CLASSICI
Alfredo Ronci
Un signore dall’aura inconfondibile: Alberto Carossi e il suo “Un ballo dagli Angrisoni”.
C’è un dubbio, anzi una negligenza, che assale le persone che si dedicano, con un po’ di coraggio e anche con un certo amore, alla nostra letteratura e soprattutto al periodo che va dal 1920 al 1945. Insomma, agli anni che videro la barbarie e la violenza del regime fascista. Ebbene, in tutto quel periodo, quali opere seppero superare la barriera dell’ostruzionismo nazionale ed eccellere, o quanto meno ergersi, a protezione di un certo modo di vedere la realtà e il mondo?
Perché parlo di negligenza? Perché si è sempre preferito documentarsi e poi alla fine primeggiare su eventi accaduti dopo i grandi eventi, che non immergersi in una barriera che avrebbe di sicuro delimitato le nostre preparazioni personali. Ebbene, tralasciando certe scelte editoriali di facciata (che portarono all’esclusione di elementi e di scrittori assolutamente coerenti, ma forse non troppi inclini alla vulgata di successo) se dovessi indicare qualche libro, negli anni del fascismo, opterei per Gli indifferenti di Alberto Moravia (1929) e Nessuno torna indietro di Alba De Cespedes (1934, ma poi pubblicato nel 1938, e successivamente, per il grande successo che ottenne, censurato dal regime).
L’uno assolutamente censorio nei confronto di un regime borghese ormai al declino, l’altro entusiasmante nella rappresentazione di un mondo femminile lontano dagli schemi italici del fascismo.
In verità ce ne sarebbero molti altri, ma mi limito a questi soltanto per indicarne la grandezza e la libertà tra schemi ormai consolidati e sottoposti ad una censura di necessità.
Alberto Carocci, sin da giovanissimo, s’interessò di letteratura, tanto che all’età di 22 anni fondò la rivista Solaria, nel nome di Proust e Svevo, e nel 1941 l’altra rivista Argomenti, che però dopo poco tempo chiuse i battenti per una dichiarata attività antifascista. Il suo fu sempre un lavoro discreto ma coerente (divenne membro per partito comunista negli anni ’50 e persino deputato) e nel 1932 pubblicò questo romanzo Un ballo dagli Angrisoni che però non ottenne l’interesse che indubbiamente aveva e fu riproposto negli anni ’60.
E’ la storia di un evento culturale che si svolge nella casa di una famiglia di aristocratici molto ricchi, gli Angrisoni appunto, ma che nello svolgersi delle situazioni mette alla prova gli imbarazzi, le crisi, l’abbandono, e la inesattezza politico-culturale di una classe sociale ormai allo sbando.
I protagonisti del romanzo sono Odette, una cantante famosa ormai in declino, e la giovane figlia del conte Angrisoni, aperta per la prima volta all’amore e alla passione. Ma ambedue contornate da una serie di piccoli personaggi che intrecciano le vicende e ne recitano l’assoluto degrado. A cominciare dal giovane dottor Rovich, che è un semplice dipendente della famiglia Angrisoni, che pur non essendo aristocratico, sente su di sé il declino di una vita vissuta inutilmente. Che il Carocci descrive anche nella sua consueta fisicità: Giacomo Rovich era nato di genitori già vecchi. Di statura mediocre, esile, anzi gracile più di quanto la sua età ormai di uomo non comportasse, sommesso nei movimenti come negli intimi moti dell’animo, egli portava in sé l’impronta comune a tanti di coloro che sono concepiti da genitori già stanchi.
Quindi stanco anche lui, ma non è soltanto il dottorino ad essere sottomesso, c’è l’intera massa che muove le acque a determinare una sonnolenza che presto diventerà tragedia. E i discorsi che si fanno e fanno tendenza si riducono ad un dimesso e anche insopportabile regresso: Nella stessa Germania, che fu pure per anni ed anni, triste esempio di decadimento morale, una nuova mentalità sta per rinverdire i costumi: anche là il governo nazionale ha manifestato la sua incrollabile volontà: restituire alla donna il suo posto; e cioè quello di madre.
Questi elementi però non portarono successo al Carocci tanto che il suo romanzo finì nel dimenticatoio e risorse negli anni sessanta, forse sulla scia di un successo personale e politico dell’autore.
Dice Sergio Solmi, curatore del libro: Nulla, naturalmente, nel romanzo di Carocci, che anticipi le forme e i modi dell’odierna narrativa sperimentale, caratterizzata vuoi dall’intrusione del saggio psicologico o sociologico nel racconto, vuoi dalla soppressione della psicologia o addirittura dalla frantumazione pulviscolare del personaggio. Il romanzo di Carocci, come si è detto, “data”, ma lo si legge, probabilmente, con maggior gusto ed interesse di tanti esemplari di tale narrativa, in cui lo sforzo di una novità linguistica o compositiva escogitata a freddo può suscitare una curiosità più che altro d’ordine tecnico e formalistico.
Un romanzo dunque piano e composito, non certamente rivoluzionario, ma che non si adeguava, con una certa classe e autodeterminazione, agli schemi di potere. Risultandone positivo.
Il romanzo da noi considerato è:
Alberto Carocci
Un ballo dagli Angrisoni
Bompiani
Perché parlo di negligenza? Perché si è sempre preferito documentarsi e poi alla fine primeggiare su eventi accaduti dopo i grandi eventi, che non immergersi in una barriera che avrebbe di sicuro delimitato le nostre preparazioni personali. Ebbene, tralasciando certe scelte editoriali di facciata (che portarono all’esclusione di elementi e di scrittori assolutamente coerenti, ma forse non troppi inclini alla vulgata di successo) se dovessi indicare qualche libro, negli anni del fascismo, opterei per Gli indifferenti di Alberto Moravia (1929) e Nessuno torna indietro di Alba De Cespedes (1934, ma poi pubblicato nel 1938, e successivamente, per il grande successo che ottenne, censurato dal regime).
L’uno assolutamente censorio nei confronto di un regime borghese ormai al declino, l’altro entusiasmante nella rappresentazione di un mondo femminile lontano dagli schemi italici del fascismo.
In verità ce ne sarebbero molti altri, ma mi limito a questi soltanto per indicarne la grandezza e la libertà tra schemi ormai consolidati e sottoposti ad una censura di necessità.
Alberto Carocci, sin da giovanissimo, s’interessò di letteratura, tanto che all’età di 22 anni fondò la rivista Solaria, nel nome di Proust e Svevo, e nel 1941 l’altra rivista Argomenti, che però dopo poco tempo chiuse i battenti per una dichiarata attività antifascista. Il suo fu sempre un lavoro discreto ma coerente (divenne membro per partito comunista negli anni ’50 e persino deputato) e nel 1932 pubblicò questo romanzo Un ballo dagli Angrisoni che però non ottenne l’interesse che indubbiamente aveva e fu riproposto negli anni ’60.
E’ la storia di un evento culturale che si svolge nella casa di una famiglia di aristocratici molto ricchi, gli Angrisoni appunto, ma che nello svolgersi delle situazioni mette alla prova gli imbarazzi, le crisi, l’abbandono, e la inesattezza politico-culturale di una classe sociale ormai allo sbando.
I protagonisti del romanzo sono Odette, una cantante famosa ormai in declino, e la giovane figlia del conte Angrisoni, aperta per la prima volta all’amore e alla passione. Ma ambedue contornate da una serie di piccoli personaggi che intrecciano le vicende e ne recitano l’assoluto degrado. A cominciare dal giovane dottor Rovich, che è un semplice dipendente della famiglia Angrisoni, che pur non essendo aristocratico, sente su di sé il declino di una vita vissuta inutilmente. Che il Carocci descrive anche nella sua consueta fisicità: Giacomo Rovich era nato di genitori già vecchi. Di statura mediocre, esile, anzi gracile più di quanto la sua età ormai di uomo non comportasse, sommesso nei movimenti come negli intimi moti dell’animo, egli portava in sé l’impronta comune a tanti di coloro che sono concepiti da genitori già stanchi.
Quindi stanco anche lui, ma non è soltanto il dottorino ad essere sottomesso, c’è l’intera massa che muove le acque a determinare una sonnolenza che presto diventerà tragedia. E i discorsi che si fanno e fanno tendenza si riducono ad un dimesso e anche insopportabile regresso: Nella stessa Germania, che fu pure per anni ed anni, triste esempio di decadimento morale, una nuova mentalità sta per rinverdire i costumi: anche là il governo nazionale ha manifestato la sua incrollabile volontà: restituire alla donna il suo posto; e cioè quello di madre.
Questi elementi però non portarono successo al Carocci tanto che il suo romanzo finì nel dimenticatoio e risorse negli anni sessanta, forse sulla scia di un successo personale e politico dell’autore.
Dice Sergio Solmi, curatore del libro: Nulla, naturalmente, nel romanzo di Carocci, che anticipi le forme e i modi dell’odierna narrativa sperimentale, caratterizzata vuoi dall’intrusione del saggio psicologico o sociologico nel racconto, vuoi dalla soppressione della psicologia o addirittura dalla frantumazione pulviscolare del personaggio. Il romanzo di Carocci, come si è detto, “data”, ma lo si legge, probabilmente, con maggior gusto ed interesse di tanti esemplari di tale narrativa, in cui lo sforzo di una novità linguistica o compositiva escogitata a freddo può suscitare una curiosità più che altro d’ordine tecnico e formalistico.
Un romanzo dunque piano e composito, non certamente rivoluzionario, ma che non si adeguava, con una certa classe e autodeterminazione, agli schemi di potere. Risultandone positivo.
Il romanzo da noi considerato è:
Alberto Carocci
Un ballo dagli Angrisoni
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