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ATTUALITA'

Piergiorgio Paterlini e Alfredo Ronci

Un tributo: Roberto Roversi (1923-2012)

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E' morto Roberto Roversi. Un poeta, ma un poeta di quelli veri. Quando muore uno di loro non bisognerebbe mai chiedere l'età: c'è nella loro opera, attualissima, la potenza di circuire il mondo e nello stesso tempo abbandonarlo al di fuori del tempo.

Vero che fu uno degli ideatori di Lotta Continua, vero che realizzò alla fine degli anni settanta tre dischi con Lucio Dalla, vero che è stato uno degli ultimi librai antiquari, ma sarà un poeta ed anche uno scrittore raffinato e di capacità precognitive. Noi lo ricordiamo con una disamina del suo più bel romanzo Registrazione di eventi del 1964, che andrebbe letto nelle scuole, oggi, per capire la nostra attualità fatta di spread e di speculazioni finanziarie.



Viene mai solitario?



Viene mai solitario un vendicatore solitario? Bussò, entrò e disse sono la morte.



È soltanto un ricordo ormai, un'ombra



(con tenero cuore) al fuoco del camino



nella sera d'inverno.



Il soffio della morte gelandolo



lo impietrì negli zigomi.



I rossori, l'ira, le parole



urlate, i silenzi, il sorriso



che passava sul viso:



larve spezzate, secche, senza ali.



L'alba di agosto era inebriante,



s'alzava un canto dal prato



di strano uccello felice,



fra l'erba correva un gatto nero.



Così lo trascinarono



con tutta la sua carne morta



nella fredda barella al cimitero.





(incipit di Registrazione di eventi, Rizzoli, 1964)





Finito di leggere il libro mi ero appuntato:

Rappresentazione perfetta degli anni sessanta,

a) Denaro, quindi boom economico

b) Ossessioni della guerra

c) Idea della morte.

Poi riflettendo nei giorni successivi sono arrivato alla conclusione che il romanzo di Roversi è uno straordinario esempio di preveggenza: in esso sono contenuti tutti i mali che segnano l'attuale società e la precarietà del vivere.

Lo scrittore pensò, col titolo, di rifarsi a Gadda, perché gaddiana era l'espressione 'registrazione di eventi' per definire il romanzo, che soprattutto in quegli anni (la prima edizione del libro è del 1964) avrebbe subìto il terremoto del Gruppo '63 e di tutta una generazione in vena di sperimentazione.

Però bisogna dirlo: ben pochi sono gli eventi nella vita di Ettore, il protagonista della storia, sorta di alter ego di Roversi (per quanto differenziazioni a iosa, a cominciare dalla morte-suicidio del personaggio), ma significativi e talmente crudeli da portarlo alla rovina.

Ettore è un uomo in difficoltà, ha dovuto vendere la bottega, ha patito un dissesto finanziario (poco chiaro nella dinamica, ma reale) ed ora si ritrova a richiedere un credito in banca per poter risollevarsi (nessuno ha parlato di denaro, nessuno ne parla, né vuole parlarne, tutti coinvolti nella loro pacifica segretezza. Denaro chiama denaro e chi non ne ha si sbatta). Ma la banca vuole precise garanzie che l'uomo non può offrire (non riesce a convincere nemmeno la madre, intimorita dall'idea della fine dei propri soldi).

Dunque l'uomo si trova di fronte alla potenza prevaricatrice del denaro, all'indifferenza morale (risultato del 'nuovo' benessere?), all'ipocrisia dei più (un'amica a cui si rivolge per avere i soldi gli chiede se è comunista!) e ad un paese che tenta di decifrare, ma del quale si sente di dire: L'Italia bucolica, spezzata nel magro operare, soffocata nelle nebbie del fumo, ingobbita nella galaverna invernale, attiva e feroce, che ostenta con cattiva coscienza le sue piaghe di lebbra, che incanutisce esecrando, e reboante barocca si gonfia di camini e di muri – come una vecchia di Bari che torni da Detroit con oro intorno al collo grasso e abbia una smorfia di disprezzo e amore intorno alle labbra impillaccherate.

Ettore è confuso non per responsabilità propria, ma per mancanza di una prospettiva futura (un proto-precario?) e gli incontri che fa e i deludenti tentativi sono solo un triste corollario della mancanza di aderenza alla volontà di vivere.

Anche la guerra – elemento da me sentito come rappresentazione perfetta di quegli anni, in fondo è passato davvero poco dalla liberazione – gli sovviene come sorta di fantasma, allucinazione mai scemata. Immagini indelebili: Quel giorno era uno degli ultimi della fine. Altrove c'erano ancora per le valli e sulla pianura latitanti latrati di uomini cani. I tedeschi resistevano allo stremo. Fucilate perdute sulla carne degli uomini. Le ultime forche, altrove.

Come specie di fantasma è Schumann, il militare tedesco che Ettore, combattente per la libertà, ha visto prima legato e poi trascinato come prigioniero lungo un fiume e che improvvisamente, come epifania crudele, gli appare di nuovo durante l'ultimo viaggio in macchina, prima dello schianto e della morte con l'auto di ritorno dal mare.

Dice l'uomo in un passo del libro: Mi par d'intendere alle volte, come una estrema ragione, come la verità di un patimento storico (e non arrivato) che è la situazione del mondo che costringe al fallimento. E' un alibi grossolano? L'esperienza non ci ha migliorati, viviamo tra l'orgasmo, una sorta di orgasmo dei sentimenti e delle opinioni e una naturale bontà che porta, o spinge, a sperare a vuoto.

Ettore dunque è troppo buono per poter sopravvivere, in una dimensione che già predilige il profitto, la mancanza di solidarietà e di rispetto.

Ecco perché Registrazione di eventi, nell'ottica gaddiana del romanzo, e non solo, è un colpo dritto allo stomaco; ci dice cosa può succedere ad un uomo in difficoltà di fronte al mondo ma, soprattutto, cosa succederà di nuovo ed ancor di più, a quelli che verranno in seguito.

Qualcuno ha detto, anzi scritto, che il contraltare del suicidio in Ettore è l'azione (la rivoluzione?): prospettiva in quegli anni del tutto 'praticabile'. Chissà che non si possa dire altrettanto oggi.













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