa rispetto alle demenziali birbonate del ragazzo e di tutta la congrega del palazzo.
Forse voleva continuare l’allure infantile di Pinocchio? La storia di Collodi, per quanto densa di riferimenti puerili, viaggia abbastanza lontana dalla carica eversiva del Giannino di Vamba (si potrebbe far riferimento anche, per i più colti, a Le pistole di Omero, del versiliese scolopio Ermenegildo Pistelli, ma siamo davvero su un’altra dimensione politico-sociologica).
No. Il giornalino di Gianburrasca procede su un binario tutto suo. Tempo fa, su una prefazione ad una edizione Feltrinelli, il musicista Roberto Freak Antoni elencò una serie di elementi che determinarono il successo immediato di questo ragazzaccio terribile: le ipocrisie degli adulti piccolo-borghese, l’autoritarismo educativo, la retorica religiosa, le ambiguità degli opportunismi di partito, la totale sfiducia nella scienza medica esercitata senza nessuna deontologia professionale.
Tutto bene, ma cos’è che, innanzitutto, eleva il protagonista a vera star di quel momento? Forse l’accesso dibattitto che avveniva in quel tempo e che presto avrebbe determinato una svolta nel paese? Fernando Tempesti, attento conoscitore del Giornalino (fu lui a mettere in evidenza le piccole differenze tra la prima edizione in 55 puntate e quella successiva in volume), espone una tesi che ci sembra estremamente intelligente e sagace: Giannino Stoppani, l’eroe indiscusso di questo libro, può essere considerato una sorta di protofascista. Innegabile l’aspetto intimamente profetico del testo, ma si avverte una sorta di grido libertario che, conoscendo i tempi e i modi dell’epoca, ci riporta il ragazzo verso una sorta d’imprinting culturale e politico.
Gli stessi elementi che metteva in risalto Freak Antoni, fatte le debite differenze e i debiti scongiuri, rimandano il piccolo eroe ad una sorta di improvvisato, ma anche consapevole, movimento d’idee.
Intendiamoci, il protofascismo di cui andiamo parlando, non è e né sarebbe mai stato il fascismo di mussoliniana memoria. E’ una specie di movimento che porta alla ribalda, ma con energia tutta sua, un mondo raggiungibile seppur insubordinato.
C’è anche un altro motivo d’interesse: nella complessità di un mondo a venire, l’esistenza, nel Giornalino, di una società segreta (Uno per tutti, tutti per uno) ci ricorda come a quei tempi (e in quelli immediatamente successivi) le società segrete erano già presenti e importanti nell’Italia del terzo e quarto decennio.
Dov’è, però, in questo contesto la vis pedagogica che ci fa pensare al Giannino di Vamba come ad esempio da tenere in attenzione? Sta nella sua capacità profetica, nel suo modo, ribelle ma vero, di trasformare il mondo in un palcoscenico attuale e provocante.
Gianburrasca non è solo un ragazzino terribile e birbone, ma è una sorta di viatico che ci accompagna verso una società più audace, ma vera. Verso una storia che poi avrebbe visto le speranze dissolversi, ma che nella mente del ragazzaccio, rimane perentoria ma permutabile.
L’edizione da noi considerata è:
Vamba
Il giornalino di Gianburrasca
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